Brent sotto pressione: le banche Usa scommettono sul crollo

Brent sotto pressione: le banche Usa scommettono sul crollo

Le previsioni di JP Morgan e Citigroup indicano un petrolio in ribasso nei prossimi mesi. Le scorte OCSE superano i 2,9 miliardi di barili. OPEC+ valuta lo stop agli aumenti produttivi, ma la Russia fatica a sostenere i volumi

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JP Morgan e Citigroup prevedono un calo fino a 60 dollari al barile

Il mercato del petrolio potrebbe affrontare una nuova fase ribassista nei prossimi mesi. È quanto prevedono due colossi di Wall Street, JP Morgan e Citigroup, che stimano un calo del prezzo del Brent fino a 60 dollari al barile entro la fine del 2025. Una previsione che giovedì 10 luglio è suonata particolarmente credibile, alla luce del brusco calo del 2,2% del prezzo del greggio. Venerdì mattina il Brent è stabile a 68,6 dollari al barile.

I dazi di Trump pesano sulle quotazioni del greggio

A influenzare il mercato nelle ultime ore sono stati principalmente due fattori: da un lato, la minaccia di nuove sanzioni da parte del presidente statunitense Donald Trump contro la Russia; dall'altro, l’inasprimento della guerra commerciale, con l’annuncio di tariffe doganali del 35% sulle merci canadesi a partire dal 1° agosto. Gli operatori temono soprattutto la politica dei dazi di Washington, che potrebbe avere come conseguenza un rallentamento dell’economia globale, e di conseguenza un calo della domanda di energia. Invece, le sanzioni contro Mosca non hanno finora intaccato significativamente la produzione russa.

L’OPEC+ valuta una frenata

A complicare lo scenario sono le indiscrezioni riportate da Bloomberg, secondo cui l’OPEC+, l’alleanza tra i Paesi OPEC e i produttori non-OPEC guidata da Arabia Saudita e Russia, starebbe valutando di interrompere l’aumento della produzione previsto per ottobre, dopo l’ultimo incremento da 550.000 barili al giorno previsto per settembre. L’obiettivo è evitare un eccesso di offerta che potrebbe accelerare la caduta dei prezzi.

Secondo la International Energy Agency (IEA), le scorte mondiali stanno già crescendo a un ritmo di 1 milione di barili al giorno, con un surplus che potrebbe toccare l’1,5% della domanda globale nell’ultimo trimestre dell’anno.

Il cartello ha già aumentato significativamente l’offerta nei mesi scorsi, ma la produzione reale è risultata spesso inferiore agli annunci, per l’incapacità tecnica o politica di alcuni Paesi di rispettare le nuove quote. La stessa Bloomberg stima che a settembre la produzione effettiva dell’OPEC+ potrebbe essere ancora inferiore di 500.000 barili al giorno rispetto agli obiettivi ufficiali dell’OPEC +.

Il rebus sulla capacità produttiva della Russia

Un altro elemento chiave è rappresentato dalla tenuta della produzione russa. Secondo la IEA, la Russia potrebbe non essere in grado, in futuro, di sostenere gli attuali alti livelli produttivi. A giugno, le esportazioni di petrolio e prodotti raffinati russi sono scese ai livelli stagionali più bassi degli ultimi cinque anni. Nonostante ciò, la produzione ha superato leggermente i target OPEC+, con 9,19 milioni di barili al giorno, pari a 140.000 in più rispetto all’obiettivo per giugno.

Ma il trend di lungo termine resta fragile: le esportazioni via mare sono calate ai minimi da febbraio, e Mosca sembra sempre più orientata a privilegiare la domanda interna, in particolare per soddisfare i bisogni del settore agricolo. La capacità produttiva sostenibile della Russia, secondo la IEA, è di 9,8 milioni di barili al giorno, raggiungibile entro 90 giorni, ma al momento permangono forti incertezze operative e logistiche.

Previsioni divergenti e incognite sul futuro

Il parere degli analisti resta diviso. Se JP Morgan e Citigroup puntano decisi su una discesa dei prezzi, altri osservatori sottolineano che le attuali dinamiche produttive – con aumenti annunciati ma in molti casi non realizzati per limiti tecnici o geopolitici – potrebbero mantenere un certo equilibrio tra domanda e offerta. È il caso di Suhail Al Mazrouei, ministro dell’Energia degli Emirati Arabi Uniti, che ha dichiarato che “nonostante l’incremento produttivo, non si è verificato un accumulo eccessivo di scorte, segno che il mercato aveva bisogno di quei barili”.

Intanto, l’OPEC+ si prepara a un importante incontro in videoconferenza previsto per il 3 agosto, che sarà decisivo per definire la strategia produttiva dell’autunno.

Domanda, offerta e scorte: i numeri chiave del mercato petrolifero

Secondo il report di luglio dell’International Energy Agency, la domanda globale di petrolio nel 2025 è attesa in media a 103,2 milioni di barili al giorno, in aumento di circa 1,1 milioni rispetto al 2024, grazie alla ripresa economica dei Paesi emergenti.

Sul fronte dell’offerta, l’OPEC+ sta attualmente producendo circa 41 milioni di barili al giorno, pari a poco meno del 40% dell’offerta mondiale. Gli Stati Uniti si confermano primo produttore globale, con una produzione giornaliera che oscilla tra 13 e 13,2 milioni di barili, mentre la Russia, nonostante le sanzioni, rimane stabilmente sopra i 9 milioni di barili al giorno.

Le scorte commerciali nei Paesi OCSE hanno superato a giugno i 2,9 miliardi di barili, con un incremento significativo rispetto alla media quinquennale. Se il trend di accumulo dovesse proseguire al ritmo attuale, si stima che entro fine anno il surplus potrebbe toccare oltre 150 milioni di barili, creando una pressione ribassista sui prezzi.

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