Bufera Tesla: la perdita di 200 miliardi di dollari e i debiti di Elon Musk


Tesla non è certamente un titolo qualsiasi e questa affermazione risulta sempre più evidente mese dopo mese.

Mentre i risultati aziendali confermano la casa di Elon Musk quale apripista e leader della ‘rivoluzione’ elettrica del settore delle auto in tutto il mondo, sono proprio le ‘bizze’ dell’imprenditore sudafricano a muovere il prezzo delle sue azioni, tra investimenti in criptovalute, tweet pubblicati e vicende personali.


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Il crollo in borsa e i 200 miliardi persi

Il preludio alle movimentate sedute di questi due giorni per Tesla vedeva un nuovo discusso tweet in cui Elon Musk chiedeva l’opinione dei suoi follower sulla possibile cessione del 10% delle azioni da lui detenute nella casa automobilistica, citando la proposta di una tassa per colpire i guadagni azionari delle persone ricche negli Stati Uniti, ipotesi ventilata dai Democratici americani.

Inoltre, Musk aveva anche proposto di vendere dei miliardi di dollari di azioni della società se i capi delle Nazioni Unite avessero potuto spiegargli come questa quantità di denaro possa risolvere la fame del mondo.

Con il 58% dei follower di Musk che si esprimevano in favore della vendita, il titolo Tesla cedeva il 4,80% a Wall Street nella seduta successiva, ma il peggio doveva arrivare.

Nella seduta di ieri, infatti, il crollo di Tesla arrivava a sfiorare il 12%, portando il calo complessivo della società a 200 miliardi di dollari in un solo giorno.

Nel pre-market di oggi, intanto, si assiste ad un leggero recupero (+1,90%), ma c’è ancora molta strada da fare per tornare ai 1.222 dollari della chiusura di venerdì.

Le accuse a Musk

Un report pubblicato da Michael Burry, anticipatore nel 2008 della crisi sui mutui subprime con il suo Big Short, spiegava che la vera ragione dietro la vendita di azioni Tesla da parte di Musk aveva ben altra radice: i debiti.

Secondo Burry, infatti, Musk avrebbe impegnato al 30 giugno circa 88 milioni di azioni, corrispondente al 36% della sua partecipazione totale, quale garanzia per prestiti personali, numeri confermati da un documento pubblicato dalla Securities and Exchange Commission (SEC) di agosto e da lui pubblicato su Twitter.

Musk aveva il 41% delle proprie azioni vincolato come garanzia per i suoi debiti alla fine di dicembre e il 48% al 30 giugno del 2020, secondo documenti precedenti.

Burry, dunque, cercava di dimostrare come la vendita delle azioni da parte di Musk non fosse finalizzata alla lotta alla fame nel mondo o al pagamento di una tassa calcolata in 10 miliardi di dollari quando eserciterà una serie di stock option che scadono ad agosto 2022.

Al contrario, Burry ritiene che Musk abbia bisogno di soldi per rimborsare i prestiti contratti, pratica già oggetto di un’indagine da parte di un’associazione di giornalismo investigativo, la ProPubblica, nel corso della quale si raccontava che alcune persone più ricche del mondo avevano preso in prestito azioni per ridurre al minimo le tasse da pagare.

Le mosse del fratello di Musk

Come se un Musk non fosse sufficiente, le cronache parlano di un altro investitore di Tesla protagonista in queste ore che porta lo stesso cognome del vulcanico imprenditore.

Si tratta di Kimbal Musk, fratello di Elon, 49enne e membro del consiglio di amministrazione della società. Secondo un documento della Sec, Kimbal avrebbe venduto 109 milioni di dollari di azioni Tesla giusto il giorno prima del sondaggio lanciato da Elon, il 15% della quota da lui detenuta (escluse opzioni) ad un prezzo di 1.229,91 dollari per azione tramite JP Morgan.

Notizia, questa, che sembra confermare come davanti a un fumo di tweet e chiacchiere, potrebbe esserci un ‘arrosto’ molto più complesso.

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I titoli citati nell'Articolo

Titolo:
Codice: TSLA.US
Isin: US88160R1014
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