Banche italiane da record nel 2024 e triennio “eccezionale” per redditivitàc

L’aumento dei tassi di interesse da parte della Banca centrale europea ha segnato una svolta per il settore finanziario italiano, portando ad un aumento sensibile del margine di interesse.
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I record delle banche italiane
Utile netto da record nel 2024 per le banche italiane, con un totale di 46,5 miliardi di euro e una crescita del 14% (+5,7 miliardi) rispetto all’anno precedente. Sono i numeri emersi del report della Federazione Autonoma Bancari Italiani (Fabi) sui bilanci degli istituti di credito dal quale emerge la somma degli utili realizzati nel triennio 2022-2024 arriva a 11 miliardi.
Si è trattato di un “triennio eccezionale per la redditività bancaria”, sottolineano dalla Fabi, sostenuto da un contesto monetario, ovvero gli alti tassi d’interesse decisi dalla Banca centrale europea, straordinariamente favorevole.
Il credito, tornato protagonista dopo il lungo ciclo dei tassi a zero, rappresenta ora il 58,5% dei ricavi totali, consolidando il controsorpasso sulle commissioni (41,5%), che per tre anni – dal 2019 al 2021 – avevano dominato la composizione del fatturato bancario.
Il punto di svolta
L’analisi mostra chiaramente un punto di svolta a partire dal 2022, quando, a seguito di una fase meno effervescente (2018-2021), l’utile netto ha cominciato a crescere in modo significativo, passando da 25,5 miliardi nel 2022 a oltre 40,7 miliardi nel 2023, fino ai 46,5 miliardi del 2024.
Lo scorso anno i ricavi del settore hanno toccato quota 110,1 miliardi, con una crescita del 7,2% rispetto al 2023 e un balzo del 33,8% sul 2018. Le commissioni tornano a crescere nel 2024 dopo due anni di flessione, raggiungendo 45,7 miliardi di euro (+12,4% sul 2023), un livello superiore al picco del 2021. La ripresa delle attività commerciali – consulenza, risparmio gestito, distribuzione assicurativa – spiega la dinamica.
La svolta arriva con il rialzo dei tassi di interesse deciso dalla Banca centrale europea, quando cambia il modello di business degli istituti: il margine di interesse ha guadagnato 17 punti percentuali in termini di peso relativo sul totale dei ricavi, segnando un passaggio strutturale da un sistema orientato ai servizi a uno nuovamente centrato sull’attività creditizia.
Tra il 2018 e il 2021, infatti, il sistema bancario italiano aveva registrato utili medi compresi tra i 15 e i 16 miliardi l’anno, con un minimo assoluto nel 2020 – l’anno della pandemia – in cui i profitti si erano fermati a soli 2 miliardi. Nel 2018, il dato si attestava a 15,1 miliardi, salito a 15,7 miliardi nel 2019 e poi bruscamente ridimensionato nel 2020. Il 2021 ha segnato un primo recupero, con 16,4 miliardi, ma è solo nel triennio successivo che si è assistito a un vero cambio di marcia: +55% nel 2023 rispetto al 2022, e ancora +14% nel 2024.
Nel confronto a lungo termine, il raddoppio dei profitti tra il periodo pre-2022 e il triennio più recente è indicativo della nuova centralità dell’attività bancaria tradizionale e del ritorno alla piena sostenibilità del business. “Mai, nemmeno prima della crisi finanziaria del 2008, il settore aveva fatto segnare utili netti di tale portata”, sottolineano dalla Fabi.
Il nuovo scenario
Terminato il triennio d’oro (2022-2024), il ritorno ad una politica monetaria più accomodante “potrebbe comprimere sensibilmente quei margini”, prevedono dalla Fabi, rendendo “meno profittevoli i prestiti a famiglie e imprese”.
Secondo l’organizzazione, le banche potrebbero cercare di mantenere inalterati gli attuali livelli di utili (e quindi dei dividendi) spingendo sulla vendita di prodotti e servizi accessori, puntando così sulla componente commissionale dei ricavi.
Questo scenarioriporterebbe in primo piano il rischio di un’intensificazione delle indebite pressioni commerciali sui lavoratori bancari, chiamati ancora una volta a sostenere gli obiettivi di budget attraverso la promozione spinta di strumenti finanziari e assicurativi, con tutte le ricadute già note in termini di clima interno, trasparenza e tutela della clientela.
Solida qualità del credito
Per la Fabi il settore mantiene la solida qualità del credito, visto che l’incidenza dei deteriorati netti sui prestiti si attesta all’1,5%, con un tasso di copertura pari al 52,5%, ben oltre la media europea del 41,4%.
I prestiti in ‘stadio 2’ calano al 9,9% a livello aggregato, con valori ancora più bassi per i grandi gruppi. Nel biennio 2023-2024, la cessione di non performing loan (npl) per oltre 17 miliardi ha contribuito alla stabilità dei bilanci.
Ottimi anche gli indici di efficienza e redditività: il cost/income è sceso al 53,2%, dal 63,1% del 2022 e dal 71,2% del 2020; il Roe (return on equity) è salito al 13,3%, rispetto al 9% del 2022 e allo 0,9% del 2020, segno di una piena normalizzazione dei ritorni sul capitale.
"Se il 2024 resta un anno di straordinaria solidità per la redditività bancaria e si chiude con un margine di interesse che resta il motore della redditività bancaria, il ritorno delle commissioni indica una possibile svolta e l’inizio di una nuova normalità. Se da un lato il margine di interesse ha continuato a crescere, dall’altro”, spiega il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, “la velocità è rallentata, portando alla luce l’effetto della progressiva stabilizzazione della politica monetaria già in atto e un possibile riequilibrio del mix tra credito e servizi”.
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