Da Jackson Hole attesi tassi alti più a lungo


I rendimenti a 10 anni hanno toccato nuovi massimi quale effetto di un aggiornamento delle aspettative sulle mosse delle FED.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Serie di dati USA importanti per i mercati in uscita alle 14:30 di oggi: ordini di beni durevoli di luglio (stima -4% contro +4,7% di giugno) e richiesta settimanale di sussidi alla disoccupazione (stima 244k contro 239k della scorsa settimana).

Ieri PMI servizi e composito dell’Europa di agosto peggiori delle aspettative e ai minimi dallo scorso novembre (48,3 punti contro 50,5 stimato e 47 punti contro 48,5 stimato rispettivamente), ma PMI manifatturiero migliore (43,7 punti contro 42,6 stimato). Anche il PMI composito USA di agosto è risultato più debole delle aspettative (50,4 punti contro 52 stimato), così come peggiore delle stime è risultata la fiducia dei consumatori (-16 punti contro -14.3 atteso e -15,3 di luglio).

Il forte aumento dei tassi di interesse che abbiamo visto nel 2022, annunciato prima ed attuato poi, è stato percepito appieno dagli investitori: lo scorso anno le performance del mercato azionario e obbligazionario hanno infatti sofferto non poco. Per quanto riguarda il 2023, ci aspettavamo che il forte e costante aumento dei tassi si attenuasse man mano che l’attenzione si fosse spostata dall’elevata inflazione alla minore crescita. Fino a poche settimane fa questo si è verificato, ma recentemente abbiamo invece visto i tassi a lungo termine salire in modo significativo, con il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni toccare nuovi massimi dell’anno.

Riteniamo che una buona parte di questo rialzo dei rendimenti sia dovuto ad un aggiornamento delle aspettative di consenso sulla politica della FED. Da tempo eravamo convinti che il mercato fosse troppo ottimista sull’approccio della FED volto a stroncare l'inflazione. La nostra valutazione è che la resilienza della crescita economica stia spingendo gli investitori ad accettare che la FED manterrà il suo tasso di riferimento più alto per un periodo più lungo, cosa che si riflette evidentemente nei rendimenti a lungo termine.

Questo significa che non riteniamo che il balzo del rendimento dei titoli a 10 anni sia un segnale che la FED riprenderà un'altra fase di rialzi dei tassi. L'aumento dei tassi a lungo termine non è stato infatti accompagnato da un parallelo aumento dei tassi a breve termine, come indicato dal recente irripidimento della curva dei rendimenti.

Fonte: FactSet

L’inflazione si è attenuata, una tendenza che prevediamo continui anche se non in modo perfettamente lineare (lo abbiamo visto con i dati della crescita dei prezzi di luglio). In altre parole, significa che la FED potrebbe non aver bisogno di introdurre un nuovo ciclo di inasprimento della politica monetaria, ma significa anche che probabilmente non riporterà il piede sull’acceleratore nel prossimo futuro.

Domani alle 16:05 CET Powell terrà il tanto atteso discorso di Jackson Hole, che riteniamo includerà commenti mirati sull'impegno della FED a ridurre ulteriormente l'inflazione. A nostro avviso non "più in alto da qui", ma piuttosto "alti più a lungo". Gli ultimi dati, che mostrano debolezza nelle vendite di veicoli e nei permessi di costruzione, indicano che gli effetti dei rialzi dei tassi in realtà si stanno ancora facendo strada attraverso l'economia e non sembrano esauriti.

Detto questo, sappiamo come la fine dei cicli di inasprimento delle politiche monetarie rappresenti tradizionalmente uno sviluppo favorevole per la performance del mercato. Non ci aspettiamo un brusco rialzo dei tassi d'interesse, ma riteniamo che l'aiuto che i mercati stanno ricevendo da un'economia più forte del previsto possa però essere parzialmente compensato dalla conseguente pressione al rialzo esercitata sui rendimenti obbligazionari più elevati.

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