Costi e commissioni dei fondi comuni di investimento


L'analisi dei costi è tra gli aspetti cui dedicare maggiore attenzione quando valuti l'acquisto di un fondo.


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Costi diretti e costi indiretti a carico dell’investitore

I costi e le commissioni relativi ai fondi comuni di investimento possono incidere in modo rilevante sul rendimento dei tuoi investimenti. Prima di investire in un fondo, oltre a considerare gli obiettivi di investimento del fondo e i rendimenti storici del suo gestore, occorre non trascurare gli oneri. I costi di un fondo variano molto da prodotto a prodotto: ad esempio quelli che replicano un indice azionario hanno costi minori rispetto a fondi che fanno leva su competenze d'investimento esclusive.

Molti di essi possono essere valutati in modo assoluto già prima dell’investimento, mentre altri possono essere stimati solo in modo percentuale o sono incerti. Considerando quanto i costi e le commissioni possono incidere sulla performance ed erodere buona parte del rendimento eventualmente generato dallo strumento finanziario, è fondamentale vagliare tutti i costi a carico dell’investitore.

I costi complessivi associati all’investimento in un fondo comune di investimento possono essere suddivisi in diretti e indiretti:

  • i costi diretti sostenuti dall’investitore. Includono le commissioni di ingresso pagate al momento della sottoscrizione e le commissioni di uscita pagate al momento del riscatto. Sono costi che non gravano direttamente sul patrimonio del fondo ma che sono detratti dall’ammontare investito o disinvestito.
  • i costi indiretti sostenuti dai sottoscrittori. Vengono periodicamente decurtati dal valore delle quote del fondo comune. Questi oneri fanno parte del cosiddetto TER (Total Expense Ratio) e includono le commissioni di gestione e di performance, la remunerazione della banca depositaria e altri oneri residuali.

Commissioni di sottoscrizione e commissioni di rimborso

Le commissioni di sottoscrizione sono le commissioni addebitate al momento della sottoscrizione di un determinato prodotto. La commissione di sottoscrizione (o di ingresso) è indicata come percentuale dei soldi versati. Solitamente è inversamente proporzionale all’entità del proprio investimento (più si investe, meno si paga) ed è più elevata per i cosiddetti fondi azionari che per quelli bilanciati.

Le commissioni di uscita (o di rimborso) sono sostenute dall’investitore nel momento in cui decide di riscuotere il proprio capitale. Spesso variano in funzione del tempo di permanenza nel fondo: maggiore è il tempo trascorso, minore sarà la commissione applicata sull’importo rimborsato.

Le commissioni di ingresso e di uscita non sono sempre applicate dal gestore: sono i cosiddetti fondi no load.

Spese correnti: Commissione di gestione e Commissioni di collocamento

Le spese correnti sono costituite dalla somma delle commissioni di gestione e delle commissioni di collocamento (non previste in tutti i fondi).

La Commissione di Gestione è un costo applicato a titolo di compenso per l'attività di gestione del fondo e rappresenta quella percentuale del patrimonio totale del fondo che la società di gestione trattiene.

Questa tipologia di commissione dovrebbe essere proporzionale a quanto lavoro è richiesto nella gestione del fondo. Ad esempio, un fondo a gestione attiva avrà costi più elevati rispetto a un fondo passivo che replica passivamente un paniere o un indice. Un fondo azionario costerà – sotto il profilo della gestione – più di un fondo monetario.

La commissione di gestione è calcolata su base annua, ma in genere corrisposta a cadenza semestrale, trimestrale o mensile.

La commissione viene incassata dalla società di gestione, e viene in quota parte riconosciuta ai soggetti collocatori, come ad esempio la banca o il consulente finanziario.

Tali commissioni sono inglobate nel prezzo del fondo e vengono applicate giornalmente, pertanto non figurano negli estratti conto.

Le commissioni di collocamento sono applicate ai fondi comuni di investimento con una finestra di collocamento in cui è possibile investire (come i "fondi a cedola") e con una durata predefinita. Si tratta di una commissione a carico del fondo stesso (quindi non evidente ed esplicita come quelle di sottoscrizione e rimborso).

La commissione di collocamento è prelevata subito in un’unica soluzione e ammortizzata linearmente fino alla scadenza del fondo. Nel caso in cui l’investitore decida di richiedere un rimborso prima della scadenza, allora si vedrà addebitata tutta la parte di commissione che non è ancora stata ammortizzata.

Commissione di conversione (Switch)

Se si passa da un fondo all'altro il soggetto collocatore potrebbe applicare la commissione di conversione.

Commissioni di performance

Le commissioni di performance, chiamate anche performance fee, sono commissioni opzionali percepite dalla SGR per aver raggiunto determinati traguardi di rendimento in un certo periodo di tempo. Generalmente viene calcolata in termini percentuali sulla differenza tra il rendimento del fondo e quello del benchmark. In alternativa può essere calcolata sull'incremento di valore della quota del fondo in un determinato intervallo temporale.

Questa tipologia di costo rappresenta una forma di onere variabile, e quindi, per sua natura, è difficilmente valutabile in anticipo.

L'idea che ne sta alla base è di incentivare la corretta e buona gestione del fondo, allineando l’interesse di rendimento del cliente a quello di redditività del gestore.

Tuttavia, relativamente alle commissioni di performance occorre approfondire due punti, al fine di evitare commissioni molto dannose per gli investitori:

  • periodicità con cui vengono calcolate e prelevate le commissioni: se troppo frequenti, c’è il rischio che si paghino commissioni di performance in periodi intermedi nonostante il rendimento complessivo sia stato negativo.
  • metodo di calcolo, che dovrebbe essere verificabile e non suscettibile di manipolazione

La normativa MIFID 2

Le nuove norme relative alla MIFID 2 impongono maggior trasparenza: gli intermediari dovrebbero illustrare nel dettaglio le spese sostenute realmente, non solo in percentuale.

«Sicuramente la chiarezza sugli oneri sostenuti a fronte degli investimenti e della consulenza è uno degli elementi fondamentali della direttiva comunitaria – afferma Massimo Scolari, presidente di Ascofind, l’Associazione che riunisce le società di consulenza finanziaria - . Gli operatori, nella rendicontazione annuale che dovranno inviare ai risparmiatori, sono tenuti a indicare anche i costi realmente sostenuti ogni anno, sia in percentuale sia in valore assoluto».

Ciò significa che, nel documento riassuntivo ex post, dovrà essere espresso l’ammontare speso per i prodotti e i servizi quali consulenza, gestione e negoziazione. «Il valore assoluto è molto importante: un conto è, ad esempio, dichiarare una spesa del 5%, altra cosa è mettere nero su bianco la cifra reale. In questo modo un risparmiatore può vedere immediatamente quanto hanno inciso i costi sul suo patrimonio e l’impatto di questi sui rendimenti dell’investimento», precisa Scolari.

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