Con in tassi in Europa al 4%, azioni e bond di qualità


La BCE ribadisce che i tassi saranno portati a livelli restrittivi e vi rimarranno a lungo, che significa che il 15 giugno aumenterà i tassi di almeno 25 bp.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


Scopri le soluzioni di investimento

Con tutti i certificate di Orafinanza.it


Produzione industriale MoM di aprile della Germania in uscita oggi alle 8:00 (stima -1,3% contro -3,4% di marzo) e vendite al dettaglio MoM di aprile dell’Italia alle 10:00 (stima +0,3% contro zero di marzo).

Ieri le vendite al dettaglio dell’Europa MoM di aprile son risultate più basse delle stime (zero, contro +0,2% atteso e -0,4 di marzo).

Nel corso dell’audizione alla Commissione Economica dell’Eurocamera, la Lagarde ha ribadito che le decisioni future della BCE assicureranno che i tassi ufficiali saranno portati a livelli sufficientemente restrittivi per ottenere un tempestivo ritorno dell'inflazione all’obiettivo di medio termine del 2% e saranno mantenuti a quei livelli per tutto il tempo necessario.

Dopo il dato di inflazione di maggio che, seppur in calo al 6,1% rispetto al 7% di aprile, rimane ostinatamente alta, i dubbi che il 15 giugno la BCE non alzi di ulteriori 25 bp i tassi sono ormai pochi. Con l’atteso aumento il tasso sulle operazioni di rifinanziamento raggiungerà a giugno il 4%. Ciò corrisponderebbe al livello più alto nella storia della BCE dal 2001.

Anche perché come ha sempre rimarcato la Lagarde, la BCE continuerà a seguire un approccio dipendente dai dati per determinare il livello appropriato e la durata della restrizione. E i dati indicano che difficilmente la BCE si fermerà. A maggior ragione guardando all’inflazione core. Anche questa, pur essendo scesa al 5,3% a maggio (dal 5,6% di aprile), non evidenzia ancora una decisa contrazione e potrebbe ancora non aver raggiunto il picco. Inoltre, la trasmissione degli effetti delle pressioni al rialzo sulla crescita dei prezzi derivanti dal forte aumento del costo dell’energia e le strozzature dell'offerta che hanno caratterizzato gran parte dello scorso anno, continuano ad essere prepotentemente presenti. Solo a partire dall’ultimo trimestre dell’anno potrebbe essere possibile vederne un allentamento.

La Lagarde ha inoltre “ricordato” ai governi che con l'attenuarsi della crisi energetica, dovrebbero ritirare tempestivamente e in modo concertato le relative misure di sostegno adottate nei mesi scorsi. E questo allo scopo di evitare un aumento delle pressioni inflazionistiche a medio termine, che richiederebbero una risposta di politica monetaria più energica di quella attuale e per un tempo più lungo.

Non crediamo che la stabilità finanziaria nell'area dell'euro, che finora si è dimostrata solida, sia a rischio. Occorre tuttavia monitorare costantemente la qualità dell'esposizione creditizia delle banche che, sebbene non abbia risentito dei problemi verificati in altre zone del mondo, è impensabile che non subisca un deterioramento e/o una contrazione in seguito all’aumento dei tassi di interesse come quello in atto.

C’è tuttavia un altro rischio che andrebbe monitorato, ed è quello che fa riferimento alle imprese che sono state in grado di aumentare i prezzi ad un aumento dei costi. Se nel 2022 alcuni settori come agricoltura, edilizia, ristorazione e trasporti sono riusciti a scaricare sui consumatori finali l'aumento dei costi mantenendo i loro margini, nel 2023 questo fenomeno è in via di esaurimento. La crescita dei profitti delle imprese potrebbe far scattare rivendicazioni salariali importanti e probabilmente superiori al tasso di inflazione attesa e, per questa via, vanificare gli sforzi fin qui fatti dalla BCE. I governi dell'Eurozona dovrebbero quindi farsi parte attiva nel dialogo tra le parti sociali (compito che ovviamente non spetta alla BCE). In altre parole, se dovesse riaccendersi la spirale salari/prezzi, la BCE interverrebbe con misure ancora più restrittive di quelle attuali.

E i mercati finanziari? Vediamo di fare il punto cominciando dalle azioni. Nonostante al momento si tratti più di un bicchiere mezzo vuoto che mezzo pieno, assistiamo a tre sviluppi economici positivi degni di nota che sostengono i mercati azionari europei:

  • In primo luogo, i prezzi degli input sono chiaramente in calo in una serie di settori. Unito all’aumento dei tassi di interesse, questo contribuirà ad allentare ulteriormente le pressioni inflazionistiche (soprattutto quelle core). Inoltre, come parte del disaccoppiamento delle variabili economiche tra Europa e Stati Uniti, l'inflazione salariale rimane molto più contenuta su questa sponda dell'Atlantico. Ciò riflette un mercato del lavoro molto più flessibile: il tasso di disoccupazione negli Stati Uniti è del 3,7% contro il 6,5% della zona euro.
  • In secondo luogo, nonostante la fiducia dei consumatori europei si sia notevolmente ripresa dai livelli molto bassi dello scorso autunno, rimane un ampio margine per ulteriori miglioramenti nel corso dell'estate. A questo punto, le preoccupazioni del recente inverno sui prezzi dell'energia probabilmente non saranno più al primo posto nei pensieri dei consumatori, mentre le bollette del riscaldamento del prossimo inverno.
  • In terzo luogo, lo slancio economico in Cina e nella più ampia regione asiatica ci aspettiamo che acceleri mentre la riapertura della politica post-COVID-zero dell'economia cinese inizia a prendere piede. Ciò potrebbe mitigare i timori sulla crescita degli USA e dell'Europa. Poiché le società europee sono fortemente esposte al resto del mondo (e sempre più all'Asia), ciò dovrebbe giovare materialmente ai mercati azionari della regione.

Le nostre aspettative vedono un atterraggio economico irregolare per l'economia europea, poiché l'aggressiva stretta monetaria dello scorso anno inizia a mordere in modo sempre più concreto. Tuttavia, osserviamo che le azioni europee rimangono ben sostenute dalle valutazioni.

Con l'indice MSCI Europe scambiato su un multiplo degli utili storicamente al minimo nell’intorno di 13 volte, crediamo che rimanga molto valore nelle azioni europee, in particolare rispetto alle azioni statunitensi.

Per quanto riguarda le obbligazioni, osserviamo come l'inflazione elevata e le politiche delle banche centrali abbiano guidato principalmente i mercati del reddito fisso fino alla fine di marzo. L'attenzione si è poi spostata drasticamente dopo il fallimento delle banche regionali USA. Questi straordinari eventi hanno alimentato i timori di una crisi sistemica del settore bancario per un potenziale effetto domino. A loro volta, gli investitori si sono rivolti ad attività a basso rischio come i bund tedeschi, spingendo al ribasso i rendimenti governativi. Di conseguenza, i titoli di Stato europei hanno registrato un forte rialzo nel trimestre.

Di fronte all'inflazione ancora elevata e alle pressioni sulle rivendicazioni salariali, la BCE ha alzato a maggio scorso e probabilmente si appresta a farlo anche a giugno, i tassi di interesse nonostante le turbolenze nel settore bancario, inviando di fatto un segnale che non vi era alcun segno di una crisi bancaria sistemica incombente in Europa.

A causa dell'inflazione ostinatamente elevata, non prevediamo una fine prematura dell'attuale ciclo di rialzi dei tassi. Riteniamo però che la maggior parte degli aumenti sia già stata attuata e il potenziale per ulteriori incrementi sostanziali sta diventando sempre più limitato. Le pressioni sui prezzi dovrebbero allentarsi leggermente con il progredire dell'anno, quindi la BCE dovrebbe raggiungere il tasso di interesse terminali.

Il rischio di una recessione in Europa, implicito in una curva dei rendimenti invertita tuttavia rimane, anche se i dati economici sembrano aver retto meglio del previsto. I singoli paesi della zona euro si trovano già in un ambiente di stagnazione/recessione o, come dicevamo, riteniamo si prevede che vi entreranno nei prossimi mesi. Tuttavia, la riapertura dell'economia cinese e l'assenza di una crisi energetica in Europa hanno in una certa misura migliorato le prospettive di crescita globale nel 2023.

Le recenti turbolenze hanno dimostrato che i rialzi dei tassi sono dolorosi. I cicli di inasprimento creano venti contrari per i valori delle attività finanziarie. Tuttavia, Credit Suisse a parte, le grandi banche europee sono in buona forma, con solidi livelli di capitale ed elevati indici di liquidità. Inoltre, i responsabili politici riteniamo che interverranno rapidamente con misure per fermare qualsiasi contagio che potrebbe portare a una grave crisi bancaria.

Cosa significa questo per gli investimenti a reddito fisso? A nostro avviso, la volatilità dei tassi rimarrà elevata ancora per un po' di tempo. I rendimenti più elevati di oggi sembrano allettanti, con ulteriori rialzi dei tassi già prezzati. Tuttavia, riteniamo che gli investitori dovrebbero adottare un atteggiamento prudente alla luce degli attuali elevati livelli di incertezza che ancora permangono.

Al momento preferiamo le obbligazioni investment grade rispetto alle obbligazioni ad alto rendimento, in particolare nel segmento corporate, dove condizioni di finanziamento più rigide potrebbero causare problemi ad alcuni emittenti ad alto rendimento. Nel complesso, riteniamo che il 2023 dovrebbe essere un anno positivo per il reddito fisso europeo caratterizzato da alcune interessanti opportunità.

Seguici su Telegram

Idea di investimento
Possibile premio del 12% annuo con il certificate sul petrolio grezzo Brent e WTI
Rendimento p.a.
12%
Cedole
1% - €10,00
Memoria
si
Barriera Cedole
60%
ISIN
CH1325429418
Emittente
Leonteq
Comunicazione Pubblicitaria
Maggiori Informazioni

La Finestra sui Mercati

Tutte le mattine la newsletter con le idee di investimento!

Ho letto e accetto l'informativa sulla privacy