BCE: tassi ancora su a maggio di 25 bp. E poi?


Come si sta evolvendo l’economia dell’Europa? L’inflazione è in calo, ma non abbastanza a causa del continuo aumentare dei prezzi dei beni non energetici.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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PIL della Cina QoQ del 1Q23 in uscita oggi (stima 2,2% contro zero del 4Q22), Zew di aprile alle 11:00 (stima 15,1 punti contro 13 di marzo).

Ieri la revisione dell’inflazione dell’Italia di marzo è risultata più bassa di quella resa nota il 31 marzo scorso (7,6% contro 7,7% atteso).

Ieri abbiamo esaminato l’economia degli USA. Oggi vogliamo spostare l’attenzione sull’Europa. Secondo diversi analisti, l'economia europea sembra dirigersi verso un atterraggio morbido, nonostante la persistenza di prezzi elevati a livello globale.

E’ vero che l'inflazione è risultata in calo negli ultimi mesi (il dato preliminare di marzo è del 6,9%), grazie anche al clima mite dell’inverno che ha permesso una minore domanda di energia, dopo che il tasso annuale è triplicato nel 2022 raggiungendo il 9,2%, ma rimane tuttavia più elevata rispetto al target del 2% e comunque non compatibile con una sana crescita economica.

Ma a fronte di una flessione dei prezzi dell’energia, quelli delle altre spese stanno ancora aumentando ad un ritmo sostenuto, il che consente di stimare prospettive di crescita economica lenta e inflazione vischiosa.

Che cosa significa questo per i tassi di interesse? Ci aspettiamo sicuramente un aumento di 25 bp a maggio e poi dipenderà dall’intensità della dinamica inflattiva. Le economie dell'UE non hanno infatti ancora sentito il pieno impatto dell'attuale politica monetaria della BCE, che funziona con un ritardo.

Non crediamo che l’Europa sperimenterà un'inflazione galoppante e riteniamo che possa essere più difficile per la FED che non per la BCE tornare al 2%. E questo guardando semplicemente i dati demografici della popolazione che, come noto, svolgono un ruolo nel determinare l'inflazione: l'invecchiamento della popolazione europea riduce infatti la domanda di beni e servizi e per questa via la dinamica dei prezzi.

Diversamente in parte dagli USA, l’inflazione ha anche notevolmente abbassato il potere d'acquisto dei salari e ha portato a scioperi e proteste sulle retribuzioni: nel 2022, in tutta Europa, abbiamo avuto in media il più grande calo del potere d'acquisto da decenni.

Crediamo che in generale non dovremmo temere che i lavoratori abbiano salari più alti, perché quello che abbiamo visto anche nell'area dell'euro negli ultimi anni sono profitti aziendali in decisa crescita. E’ quindi appropriato che la politica fiscale operi una ridistribuzione del reddito consentendo una crescita dei salari reali allo scopo di sostenere l’economia.

Quali sono i rischi maggiori che corrono le economie Europee? Il mandato della BCE è quello di gestire l'euro, definire e attuare la politica economica e monetaria dell'UE. Il suo compito principale è mantenere la stabilità dei prezzi, favorendo in tal modo la crescita e l'occupazione. La sfida fondamentale è che perseguire entrambi gli obiettivi richiede politiche monetarie e fiscali in parte divergenti (lo stiamo sperimentando).

Cosa è cambiato? Nei decenni che hanno preceduto la pandemia, le pressioni inflazionistiche create da massicce iniezioni di liquidità e tassi di interesse estremamente bassi sono state compensate da megatrend deflazionistici, tra cui l'offshore della produzione verso centri a basso costo, miglioramenti della produttività grazie alla tecnologia e all'automazione e forniture energetiche relativamente economiche e flessibili. Oggi, alcune delle tendenze deflazionistiche legate alla globalizzazione sono state invertite dalle continue interruzioni delle catene di approvvigionamento, dalla ridotta esplorazione e dallo sviluppo delle forniture energetiche tradizionali e dalle tensioni geopolitiche emergenti. Ma quello con cui dovremo fare i conti è che i cambiamenti sembrano strutturali.

I mercati finanziari stanno ora facendo i conti con prezzi di beni e servizi strutturalmente più alti e un crescente riconoscimento del fatto che le banche centrali potrebbero non essere disposte (o peggio incapaci) di intervenire e stimolare la crescita come hanno fatto in passato.

Non è un segreto che i titoli growth dell’Europa abbiano avuto un 2022 triste, sottoperformando i titoli value. Tuttavia, le stime sugli utili delle società growth hanno mostrato un'impressionante resilienza e, in alcuni casi, sono anche aumentati nel corso dell'anno. Questo suggerisce che la flessione dei prezzi dei titoli growth è stata in gran parte dovuta all’esplosione del rischio sistematico e non tanto a quella del rischio specifico legato agli utili. Chiaro che al momento la maggiore preoccupazione degli investitori è se i timori di una recessione portino ad una revisione al ribasso degli utili, in presenza di un rischio sistematico che comunque si mantiene elevato.

La strategia che crediamo possa risultare vincente è quella che vede il portafoglio composta da titoli di società che producono cassa anche in periodi di recessione, sono market leader nel proprio settore di attività e hanno una redditività mediamente più elevata rispetto ai propri competitors.

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