Banche: intatto il flusso di credito verso l’economia


La risposta fiscale senza precedenti alla pandemia di Covid-19, abbinata all’azione concertata delle banche centrali di tutto il mondo, ha permesso al settore bancario di mantenere intatto l’indispensabile flusso di credito verso l’economia più ampia. Al momento attuale, il costo del rischio è in calo, ma le prospettive per le banche globali sono eterogenee.

A cura di Dori Aleksandrowicz, Rosalie Pinkney e Paul Smillie, Analisti del credito senior presso Columbia Threadneedle


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Il confronto con la crisi finanziaria globale

Si potrebbe considerare la crisi finanziaria globale del 2007 come una sorta di prova generale della pandemia di Covid-19. Anche se le cause scatenanti sono completamente diverse, le somiglianze tra le due crisi sono innegabili: “la prima è stata una crisi finanziaria con ripercussioni sull’economia reale, la seconda una crisi dell’economia reale con ripercussioni sui mercati finanziari”, spiegano Dori Aleksandrowicz, Rosalie Pinkney e Paul Smillie, Analisti del credito senior presso Columbia Threadneedle.

Effettivamente, alcune politiche di successo adottate durante la crisi finanziaria (ad esempio, i massicci programmi di quantitative easing) sono state rapidamente adottate dalle banche centrali quando le economie globali hanno vacillato di fronte ai lockdown causati dalla pandemia.

Tuttavia, non si è perso tempo e la risposta fiscale alle chiusure è stata rapida e senza precedenti. “I governi hanno introdotto massicci programmi per il mantenimento dei posti di lavoro nonché agevolazioni fiscali per le piccole e medie imprese. Le garanzie sui prestiti attraverso iniziative quali il Paycheck Protection Program negli Stati Uniti hanno assicurato il mantenimento del flusso del credito verso il settore societario in un momento in cui molte aziende ne avevano estremo bisogno”, osservano gli analisti di Columbia Threadneedle.

Credito per l'economia più ampia

Le misure di stimolo fiscale hanno permesso, come effetto secondario, di rafforzare i bilanci delle banche. “Nel suo rapporto sulla stabilità finanziaria, la Banca centrale europea stima che tali misure proteggeranno i coefficienti patrimoniali delle banche nelle principali economie europee nella misura di circa 300 punti base entro la fine dell’anno, contribuendo ad un significativo miglioramento delle loro riserve di capitale e dando loro la fiducia di erogare prestiti”.

A differenza della crisi finanziaria globale, le aziende durante la pandemia hanno avuto un buon accesso alla liquidità in quanto le banche hanno iniettato credito nell’economia generale: nel 2020 i prestiti societari sono cresciuti di ben il 6% in Europa. Inoltre, nei paesi più esposti al rischio di prestiti in sofferenza (come Italia e Spagna), molti aiuti finanziari sono stati destinati alle PMI. “Ciò dovrebbe ridurre il numero di crediti deteriorati, il che dovrebbe a sua volta fornire un ulteriore sostegno alla stabilità finanziaria di molti istituti di credito europei”.

L’aumento dei finanziamenti ha anche assicurato un vigoroso flusso di utili anticiclici alle banche con attività di investment banking.

Tuttavia, gli analisti di Columbia Threadneedle osservano che la maggiore disponibilità di credito e il calo degli utili societari hanno provocato un netto aumento del debito societario rispetto al PIL nel 2020, sia negli Stati Uniti che in Europa. A fronte della ripresa della crescita economica ci si attende però un calo di questi livelli nel corso del 2021.

Deviare le perdite dai bilanci bancari verso quelli sovrani ha permesso di scongiurare la crisi finanziaria, ma ha aumentato sensibilmente il debito pubblico.

“Dal momento che alcuni dei maggiori detentori di obbligazioni governative sono banche, il rialzo dei rendimenti obbligazionari sovrani indebolisce i bilanci degli istituti di credito. I rischi di questo circolo vizioso del debito sovrano sono in parte diminuiti grazie agli sforzi delle banche centrali tesi a mantenere bassi i costi di finanziamento tramite ampi programmi di acquisti di titoli sovrani; tuttavia, con un rapporto debito/PIL che quest’anno potrebbe arrivare fino al 160% in Italia e al 120% in Spagna,5 i campanelli d’allarme per il settore finanziario non mancano”, spiegano i tre analisti del credito senior.

Probabile normalizzazione del costo del rischio

Se finora abbiamo assistito a pochi fallimenti societari, per tutto il 2020 il settore bancario globale ha effettuato accantonamenti in via preventiva contro potenziali default. Questo “costo del rischio”, ora in netto calo è secondo gli analisti di Columbia Threadneedle “un risultato notevole considerati i gravi danni inferti dai lockdown alle economie nazionali. Inoltre, ci aspettiamo che dopo la pandemia queste cruciali cifre sul costo del rischio si normalizzino ad un ritmo molto più rapido rispetto a quando osservato all’indomani della crisi finanziaria globale”.

Considerando il sostegno fiscale senza precedenti e gli ampi stimoli delle banche centrali, le preoccupazioni di molti investitori circa la solvibilità degli istituti di credito a metà del 2020 sono quasi del tutto scomparse. “Nel 2021 e 2022 ci aspettiamo che i coefficienti patrimoniali bancari si manterranno solidi”.

“Con il costo del rischio in calo e i bilanci delle banche centrali in crescita, il settore bancario globale dispone di liquidità e capitale in eccesso, un’ottima notizia per gli investitori; tra l’altro, gli spread sui titoli bancari sono tornati ai livelli pre-crisi. Le speranze di reflazione e di distribuzione di parte di quel capitale agli azionisti tramite dividendi generosi nei prossimi trimestri hanno contribuito alla ripresa dei prezzi”.

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