Ci sono ancora opportunità per i bond in vista dei tagli della Fed?

Nulla di fatto per la BCE che lascia i tassi invariati. Alla fine del 2026 i tassi USA sono attesi essere almeno 100 bps più bassi di quelli attuali. Gli investitori si chiedono se ci siano ancora opportunità per i bond in vista dei tagli della Fed
A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM
Come era nelle attese della vigilia, la BCE ha lasciato invariati i tassi di interesse di riferimento, dopo 8 tagli dal giugno dello scorso anno. Secondo la BCE, l’inflazione è attualmente pari all’obiettivo del 2% a medio termine e le pressioni interne sui prezzi hanno continuato ad attenuarsi, a fronte di un rallentamento dei salari. Nonostante l’economia continui a mostrare nel complesso una buona capacità di tenuta in un difficile contesto mondiale, lo scenario complessivo resta eccezionalmente incerto, soprattutto a causa degli effetti dei dazi, non ancora ben definiti. Sulle mosse future la BCE non si sbilancia. Il Consiglio direttivo continuerà quindi a seguire un approccio guidato dai dati in base al quale le decisioni verranno adottate di volta in volta ad ogni riunione.
IFO di luglio atteso oggi alle 10:00 (stima 89.2 punti contro 88.4 di giugno). Come noto l’IFO è un indicatore precoce dello sviluppo economico in Germania. La conferma delle stime indicherebbe che la Germania potrebbe aver imboccato la giusta via del rilancio economico, ma necessita ovviamente di ulteriori conferme.
Alle 14:30 è attesa la variazione degli ordini di beni durevoli MoM di giugno statunitensi attesi a -10.3% (da +16.4% di maggio). Se il dato fosse confermato, sarebbe il segnale che i dati di sentiment dei consumatori hanno cominciato a filtrare nei dati concreti.
Che sia settembre o dicembre, un taglio o più tagli, alla fine del 2026 i tassi statunitensi sono attesi essere almeno 100 bps più bassi di quelli attuali. Lecita quindi la domanda degli investitori se ci siano ancora opportunità per gli investitori in obbligazioni in vista dei tagli della Fed?
Sia il livello dei tassi d’interesse che la forma della curva dei rendimenti statunitense riflettono le aspettative del mercato riguardo ai prossimi cambiamenti di politica monetaria della Fed. Come sappiamo, mentre la parte più lunga della curva dei rendimenti (scadenze da 10 a 30 anni) anticipa la politica della Fed nel lungo termine, i titoli a più breve scadenza riflettono progressivamente le aspettative di cambiamenti della politica della Fed nel breve termine, fino al caso estremo in cui i rendimenti dei Treasury Bill a 1 mese (e inferiori) cambiano in modo significativo solo in coincidenza con effettive, e in tempo reale, variazioni della politica della Fed. Questa dinamica può essere sfruttata posizionando i portafogli obbligazionari in modo da beneficiare di possibili riduzioni del tasso di riferimento della Fed.
La dinamica è osservabile anche attraverso l’utilizzo delle curve dei rendimenti “forward”. È importante però capire che questi rendimenti forward sono semplicemente un calcolo matematico, non una previsione. Tuttavia, nella misura in cui si ritenesse che questi calcoli siano molto diversi da ciò che ci si aspetta che accada, gli investitori comprerebbero o venderebbero i tassi attuali anticipando un probabile profitto. Ovvero, si verificherebbe un arbitraggio. Pertanto, la curva dei rendimenti è considerata una buona, sebbene imprecisa, sintesi collettiva delle aspettative del mercato riguardo al percorso futuro dei tassi, poiché gli investitori eliminano tramite arbitraggio eventuali movimenti dei tassi ritenuti improbabili.
Se osserviamo la curva attuale (spot), vediamo che questa è invertita (dati al 15 luglio scorso), con i rendimenti a breve superiori rispetto a quelli a lunga scadenza (fino alle scadenze a 5 anni). Questo è insolito e generalmente si osserva solo quando si anticipano tagli dei tassi da parte della Fed. Quando tali tagli vengono effettivamente attuati, le curve forward suggeriscono che le scadenze più brevi rispondono con cali attesi dei tassi più marcati, mentre, al momento, i tassi a 4 anni e oltre si muovono appena.
Considerando che il rendimento/reddito è una componente fondamentale del total return, riteniamo che allungare la duration prima che la Fed inizi effettivamente a tagliare i tassi, anche a discapito del rendimento di portafoglio nel brevissimo periodo, possa dirsi prudente per alcuni investitori, poiché elimina il rischio di reinvestimento (ossia dover reinvestire a scadenza titoli a breve termine a rendimenti progressivamente più bassi man mano che la Fed taglia i tassi). A patto ovviamente di accettare il rischio/rendimento offerto dai titoli più lunghi
La tempistica e l’estensione di questo allungamento di duration sono strettamente legate alle aspettative riguardo a quando potrebbe iniziare un ciclo di tagli, al numero previsto di tagli e al grado di convinzione in queste previsioni. Sebbene arrivare a tali previsioni sia un compito difficile, implementare queste attese nei portafogli obbligazionari è relativamente semplice: allungare la duration prima che la Fed tagli i tassi, o accorciarla prima che la Fed li alzi.
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