Come posizionarsi per il 2026?

Tognoli non vede un crollo del dollaro statunitense e si attende una debolezza del prezzo del petrolio. Per gli investimenti, privilegia la selettività e la qualità sia nelle azioni che nelle obbligazioni.
A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM
Si apre la settimana che precede il meeting della BCE nel quale, con tutta probabilità, i tassi verranno ulteriormente ridotti di 25 bps. Da valutare la minaccia di Trump di partire il 1 giugno con dazi del 50% contro l’Europa. Settimana in cui vedremo il dato definitivo del PIL statunitense QoQ del 1Q25, che potrebbe non essere così negativo come la lettura flash, che come sappiamo è risultata del -0.3%.
Sorpresa positiva per il PIL QoQ del 1Q25 della Germania che cresce dello 0.4% (+0.2% nella lettura flash e -0.2% nel 4Q24).
Potrebbe sembrare un po’ troppo prematuro, ma siamo in quel periodo dell'anno in cui iniziamo a guardare oltre ciò che pensiamo accadrà nel corso dell'anno solare in corso e a formulare proiezioni economiche e di mercato per la fine dell'anno successivo, ovvero il 2026.
Da un punto di vista economico generale, dopo un continuo rallentamento della crescita nei prossimi due trimestri, prevediamo una modesta ripresa del PIL in ragione d’anno (dopo la flessione del 1Q25) tra il +1.3% e +1.6% e una crescita nel 2026 compresa tra il +1.7% e il +1,9%. Non riteniamo quindi che l'economia statunitense sprofondi in recessione nel 2025, grazie al sostegno della spesa al consumo che, sebbene più debole rispetto alla seconda metà dello scorso anno, dovrebbe continuare a crescere modestamente e parallelamente alla crescita dei redditi reali (reddito corretto per l'inflazione). La disoccupazione dovrebbe aumentare a fronte di una crescita economica inferiore alla media e potrebbe arrivare intorno al 5% nel 2026, comunque ben al di sotto di un livello recessivo.
Che dire del dollaro statunitense. Questo, come sappiamo, è stato al centro di un ampio dibattito negli ultimi mesi, poiché alcuni analisti hanno previsto che parte degli impatti tariffari a lungo termine si sarebbero tradotti in una minore domanda di asset statunitensi e in una "dedollarizzazione" dell'economia globale. Riteniamo tuttavia improbabile un crollo del dollaro e continuiamo a vedere un ampio acquisto internazionale di titoli del Tesoro statunitensi (trainati dagli interessanti rendimenti), nonché un rafforzamento del dollaro nei prossimi 18 mesi e oltre.
E il petrolio? Lo vediamo debole per la rimanente parte del 2025, sia per la flessione della crescita mondiale, che secondo il FMI scenderà al +2.8% quest’anno (dal +3.2% del 2024) per poi risalire al +3% nel 2026, sia perché l'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio (OPEC+) e i suoi alleati hanno recentemente deciso di continuare ad allentare i tagli alla produzione, il che aumenterà la già abbondante offerta globale di greggio. Il nostro obiettivo per quest’anno è di 55-65 dollari al barile per il greggio West Texas Intermediate e 60-75 dollari per il greggio Brent. È probabile che una migliore crescita economica globale nel 2026 dovrebbe portare ad un modesto aumento dei prezzi del greggio l'anno prossimo.
E gli investimenti? Non cambiano la nostra attenzione alla qualità e alla selettività, mentre riteniamo probabile che i mercati finanziari mostrino numerosi rialzi e ribassi. In particolare, riteniamo che l’S&P 500 si mostri relativamente volatile nei prossimi mesi e arrivare, se sostenuto dalla crescita degli utili, in un intervallo compreso tra 6.500 e 6.700. Consideriamo la qualità come un modo per giocare potenzialmente in difesa e in attacco in un trend rialzista rumoroso. A nostro avviso, le aziende di qualità possono contribuire a difendersi dalle flessioni del mercato grazie a margini di profitto solidi e stabili, basso debito e flusso di cassa costante. Queste hanno anche le dimensioni e il potenziale di guadagno per sovraperformare (giocare in attacco) durante periodi economici più instabili che mettono sotto pressione gli utili delle società più piccole.
Anche i mercati obbligazionari saranno probabilmente volatili e noi privilegiamo la selettività. Prediligiamo le società investment grade di alta qualità e gli enti municipali con obbligazioni generali e servizi essenziali, con una selettività sulle scadenze preferendo un intervallo compreso tra tre e sette anni.
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