Bce: Lagarde parla di taglio tassi dopo 10 aumenti consecutivi


La BCE non inizierà a tagliare i tassi almeno per i prossimi due trimestri. Lo ha dichiarato Lagarde venerdì scorso alla conferenza del Financial Times Global Boardroom. Secondo Tognoli il taglio dei tassi non arriverà prima dell’estate, a meno che l’economia non cada in una recessione che potrebbe stare tra un soft e un hard landing.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Alle 9:00 oggi è attesa l’Inflazione della Spagna, prevista stabile al 3,5% in ottobre. Alle 11:00 uscirà l’indice ZEW di novembre (stima 2,5% contro -1,1% di ottobre) e il PIL dell’Europa QoQ del 3Q23 (stima -0,1% contro +0,2% del 2Q23).

Quindi, inizio della recessione, seppure al momento solo tecnica, in Europa? Occorrerà aspettare il 4Q23 per capire se il PIL dell’Europa scivolerà verso la recessione (due trimestri negativi). Intanto la Lagarde sembra mettere le mani avanti e comincia a parlare di taglio dei tassi.

La BCE non inizierà a tagliare i tassi almeno per i prossimi due trimestri. Lo ha dichiarato la Lagarde venerdì scorso alla conferenza del Financial Times Global Boardroom, aggiungendo che l’inflazione dell’eurozona scenderebbe al suo obiettivo del 2% se i tassi di interesse fossero mantenuti ai livelli attuali abbastanza a lungo. La novità è che per la prima volta la Lagarde ha parlato di taglio dei tassi.

Come ci aspettavamo, la BCE ha finito di aumentare i tassi in questo ciclo e utilizzerà i prossimi due trimestri per verificare appieno gli effetti della poderosa stretta monetaria degli ultimi diciotto mesi. Il mese scorso la BCE ha lasciato invariato il tasso di riferimento sui depositi, ponendo fine a una serie di 10 aumenti consecutivi che lo hanno portato dal minimo record di meno 0,5% dello scorso anno al massimo storico del 4%, nel tentativo di domare l’inflazione.

I mercati stanno ora scontando una probabilità del 75% di un taglio dei tassi da parte della BCE entro aprile, rispetto al 30% di inizio ottobre. Non crediamo tuttavia che il taglio dei tassi arriverà prima dell’estate, a meno che l’economia non cada in una recessione che potrebbe stare tra un soft e un hard landing.

Non che non ci siano rischi che l’inflazione possa rialzare la testa, soprattutto se si verificasse un altro shock di offerta da parte del settore energetico. Shock dal quale la politica monetaria avrebbe le armi spuntate. L’unica cosa che potrebbe fare è inasprire ancora di più la politica monetaria, portando l’economia in un lungo hard landing e per questa via diminuire l’inflazione.

Per il momento, l’inflazione YoY dell’Europa è rallentata al 2,9% in ottobre, in calo rispetto al picco del 10,6% di un anno prima. Ma l’inflazione core, che esclude la volatilità dei prezzi dell’energia e dei prodotti alimentari, è rimasta al 4,2%, ancora più del doppio dell’obiettivo della BCE. Non dobbiamo dare per scontato che questo rispettabile tasso nominale del 2,9% possa essere significativamente mantenuto nel lungo periodo. Anche se i prezzi dell’energia dovessero rimanere dove sono, potrebbe infatti esserci una ripresa di numeri di inflazione probabilmente più alti in futuro. E questo riteniamo a causa della re-globalizzazione, che porterà infatti inevitabilmente prezzi più elevati.

La BCE sta cercando di portare a termine una delicata operazione di equilibrio: mantenere i costi di finanziamento a un livello elevato abbastanza a lungo per essere sicuri che le pressioni sui prezzi siano state domate, senza causare una recessione destabilizzante o una rinnovata crisi del debito. Compito non facile.

Per quanto riguarda la sostenibilità finanziaria, la BCE non sembra essere preoccupata più di tanto dalla situazione di paesi altamente indebitati come l’Italia, che ha un rapporto debito / PIL oltre il 140%, anche se rimane ovviamente vigile. L’Italia, come molti altri paesi europei, ha approfittato di tassi di interesse molto bassi per estendere la scadenza del debito e soprattutto il suo costo, che risulta mediamente pari all’1,7% nei paesi dell’eurozona. Ovvio che il costo marginale in aumento tende ad aumentare il costo medio.

Molte delle sfide future dipenderanno anche dall’evolversi delle discussioni sul patto di stabilità e crescita che regola la spesa e l’indebitamento nazionali, sospeso fino a fine dicembre, ma che dovrebbe tornare in vigore l’anno prossimo a meno che non venga concordata una riforma prima di allora.

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