BCE: tassi ancora su di 25 bp con l'obiettivo di arrivare al 4%. Se necessario


Secondo Tognoli Se l’inflazione non diminuisce, i tassi potrebbero arrivare al 4%.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Serie di dati importanti in uscita oggi. Si inizia alle 8:45 con l’inflazione YoY di aprile della Francia (stima 5,7% invariata rispetto a marzo). Alle 9 il PIL del 1Q23 della Spagna (stima +0,3% contro +0,2% del 4Q22) e l’inflazione YoY di aprile (stima 3,8% contro 3,3% di marzo). Alle 9:55 la disoccupazione di aprile delle Germania (stima 5,6%, invariato rispetto a marzo) e il PIL del 1Q23 (stima +0,3% contro -0,4% del 4Q22). Alle 10:00 il PIL YoY del 1Q23 dell’Italia (stima +1,4%, invariato rispetto al 4Q22). Alle 11:00 il PIL YoY dell’Europa del 1Q23 (stima +1,4% contro 1,8% del 4Q2). Alle 14:00 l’inflazione YoY di aprile delle Germania (stima 7,3% contro 7,4% di marzo). Alle 15:45 il PMI Chicago di aprile (stima 43,5 punti contro 43,8 di marzo) e per finire alle 16:00 la fiducia dei consumatori di aprile dell’Università del Michigan (stima 63,5 punti contro 62 di marzo).

Ieri le richieste settimanali dei sussidi USA alla disoccupazione sono risultate minori del previsto (230k contro 248k atteso e 246k della scorsa settimana).

Gli ultimi dati Europei non evidenziano affatto una riduzione dell’inflazione, né tantomeno dei salari. Crediamo che questi siano i dati cruciali che la BCE tiene sott’occhio: l'inflazione core e la crescita salariale che sostiene i consumi e per questa via i prezzi.

Il costo orario del lavoro nella zona euro è aumentato di un record del 5,7% YoY nel 4Q22, superando il ritmo degli aumenti salariali negli Stati Uniti. Inoltre, il sindacato tedesco ver.di (settore dei servizi) ha concordato un accordo biennale per aumentare i salari di circa i 2,5 mln di lavoratori del settore pubblico e porre fine alle settimane di sciopero. L'accordo prevede che il personale riceverà una serie di pagamenti una tantum per un totale di 3.000 euro fino a febbraio 2024, dopodiché il loro stipendio verrà aumentato di 200 euro al mese, più un ulteriore aumento del 5,5%.

La banca centrale ha già alzato il tasso sui depositi a un ritmo senza precedenti da -0,5% dello scorso luglio al 3% a marzo (zero e 3,5% sulle operazioni di rifinanziamento rispettivamente). Ma non ci scandalizzeremmo (come abbiamo più volte messo in luce) se ad un certo punto la BCE dovesse passare al 4%. In altre parole, i costi di indebitamento potrebbero aumentare più di quanto previsto dagli investitori, che scommettono su un aumento del tasso sui depositi della BCE al massimo al 3,75%. Partiamo da che cosa aspettarsi il 4 maggio prossimo. Diversi membri del Consiglio hanno affermato di aspettarsi un altro aumento dei tassi di 25 bp, ma non è un mistero che la maggior parte di loro attende comunque i dati sui prestiti bancari e sull'inflazione prima di decidere se rallentare l’aumento a 25 bp.

Il timore dei membri del Consiglio è che le turbolenze del settore bancario dello scorso mese seguite al crollo della Silicon Valley Bank e al salvataggio forzato del Credit Suisse, causeranno un prosciugamento dei prestiti e di fatto ridurranno la necessità di ulteriori aumenti dei tassi.

Non c’è dubbio che la BCE cerchi un atterraggio morbido e che nessuno dei membri del Consiglio voglia distruggere l'economia alzando troppo i tassi. Se tuttavia l’economia rimane resiliente pur di fronte ad un aumento dei tassi di 350 bp negli ultimi 12 mesi, significa che non è vero che la BCE stia facendo troppo da portare l’economia in recessione. Ma forse ancora troppo poco o non sta usando tutte le armi a sua disposizione in modo corretto.

Chiuso il 1Q23, cerchiamo di capire come si prospetta l’intero anno. Nonostante il solido inizio d’anno, continuiamo a credere che il 2023 possa essere un anno di stagnazione economica ma con il rischio di una lieve recessione lungo la strada. Le stime medie di consensus indicano una crescita del PIL dello 0,3% (ma con un riporto di crescita del 2022 dello 0,4%). Nel 2024 ci aspettiamo una ripresa della crescita che comunque non crediamo possa andare al di là dell’1%. Dovremo quindi aspettare il 2025 prima di vedere il PIL tornare nell’intorno della sua crescita potenziale.

Anche l'inflazione headline e soprattutto quella core non crediamo possano tornare nell’intorno dell'obiettivo prima del 2025. Questo significa che la vischiosità dell’inflazione costringerà la BCE ad alzare i tassi più a lungo di quanto previsto in precedenza e probabilmente fino a quando il tasso di deposito non raggiungerà almeno il 3,75% (sempre al netto di eventuali shock di mercato in grado di compromettere le attese di crescita e inflazione).

Nel breve termine, le prospettive per l'economia della zona euro appaiono complicate. Tassi reali che sono attesi tornare positivi nel 2024, uniti alla lentezza temporale degli effetti della politica monetaria restrittiva, potrebbero far presto perdere di slancio alla produzione industriale.

Mentre l'industria europea ha avuto un buon inizio nel 2023 con una produzione in aumento dello 0,9% a gennaio, e del 2% a febbraio trainata dai settori ad alta intensità energetica, i nuovi ordini sono diminuiti in modo significativo. A meno che non ci sia un forte rimbalzo dei nuovi ordini, potenzialmente guidato dalla completa riapertura della Cina, è probabile che la tendenza alla crescita della produzione europea perda slancio nella seconda metà del 2023, con possibili implicazioni per il mercato del lavoro

Le prospettive sono complicate, come dicevamo, ma non sono terribili. Riteniamo infatti che la spesa dei consumatori beneficerà delle misure del governo di sostegno al reddito, dell'accelerazione dei salari e della disinflazione, mentre la domanda esterna beneficerà della riapertura della Cina.

Gli investimenti pubblici contribuiranno ad attenuare il rallentamento ciclico, aggiungendo circa mezzo punto di PIL all'anno per i prossimi tre anni, e sono attesi soprattutto migliorare il PIL a lungo termine. Mentre la politica monetaria smorzerà sempre più la domanda interna quest'anno e nel 2024 e il ciclo produttivo perderà slancio, riteniamo che altri fattori possano sostenere l'economia europea.

In primo luogo, la crescita dei salari nominali, che è destinata ad accelerare. Il numero di disoccupati per posto vacante è ancora insolitamente basso. I salari negoziati sono aumentati a un ritmo moderato (3% alla fine del 2022), ma la crescita salariale marginale è del 6% e i recenti accordi salariali indicano un'accelerazione verso una crescita del 5% della retribuzione totale nel 2024. Salari più alti aumenteranno il potere d'acquisto delle famiglie, tanto più che i prezzi al consumo dovrebbero aumentare a un ritmo rallentato.

In secondo luogo, i governi hanno adottato misure per proteggere il consumatore dallo shock dei prezzi dell'energia sotto forma di prezzi massimi e sovvenzioni. La Bundesbank stima che le misure di alleggerimento sui prezzi al consumo potrebbero avere un effetto di -1,9 pp sul tasso di inflazione headline nel 2023.

Last but not least, l'implementazione di NextGen EU (NGEU) che solleverà gli investimenti pubblici. Il denaro è volato dalla Commissione europea a paesi beneficiari. Questi hanno tempo fino al 2026 per investirlo, il che dovrebbe aumentare il PIL dallo 0,5% allo 0,6% nel 2023 e dallo 0,4% nel 2024 e nel 2025, secondo la BCE.

L'impatto di NGEU non è solo importante in termini di crescita; anche la sua tempistica è importante. Il suo avvio, originariamente previsto per il 2021, è stato ritardato a causa di molteplici shock esogeni, ma l'obiettivo rimane quello di avere l'intero importo del piano, principalmente la struttura per la ripresa e la resilienza (RRF), investito entro il 2026. Gli sforzi di investimento pubblico richiederanno quindi concentrarsi sugli ultimi anni del piano mentre l'economia europea rallenta ed è a rischio di recessione. In definitiva, NGEU potrebbe finire per portare più benefici anticiclici del previsto.

Ci sono dei rischi avversi a questo scenario. Certo che si. Fra gli altri, ci sentiamo di evidenziare gli imprevedibili sviluppi geopolitici che continuano a pesare sulle prospettive macroeconomiche e quelli associati ad un inasprimento ingiustificato e disordinato delle condizioni finanziarie globali a seguito delle note vicende del settore bancario. Chiaro che questo rischio continuerà a rafforzarsi man mano che i rendimenti reali a lungo termine passeranno da negativi a positivi, e quindi soprattutto nel 2024.

I rischi sono tuttavia anche positivi. Soprattutto nel momento in cui fosse garantita la stabilità finanziaria. La disinflazione potrebbe essere più rapida del previsto, poiché la domanda repressa diminuisce. Il tasso di disoccupazione potrebbe non aumentare quest'anno, perché i posti di lavoro vacanti sono ancora alti. È possibile una domanda esterna più forte dalla riapertura della Cina (ad esempio, per il turismo e l'industria europea). Il contributo degli investimenti pubblici al PIL potrebbe rivelarsi più forte del previsto se l'attuazione del piano NGEU raggiungesse il suo programma iniziale. I maggiori paesi beneficiari sono la Spagna e l'Italia.

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