Credit Suisse, la “fase critica” spinge il titolo ai minimi storici

L’aumento dell’indicatore chiave della fragilità del gruppo ai massimi dal 2009 avrebbe spinto i dirigenti della banca a cercare di rassicurare clienti e investitori, ma la borsa di Zurigo accoglieva il titolo tra ingenti vendite.

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Tonfo Credit Suisse

Un fine settimana attaccati al telefono per cercare di rassicurare grandi clienti, varie controparti e investitori. In questo modo, scriveva il Financial Times, i manager di Credit Suisse avrebbero passato le scorse ore, spiegando la posizione patrimoniale e la liquidità della banca.

Le preoccupazioni erano scattate venerdì scorso quando l’indicatore chiave della fragilità del gruppo, il costo del credit Default Swap (Cds), chiudeva a 225 punti rispetto ai 55 di inizio anno e ai massimi dal 2009.

Il mercato, però, non veniva rassicurato e le incertezze stanno attirando forti vendite sul titolo Credit Suisse alla borsa di Zurigo, ormai ai minimi storici visti i 3,64 CHF di questa mattina, con un tonfo che supera l’8% dopo poco più di un’ora di contrattazioni.

Una fase critica

Indiscrezioni a parte, la banca svizzera sta certamente affrontando un momento difficile, tanto che l’amministratore delegato, Ulrich Koerner, definiva questa “una fase critica”, per poi dare appuntamento al 27 ottobre, giorno in cui verrà presentato il nuovo piano strategico.

“So che non è facile rimanere concentrati tra le tante storie che leggi sui media, in particolare, date le molte affermazioni effettivamente inesatte fatte”, scriveva in una lettera il manager, confidando che i soci non confondano “la performance quotidiana del prezzo delle azioni con la solida base di capitale e la posizione di liquidità della banca”, aggiungendo di “non essere stato in grado di condividere i dettagli dei piani di trasformazione prima del 27 ottobre”.

Ipotesi per il piano

Nonostante le rassicurazioni di Koerner, gli analisti di Kbw ritengono necessario per la banca un aumento di capitale da 4 miliardi di franchi svizzeri, oltre alla vendita di asset e alla ristrutturazione delle sue attività.

Si tratterebbe di una ‘cura’ dagli effetti molto diluitivi sugli azionisti, in quanto la capitalizzazione di borsa è attualmente scesa a 10 miliardi di franchi svizzeri rispetto ai 30 miliardi del marzo 2021.

Da più parti, inoltre, si ipotizza un piano con tagli per migliaia di dipendenti e la ristrutturazione in tre divisioni, compresa la creazione di una ‘bad bank’.

Inoltre, la stessa Credit Suisse non escludeva di poter vendere la sua divisione di prodotti cartolarizzati, mentre sta valutando la possibile cessione di attività di asset management dell’America Latina, con l’esclusione del Brasile, oltre a riprendere il vecchio brand First Boston.

Rinvio per l’aucap

Nel frattempo, di certo non rassicurava la decisione del fondo immobiliare di proprietà dell’istituto svizzero, Credit Suisse Real Estate Fund Green Property, di rinviare l’aumento di capitale annunciato per il quarto trimestre, motivandola con l’elevata volatilità del settore e un contesto di mercato notevolmente deteriorato.Credit Suisse aveva finalizzato i preparativi per la raccolta di capitale, ma i fondi immobiliari quotati alla borsa svizzera hanno attraversato fasi difficili nelle ultime settimane, spiegava la banca. 

Viste dunque le condizioni di mercato “notevolmente deteriorate”, il “successo della raccolta non può essere garantito”, da qui la decisione di rinviare l’operazione.

Per quanto riguarda i nuovi tempi, i gestori del fondo hanno dichiarato che seguiranno da vicino l’evoluzione delle condizioni di mercato, per poi decidere a tempo debito.

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