Cina oltre l’involution, sfide e opportunità

Il tema della cosiddetta “involution” domina il dibattito sulla Cina: crescita che non genera reale evoluzione ma alimenta competizione interna e compressione dei margini. Eppure, nonostante squilibri strutturali e un contesto deflattivo, negli ultimi mesi sono emersi segnali di recupero della redditività aziendale che potrebbero aprire spiragli positivi per l’azionario.
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Una crescita diseguale e i limiti dell’involution
Per decenni l’economia cinese ha viaggiato a ritmi sostenuti e ancora oggi il Pil segna una crescita intorno al +5% annuo. Ma la domanda cruciale è quanto di questa espansione si sia tradotto in valore concreto per le imprese.
I dati sui profitti industriali raccontano un quadro modesto per Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm: al di fuori delle fasi eccezionali post-crisi finanziaria globale e pandemia, la crescita degli utili è rimasta debole, a fronte di investimenti enormi in nuovi impianti e macchinari.
La Cina destina una quota del Pil agli investimenti nettamente superiore a quella delle altre grandi economie, mentre i consumi interni restano relativamente contenuti. Non sorprende quindi che la crescita delle vendite al dettaglio si sia mostrata deludente, segnalando uno squilibrio strutturale tra produzione e domanda interna.
Pressione deflattiva e competizione globale
L’eccesso di capacità produttiva si riflette anche nei prezzi: i costi al consumo rimangono stabili, mentre i prezzi alla produzione calano. Una condizione che, spiega Flax consente ai consumatori esteri di acquistare beni cinesi a prezzi più bassi, ma che allo stesso tempo mette sotto pressione le aziende locali e i competitor internazionali.
Un esempio emblematico è l’industria dei veicoli elettrici. I marchi cinesi stanno aumentando la loro quota sul mercato interno e incrementando le esportazioni, erodendo i margini dell’automotive europeo sotto il peso della concorrenza aggressiva.
Politiche economiche e primi segnali di inversione
Le autorità di Pechino da tempo cercano di sostenere la domanda interna, ma negli ultimi mesi l’attenzione si è spostata anche sull’offerta. L’obiettivo è rafforzare la redditività settoriale ed evitare una spirale deflattiva. In passato tentativi simili non hanno avuto successo, ma i dati recenti lasciano intravedere un’inversione: dopo un calo costante dal 2011, i margini di profitto delle imprese hanno iniziato a risalire dal 2024.
Secondo Flax, questa dinamica potrebbe essere il segnale di un cambio di rotta nelle politiche economiche e, se confermata, avrebbe conseguenze positive non solo per le imprese, ma anche per i listini azionari.
Le prospettive per l'azionario cinese
Negli ultimi dieci anni l’equity cinese ha nettamente sottoperformato rispetto ai mercati sviluppati, con un divario ancora più evidente dopo la pandemia. Tuttavia, negli ultimi trimestri si sono registrati segnali di recupero: il miglioramento degli utili ha sostenuto una performance relativamente migliore rispetto a Wall Street e ad altri listini sviluppati.
Se gli interventi di Pechino riuscissero a stabilizzare i margini e ad accompagnare la crescita, l’azionario cinese potrebbe mantenere un andamento positivo. Per questo motivo, conclude Flax, Moneyfarm continua a prevedere un’esposizione ai mercati emergenti (Cina compresa) all’interno dei portafogli azionari e multi-asset, nella convinzione che le opportunità superino i rischi nel medio periodo.
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