La corsa del petrolio “non è finita”: Goldman Sachs aumenta le sue previsioni


Non si attenua la pressione sull’oro nero, tra le riaperture in Cina e i problemi alla produzione, condizionata dalle sanzioni alla Russia, spingendo così alcune banche a rivedere al rialzo le loro attese sui prezzi nei prossimi mesi.


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Goldman Sachs rialzista sul Brent

Il rally del petrolio è destinato a proseguire. Sono queste le previsioni degli analisti di Goldman Sachs, i quali hanno rivisto al rialzo il target sui prezzi del Brent per il secondo semestre 2022 e per il primo semestre del 2023.

Secondo la banca americana, la media dei prezzi del petrolio europeo dovrebbe attestarsi a 135 dollari al barile, quota aumentata di 10 dollari rispetto alla precedente previsione.

La ricerca di GS considera questa soglia indispensabile affinché avvenga la normalizzazione delle scorte di petrolio, prevista solo per il secondo semestre 2023.

Nel frattempo, non si attenua la pressione sui prezzi del petrolio e i future WTI restano intorno quota 119 dollari, mentre il Brent prosegue a 120 dollari al barile, livelli che spingono l'indice Bloomberg delle materie prime ai massimi degli ultimi tre mesi a 136 punti.

Anche Citi vede il rialzo

Ieri anche altre banche hanno aumentato le loro previsioni sui prezzi del petrolio, anticipando quanto deciso da Goldman Sachs. Citi Research sottolinea come gli effetti delle sanzioni russe sul greggio e i ritardi nel rinnovo dell’accordo nucleare iraniano, senza il quale non ci sarà un aumento significativo del greggio esportato dall’Iran, continueranno a mettere pressione sulle quotazioni dell’oro nero.

Secondo Citi, gli equilibri di mercato più ristretti porteranno il prezzo del Brent nel secondo trimestre del 2022 a 113 dollari, con un rialzo rispetto alle precedenti previsioni di 14 dollari, mentre nel 2023 la media dovrebbe attestarsi a 75 dollari, rivista al rialzo di 16 dollari.

“Continuiamo a vedere una tendenza al ribasso dei prezzi, dopo un periodo di breve termine molto movimentato, a causa del progressivo allentamento degli equilibri tra domanda e offerta”, spiegano da Citi.

Mentre la produzione e le esportazioni petrolifere russe continuano a diminuire, Citi ha affermato che le aspettative di un calo della produzione russa da 2 a 3 milioni di barili al giorno sono “esagerate”.

La riconfigurazione dei flussi verso l'Asia “potrebbe far sì che la produzione e le esportazioni russe non calino così tanto, ma più nell'ordine di 1 milione - 1,5 milioni di bpd”, spiegavano dalla banca.

“Su 1,9 milioni di bpd di esportazioni europee di greggio via mare, circa 900.000 bpd potrebbero essere dirottati verso altri mercati, come Cina/India, o potrebbero rimanere in alcuni mercati europei con accesso limitato al petrolio non russo”, aggiungevano da Citi.

Pertanto, Citi vede una crescita della domanda di petrolio più debole, pari a 2,3 milioni di bpd nel 2022, a causa dei venti contrari all'economia, delle chiusure in Cina e dei prezzi elevati.

Riprende la domanda in Cina

Nelle città di Pechino e Shanghai è tornata la normalità negli ultimi giorni, terminando così i due mesi di chiusure finalizzate a contenere i focolai della variante Omicron.

Terminano dunque i divieti di circolazione e i ristoranti sono stati riaperti ieri, soprattutto per quanto riguarda Pechino, dove sono praticamente messi alle spalle le chiusure.

Gli analisti di ANZ Research prevedono in una nota che l’allentamento delle restrizioni di viaggio in Cina possa incrementare la domanda di petrolio nelle prossime settimane, mantenendo la pressione sui prezzi.

Le decisioni dell’Opec

Nessun allentamento ai prezzi era arrivato dalla decisione dell’Organizzazione dei Paesi Esportatori di petrolio e i suoi alleati (Opec+), la scorsa settimana riunitisi per decidere un aumento di produzione per i mesi di luglio e agosto di 648 mila barili al giorno, ovvero il 50% in più di quanto precedentemente pianificato.

L’aumento è stato distribuito tra tutti i membri dell’Opec+ per controbilanciare la riduzione dell’output della Russia, colpita dalle sanzioni occidentali, mentre altri membri hanno poco spazio per aumentare la produzione.

“Sebbene i nuovi obiettivi mensili aumentati continuino ad essere guidati dai contributi proporzionali di tutti i partecipanti (inclusa la Russia), non è realistico aspettarsi un aumento vicino alla cifra principale”, ha dichiarato Stephen Innes, managing partner di SPI Asset Management, in una nota.

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