Big Tech, le norme non fanno così paura

15/07/2021 09:41
Big Tech, le norme non fanno così paura

Le principali piattaforme tecnologiche e di Internet stanno affrontando una serie di sfide che vanno dalle questioni relative alla privacy e alla moderazione dei contenuti alle pressioni antitrust e normative, ma le piattaforme più grandi potrebbero uscirne rafforzate.

A cura di Tracy Li, Analista degli investimenti presso Capital Group

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I legislatori sono pronti all’azione

Quasi tutte le maggiori aziende tecnologiche Usa stanno facendo i conti con le autorità statunitensi ed europee. Ma gli intensi cicli normativi non sono necessariamente un flagello: “le aziende possono sopravvivere, e persino prosperare”, spiega Tracy Li, Analista degli investimenti presso Capital Group.

Ad esempio, il procedimento legislativo Dodd-Frank sulla scia della crisi finanziaria globale includeva quasi 28.000 nuove regole e restrizioni per le banche. Le banche si sono adattate alla nuova regolamentazione e, contrariamente a chi pensava che le banche non sarebbero stati investimenti interessanti, a partire dal 2013 alcuni grandi titoli bancari hanno iniziato a superare in modo significativo il mercato in generale.

Secondo Li, sono 3 i maggiori rischi che le Big Tech sono chiamate ad affrontare: privacy, contenuti e antitrust.

Tutela dei dati e della privacy

Le aziende non si faranno trovare impreparate: mentre le autorità definiranno il nuovo assetto normativo, le aziende cercheranno di consolidare la propria regolamentazione.

Secondo Li, “i vantaggi competitivi maggiori spetteranno alle aziende con accesso diretto ai dati o che raccolgono le informazioni personali su piattaforme o ecosistemi proprietari”. Lo stesso vale per le realtà con buone capacità di intelligenza artificiale e apprendimento automatico, come Google e Facebook.

Inoltre, un complesso panorama di leggi sulla privacy in Europa e Stati Uniti andrà involontariamente a sostenere i giganti del settore rispetto ai loro rivali più piccoli.

Controllo dei contenuti

A Washington si è discusso molto della Sezione 230 (comma del Communications Decency Act del 1996) che assicura una certa immunità federale a fornitori e utenti di servizi informatici interattivi. Ad oggi, le società di Internet hanno quindi goduto di un’ampia protezione rispetto ai contenuti pubblicati sulle loro piattaforme, che saranno chiamate ad aumentare la trasparenza e riferire in merito alla gestione dei contenuti. “Tutto questo - spiega Li - può comportare costi di conformità più elevati e ammende più frequenti, che contribuiranno a loro volta ad ampliare il vantaggio competitivo delle società più grandi”.

Moderazione e azione antitrust

“Analogamente al principio del troppo grande per fallire che valeva per le banche, potremmo assistere all’applicazione per le piattaforme Internet di regole di concorrenza diversificate in base alle dimensioni”, spiega Li.

Secondo l’analista, non assisteremo a grandi disgregazioni aziendali, ma potrà essere più complicato eseguire operazioni di M&A di ampia portata. Le indagini della Camera dei Rappresentanti americana sul “potere monopolistico” di Apple, Amazon, Google e Facebook sono la dimostrazione della maggiore attenzione riservata ai futuri accordi societari.

Ad ogni modo, perseguire i casi di antitrust può essere molto difficile e generalmente si concludono con sentenze di risarcimento o ammende piuttosto che con vere e proprie dissoluzioni aziendali. Nel frattempo, le grandi aziende potrebbero già essere all’opera per mitigare gli eventuali impatti normativi e autoregolamentarsi.

Tracy Li ricorda come in passato le attività di M&A hanno permesso a molte realtà più piccole di crescere e maturare sotto l’egida delle grandi capogruppo. Ne è un esempio WhatsApp che conta in media oltre due miliardi di utenti mensili in 180 paesi, ma rappresenta solo una quota minima del fatturato aziendale. E ancora, Alphabet genera la maggior parte dei ricavi e dei guadagni dalla pubblicità, mentre la divisione aziendale dedicata alla guida autonoma Waymo e quella di scienze sanitarie Verily non hanno sostanzialmente alcuna entrata.

“Eppure per gli investitori queste tecnologie del futuro potrebbero valere miliardi di dollari come imprese autonome, il che rende le rispettive società investimenti allettanti a prescindere dalle azioni di regolamentazione, grazie alla crescita secolare dei settori in cui operano”.

In conclusione secondo l’analista di Capital Group “le preoccupazioni in materia di privacy o contenuti potranno in realtà rafforzare, piuttosto che indebolire, i margini delle piattaforme più grandi, poiché queste società vantano spesso protocolli ben consolidati e ampie risorse in materia di tutela dei dati personali e questioni giuridiche”.

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