Dietro le quinte della scalata di del Vecchio su Mediobanca. Il futuro di Generali

15/10/2019 07:45
Dietro le quinte della scalata di del Vecchio su Mediobanca. Il futuro di Generali

Del Vecchio e de Benedetti ancora protagonisti nel nostro listino. Il primo punta a rilanciare Mediobanca. Il secondo rivive gli amori di gioventù: l’editoria. Ma se uno è un romanticone, Del Vecchio non avrebbe mai perso il fiuto per gli affari. L’obiettivo non è Mediobanca ma la cessione di Generali.

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Il ritorno dei supernonni a Piazza Affari

Carlo de Benedetti classe, 1934, il prossimo 14 novembre spegnerà 85 candeline, Leonardo del Vecchio nato un anno prima, 84 li ha già compiuti il 22 maggio.

Dopo tante battaglie in Borsa e alle spalle storie che hanno segnato il capitalismo nostrano i due manager non sembrano stanchi. Del Vecchio oggi è uno degli uomini più ricchi del mondo, secondo Bloomberg il 37esimo con un patrimonio di 24 miliardi di dollari. De Benedetti non è stato così fortunato o bravo, ma non può certo lamentarsi.

Qualcuno sarebbe propenso a pensare che alla veneranda età di 84-85 anni, godersi i nipoti e una montagna di soldi, sia il meglio che si possa desiderare. Eppure si sbaglia, o forse è per questo che non è diventato ricco come loro. Del Vecchio è nel pieno di una battaglia, con mini scalata per far cambiare rotta a, niente di meno che, Mediobanca. A Carlo De Benedetti, invece, è risbocciato l’amore, forse mai sopito, per l’editoria. Venerdì il manager ha lanciato un’offerta per il 29,9% di Gedi, l’editore dell’Espresso, La Repubblica e la Stampa, accusando poco meno che i figli, di non fare abbastanza per il rilancio. (Gedi ieri +16%)

Che Mediobanca non si sieda sugli allori!

Stessa motivazione per Del Vecchio. I vari quotidiani  scrivono, che il patron di  EssilorLuxottica vuole rilanciare Mediobanca, dove avrebbe trovato manager più matusalemme di lui, in tema di nuove strategie di crescita. Al contrario il buon a.d. di Mediobanca, Alberto Nagel, spesso ha portato buoni risultati per gli investitori, che hanno visto un total return nel corso degli anni che la colloca tra le prime cinque banche al mondo.

Del Vecchio delinea uno scenario diverso per Mediobanca, meno dipendenza dagli utili di Compass e Generali di cui detiene il 13% e crescita per linee esterne. Tradotto: fusioni. In particolare Piazzetta Cuccia dovrebbe mettere sul mercato il 13% di Generali e guardare ad altre società. Secondo gli analisti di Deutsche Bank la strategia non è sbagliata, Generali assorbe 5 punti percentuali di Cet 1 Ratio (indice di solidità patrimoniale) di Mediobanca. Per la cronaca degli 860 milioni di utile netto di Mediobanca nell’ultimo esercizio, 336 vengono da Compass e 320 da Generali.

La strategia di Del Vecchio

Ora facciamo un passo indietro, proviamo a pensare che Leonardo Del Vecchio è arrivato dove è arrivato perchè è molto capace ma anche molto astuto. Che nel recente passato per la  sua Luxottica se ne è strafottuto dell’italianità e del resto e l’ha portata in sposa alla francese Essilor. Buon deal per lui ma di fatto i francesi stanno solo aspettando di prendere il controllo.

Ecco se nelle ultime settimane Del Vecchio ha arrotondato la sua partecipazione in Mediobanca salendo a ridosso del 7%, nell’ultimo anno, ha rastrellato azioni Generali per salire al 5% in compagnia di una altro 5% quello dell’amico Caltagirone. Raccolto quello zoccolo duro, l’assalto al Leone passa tramite Mediobanca.

La strategia di Del Vecchio

La storia si ripete?

La buttiamo lì ma, se mentre Del Vecchio stesse imboccando i giornali con interviste sul futuro di Mediobanca, ma in realtà  l’obiettivo fosse un altro più semplice: vendere Generali, con il consenso del 13% di Mediobanca più le sue azioni e quello di altri azionisti amici, ad esempio ad un altro gruppo francese: Axa.

Guarda caso una storia simile alla sua Luxottica e agli altri business d’Oltralpe come Foncière des Régions che si è fusa con Beni Stabili (l’immobiliare di Del Vecchio). Da anni gli analisti speculano sulle sinergie che nascerebbero tra Generali ed Axa, ma per passare dai numeri ai fatti ci vuole la maggioranza dei voti in assemblea.

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