BP: svalutazione fino a 17,5 miliardi di dollari sulla scia del calo del petrolio

La compagnia petrolifera Uk ha annunciato una svalutazione “monstre” sui conti del secondo trimestre. La cause legate all’outlook sul petrolio, previsto in calo del 30% dal 2021 al 2050, e alle stime di crescita del costo dei diritti di emissione di CO2 (calcolati a 100 dollari nel 2030).
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Accelera la transizione dai combustibili fossili
Ieri Bp ha annunciato una svalutazione pari a 17,5 miliardi di dollari sui conti del secondo trimestre. La notizia arriva dopo una “drastica” riduzione delle previsioni a lungo termine sui prezzi del petrolio e del gas aggravata dalla pandemia di Coronavirus.
L’attesa per i numeri di Bp (saranno pubblicati il 4 agosto) si somma a quella per l’annuncio della strategia per «reinventare» la compagnia petrolifera. Secondo quanto dichiarato dal Ceo, Bernard Looney, la nuova strategia includerà un focus minore su petrolio e gas e una maggiore attività nel campo delle energie rinnovabili.
La decisione della compagnia si allinea alle richieste di accelerare la transizione verso un’economia a basse emissioni di CO2 stabilita dagli Accordi di Parigi del 2015 (la Cop21).
Il calcolo dei 17,5 miliardi di dollari
Il maggiore produttore di petrolio del Regno Unito ha elencato una serie di fattori che influiranno sui conti.
In primo luogo la revisione delle stime sul Brent a 30 anni su una media di circa 55 dollari al barile, e quelle del gas a 2,90 dollari per British thermal units all’Henry Hub (il principale punto di scambio negli Usa). Secondo quanto dichiarato da un portavoce della società, i prezzi sono rivisti al ribasso di circa il 30% rispetto alle stime precedenti. Il nuovo outlook potrebbe influire sull’esplorazione di nuove riserve di petrolio e gas se lo sviluppo dei progetti si dovesse rivelare antieconomico.
Bp ha anche rivisto verso l’alto il prezzo ipotizzato che dovrà pagare ai governi per i diritti di emissione di CO2 (i cosiddetti carbon credits) delle sue attività petrolifere e di gas. Secondo la compagnia, nel 2030 i prezzi lieviteranno a 100 dollari per tonnellata di CO2. La precedente previsione era di 40 dollari per tonnellata. Di conseguenza, nel secondo trimestre, Bp registrerà oneri e svalutazioni per una cifra compresa fra 13 e 17,5 miliardi di dollari (al netto delle imposte).
Il titolo ha chiuso la seduta di ieri al ribasso del 2,18 a 316 Gbx.
I tagli alla forza lavoro
La notizia della svalutazione arriva a distanza di qualche giorno da quella relativa al taglio della forza lavoro.
La scorsa settimana, Bp ha dichiarato una riduzione di circa il 15% dei suoi dipendenti in risposta alla crisi del coronavirus e come parte del piano di Looney per passare alle energie rinnovabili.
Prende corpo quanto temuto dagli investitori già da qualche anno: i rischi di transizione legati al cambiamento climatico. Oltre alla direzione “dall’alto” hanno influito sulle scelte della compagnia petrolifera anche le mosse degli investitori.
Ultima, in ordine di tempo, quella del Central Finance Board (Cfb) della Chiesa Metodista di Londra. Il Board ai primi di giugno ha annunciato di aver venduto la sua partecipazione pari a poco più di 15 milioni di sterline in Bp.
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