Chesapeake Energy annuncia il ricorso al Chapter 11


Ieri Chesapeake Energy ha annunciato il suo ricorso al Chapter 11. La società viaggiava da tempo in una situazione debitoria di difficile soluzione, la crisi Covid-19 e il record negativo del petrolio hanno dato il colpo finale al business, fondato da Aubrey McClendon nel 1989. La domanda di ristrutturazione debitoria non ha sorpreso gli analisti, dopo una settimana di fibrillazioni in Borsa, il titolo ha chiuso la seduta di venerdì con un tonfo del 7,28%.


Scopri le soluzioni di investimento

Con tutti i certificate di Orafinanza.it


Il più grande produttore di petrolio Usa a chiedere protezione fallimentare negli ultimi anni

Un altro colpo ai big dell’energia Usa. Ieri Chesapeake Energy, società di Oklahoma City leader nell’estrazione di petrolio e gas naturale tramite fracking, ha annunciato di aver fatto richiesta di ammissione al Chapter 11, la procedura di ristrutturazione del debito della normativa fallimentare Usa. 

È l'ultimo business fortemente indebitato nel settore del petrolio e del gas a cercare protezione contro il fallimento da quando la pandemia di coronavirus ha congelato la domanda di energia.

Si tratta inoltre del più grande produttore di petrolio e gas degli Stati Uniti a chiedere protezione fallimentare negli ultimi anni. «Chesapeake intende utilizzare il procedimento per rafforzare il suo bilancio e ristrutturare i suoi obblighi contrattuali ereditati per ottenere una struttura di capitale più sostenibile» si legge in uno statement diffuso dalla società.

Il piano di ristrutturazione debitoria

La definizione del piano di ristrutturazione di Chesapeake arriva dopo mesi di trattative con i creditori e mira a eliminare circa 7 miliardi di dollari del suo debito.

La società ha stipulato un accordo di sostegno alla ristrutturazione che ha il pieno appoggio dei finanziatori della sua principale revolving credit facility e, come parte dell'accordo, si è assicurata 925 milioni di dollari di finanziamenti Dip (Debtor-in-possessionale) che contribuiranno a sostenere le sue operazioni durante la procedura fallimentare.

Chesapeake ha anche concordato le condizioni principali per un finanziamento di uscita di 2,5 miliardi di dollari, mentre alcuni dei suoi finanziatori e dei detentori di titoli garantiti hanno accettato di bloccare un'offerta di 600 milioni di dollari di nuove azioni, che avrà luogo all'uscita dal processo del Chapter 11.

Secondo quanto riporta il New York Times la società ha perso 8,3 miliardi di dollari nel primo trimestre di quest'anno. Una cifra che va a sommarsi ai 9,5 miliardi di dollari di debito alla fine dell'anno scorso, e ai 192 milioni di dollari di pagamenti obbligazionari in scadenza ad agosto.

Sebbene lo statement diffuso ieri da Chesapeake non indichi i nomi creditori, la società d'investimento Franklin Resources è tra le più esposte. Il 15 giugno, Reuters ha riportato che l'imminente ristrutturazione di Chesapeake avrebbe trasferito il controllo della società ai creditori, tra cui Franklin.

Nel corso di oltre due decenni, il defunto in fondatore della società Aubrey McClendon (morto nel 2016 in un incidente stradale) con Chesapeake ha creato uno dei più grandi produttori di gas naturale del mondo. Le dimissioni, nel 2013, hanno lasciato in dote al successore, l'attuale Ceo Doug Lawler, un debito di circa 13 miliardi di dollari. Lawler è riuscito a ridurre il debito con tagli alla spesa e vendite di attività, ma il record negativo del petrolio di quest'anno ha dato il colpo finale a Chesapeake a alla possibilità di rifinanziare il debito.

Le fibrillazioni in Borsa

La domanda di ristrutturazione debitoria non ha sorpreso gli analisti. La scorsa settimana il titolo ha subito diversi scossoni in Borsa, con un’impennata del 24% giovedì 25 giugno (a 13,65 dollari) forse sulle speculazioni di aiuti in arrivo. Poi una discesa progressiva, andando a chiudere la settimana con un tonfo del 7,28% scambiato a 11,85 dollari.

Da mesi però circolavano voci di un fallimento della società. Quest’anno circa 20 produttori americani di petrolio e gas hanno già portato i libri in tribunale, tra questi big del calibro di Ultra Petroleum e Whiting Petroleum. Secondo l'Haynes and Boone Oil Patch Bankruptcy Monitor, che monitora i fallimenti delle società petrolifere Usa dal 2015 a oggi, al 31 maggio 2020 erano in 227 i produttori ad aver presentato istanza di fallimento nel periodo di indagine, per un debito complessivo di oltre 134 miliardi di dollari.


Seguici su Telegram

Idea di investimento
Possibile premio del 13,40% annuo con il certificate su Ford, Renault e Stellantis
Sottostanti:
Renault SAFord Motor CompanyStellantis NV
Rendimento p.a.
13,4%
Cedole
3,35% - €33,50
Memoria
si
Barriera Cedole
60%
ISIN
DE000VD39CK8
Emittente
Vontobel
Comunicazione Pubblicitaria
Fucina del Tag è un partner marketing di Vontobel
Maggiori Informazioni

La Finestra sui Mercati

Tutte le mattine la newsletter con le idee di investimento!

Ho letto e accetto l'informativa sulla privacy