Dazi e barriere commerciali: quali saranno le implicazioni per la crescita economica globale

La vittoria di Trump e la capacità ampiamente unilaterale di implementare tariffe e spostare la politica commerciale degli Stati Uniti in una direzione più protezionistica rappresentano un'ulteriore forza di deglobalizzazione.
A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM
Secondo lettura dell’inflazione della Germania YoY di ottobre (stima 2% contro 1.6% di settembre) in uscita alle 8:00, mentre alle 11:00 è atteso l’indice ZEW di novembre (stima 13,2 punti contro 13,1 di ottobre). Come noto lo ZEW riguarda le prospettive economiche dell’intera zona Euro, della Gran Bretagna, del Giappone e degli USA. L’indice è costruito come differenza fra ottimisti e pessimisti e risulta molto più volatile dell’analogo indice IFO per la Germania.
Le elezioni presidenziali del 2024 sono ormai passate, ma c'è ancora un'enorme incertezza riguardo alla traiettoria dell'economia e soprattutto alla politica della Fed. Tariffe e una politica fiscale sembrano essere all'ordine del giorno nella prossima amministrazione, il che potrebbe portare a un'inflazione più elevata e quindi a tassi più alti.
A nostro avviso, quello che appare scontato è che la vittoria di Trump e la capacità ampiamente unilaterale di implementare tariffe e spostare la politica commerciale degli Stati Uniti in una direzione più protezionistica rappresentano un'ulteriore forza di deglobalizzazione. Nuove barriere commerciali avrebbero il potenziale di pesare sull'interconnessione dell'economia globale, il che potrebbe avere implicazioni negative a lungo termine per la crescita economica globale.
Quello che invece abbiamo già visto è che la vittoria di Trump ha innescato movimenti al rialzo nei rendimenti azionari e obbligazionari lungo la curva. La riunione della Fed di questa settimana è stata meno movimentata del solito per i mercati con la Fed che, come ampiamente previsto, ha ridotto l'intervallo obiettivo dei fondi federali di 25 punti base al 4,50%-4,75%. Sebbene il presidente Powell abbia rifiutato di commentare le elezioni, le nostre aspettative per il percorso di allentamento della Fed si sono evolute. Come vediamo oggi, il potenziale per un'inflazione più elevata l'anno prossimo aumenta la probabilità che il tasso dei fondi federali tocchi il fondo più vicino al 4% che al 3%.
Sicuramente c'è ancora molta incertezza su quali proposte politiche della campagna elettorale saranno considerate prioritarie e se/quando saranno infine implementate (tra il dire della campagna elettorale e il fare…). A questo punto, ci aspetteremmo un'estensione del Tax Cuts & Jobs Act (TCJA) del 2017, che include molte clausole destinate a scadere alla fine del 2025. Ma è anche possibile vedere una potenziale espansione dei tagli fiscali e l'imposizione di nuove tariffe.
La dimensione e la portata di queste iniziative politiche rimangono incerte e oggetto di dibattito, sebbene Trump abbia proposto una tariffa generale del 10% su tutte le importazioni e una tariffa del 60% sulle importazioni cinesi in particolare.
Proviamo a descrivere con maggiore dettaglio le nostre riflessioni preliminari sulle implicazioni economiche delle elezioni. Ci aspettiamo che se i nuovi tagli fiscali diventeranno concreti, porterebbero ad una crescita del PIL più forte ma anche ad un'inflazione leggermente più elevata delle attese. Inoltre, tariffe dell'entità proposta impartirebbero un modesto shock stagflazionistico all'economia statunitense, compensando così parte della spinta dei tagli fiscali.
La limitata quantità di dati economici in uscita la scorsa settimana dimostra comunque che Trump sta ereditando un'economia forte. L'indice dei servizi ISM ha evidenziato che anche durante i grandi uragani, che hanno portato a tempi di consegna più lunghi e hanno aumentato la misura principale il mese scorso, l'attività del settore dei servizi continua a espandersi a un ritmo costante.
Inoltre, nonostante la preoccupazione per un mercato del lavoro in deterioramento, alcuni fornitori di servizi continuano a segnalare difficoltà a trovare lavoratori e i dati pubblicati separatamente questa settimana hanno mostrato che il numero di persone che hanno presentato una richiesta iniziale di indennità di disoccupazione è rimasto sotto controllo fino all'inizio di novembre.
Dopo il taglio ai tassi di interesse la scorsa settimana, rimane possibile che il FOMC riduca i tassi di altri 25 punti base nella sua riunione finale del 2024, fissata per il 18 dicembre (il FedWatch Tool lo da probabile al 65%), ma le prospettive per il 2025 sono diventate più instabili. Il consensus degli analisti prevede un graduale calo del tasso sui fondi federali ad un intervallo obiettivo del 3,00%-3,25% entro la fine del 2025.
Ma nella misura in cui le politiche tariffarie e fiscali dell'amministrazione Trump in arrivo provocheranno inflazione, ciò potrebbe causare una riduzione più lenta dei tassi di interesse, potenzialmente più vicina a un minimo di circa il 4% l'anno prossimo. Detto questo, ci sembra comunque probabile che il FOMC attenderà che le politiche siano più pienamente formulate e che i loro effetti siano meglio compresi prima di agire.
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