La Lezione di Ben Bernanke


Il premio Nobel non apri solo i rubinetti, non tagliò sempre i tassi all'inizio del suo mandato fece l'opposto, vediamo perché e cosa ci insegna nella crisi di oggi.


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La differenza è nei dettagli

"Se vuoi capire la geologia, studia i terremoti. Se vuoi capire l'economia, studia la Depressione", Ben Bernanke

Oggi i giornali e blog rispolvereranno tutto il curriculum vita di Ben Bernanke. Ex presidente della Federal Reserve, per due mandati, dal 2006 al 2014 Bernanke, è ricordato come l’uomo che ha portato fuori dal pantano dei mutui subprime l’economia americana, grazie a una politica monetaria estremamente accomodante.

Da ieri Bernanke è anche Nobel per l’economia insieme ad altri due professori Douglas Diamond e Philip Dybvig, il primo dell’università di Chicago, il secondo alla Washington University 

Arrivato al gradino più alto dell’economia, Bernanke, come si può capire anche dalla citazione, era ed è, uno dei massimi studiosi della grande depressione. L’allora professore di Princeton e a Stanford, aveva criticato le politiche monetarie post ’29 accusando, i loro fautori di aver alzato i tassi al posto di ridurli, stringendo ancora di più le briglie di un’economia già fragile, facendo stramazzare il cavallo sfinito a terra.

La ricetta da mettere in pratica sarebbe dovuta essere proprio l’opposta: allentare le briglie, “portare il cavallo allo stagno per farlo bere” e lasciare correre l’economia.

Questo scriveranno i quotidiani.

Ma quando Bernanke arrivò alla Federal Reserve, nel febbraio 2006, fece l’esatto opposto e volutamente. Non abbassò i tassi, li alzò come mostrato nella figura qui sotto.

La differenza è nei dettagli e non è da poco. Abbassare i tassi avrebbe significato continuare ad alimentare quella bolla immobiliare, di cui lui era stato uno dei primi ad accorgersene, quella bolla finanziaria che era stata gonfiata dopo anni di tassi ai minimi e che aveva creato uno dei più lunghi periodi di prosperità dell’economia americana, grazie alle politiche monetarie del predecessore Alan Greespan.

(Di lui, non a ragione, si è ricordato solo questo, ma Greenspan non abbassò sempre i tassi anzi, fu definito “colui che pizzicava i tassi come corde di un violino per rendere armonica l’economia”, negli ultimi anni, la sua politica fu eccessivamente accomodante favorendo la bolla, ma questa è un’altra storia).

Torniamo alla nostra, quella di Ben Bernanke e a quello che ricordano in pochi: il rialzo dei tassi. Bernanke era convinto che gli Usa fossero nel piano di una bolla e che ci fosse urgente motivo di sgonfiarla.

Come si sgonfiano le bolle?

Alzando i tassi, facendo percepire che presto i mutui costeranno di più e, tutti quelli che avevano acquistato casa senza lavoro e senza garanzie o altri asset: NINJA no income, no job no asset ma, soprattutto, le banche e speculatori che avevano lucrato erogando questi soldi, dovessero venire alla luce e affrontare la situazione.

Le bolle, lo ripetiamo spesso, se toccate con uno spillo non si sgonfiano, finora non sono state trovate valvole di sfogo efficaci. Le bolle scoppiano.

E lo sapeva bene anche Bernanke, per quello era pronto a far scattare il piano B, tagliare velocemente i tassi e usare un’arma non convenzionale: il quantitative easing, stampare moneta come non ci fosse un domani per fornire liquidità a un sistema che rischiava il collasso.

Un sistema bancario che aveva bisogno dei rubinetti aperti, anche se questa era stata la causa stessa che aveva creato la bolla.

La lezione di Bernanke non è quella di aprire i rubinetti, il Nobel non lo ha vinto per questo, se lo è meritato perché ha capito quanto importante fosse il sistema bancario al di là dei suoi discutibili personaggi. Non era un problema di dividere tra buoni e cattivi, speculatori e non, bisognava indagare fino in fondo tutte le leve e gli ingranaggi del complesso sistema economico e finanziario per salvare l'economia. Dunque una volta scoppiata la crisi, nessun rialzo dei tassi, ma liquidità anche a costo di aiutare le stesse banche che avevano creato quel problema.

Da qui nasce quella divisione di banche sistemiche, talmente grandi che non possono fallire altrimenti creano effetti domino su tutta l’economia. Banche sistemiche a cui oggi le autorità chiedono riserve maggiori, In Italia Unicredit è una di queste.

La lezione, però, non è finita e come sempre si impara di più da “una depressione” o meglio da un fallimento. E anche Bernanke, che lo vogliamo dire o meno, un errore lo fece. In una lunga notte con al tavolo i banchieri delle principali istituzioni Usa, si decise di far fallire Lehman Brothers e salvare Merril Lynch finita poi sotto l’ala di Bank of America.

Si parlò di moral hazard, rischio morale, “se non puniamo qualcuno, il sistema rimarrà marcio”. Bastava semplicemente distinguere tra le persone , punibili, e il sistema banche, da tenere in vita. In Italia abbiamo una legge Marzano, poi diventata prodi Bis che fa proprio questo, salva le aziende e sbatte in galera chi se lo è meritato, in Usa e il Chapter 11, ma si usa per le aziende

Questo non successe e il crollo di Lehman Brothers, causò a catena il crollo di altre banche, esposte in derivati e altri contratti con Lehman, effetto domino cede una pedina che a sua volta fa cedere le altre.

Due righe a ricordare chi ci guadagnò. Micheal Burry che aveva visto anche lui la bolla dei mutui subprime e puntò al ribasso. Il Tesoro Usa, sotto Obama, che comprò a prezzi stracciati quote di Fannie Mae e Freddie Mac, due riassicuratori americani esposti sui mutui subprime, Warren Buffett che acquistò quote di banche a prezzi molto bassi, parafrasando Nathan Rothschild “Il momento di comprare è quando il sangue scorre nelle strade

Cosa ci insegna oggi Bernanke

Oggi siamo nella situazione diametralmente opposta, stiamo digerendo quell’immensa liquidità che Bernanke e le altre banche centrali, vedi la Bce con Draghi, hanno immesso sul mercato.

L’economia, il cavallo è stato portato allo stagno per farlo bere, insieme però gli hanno somministrato iniezione di liquidità drogandolo senza fine ed ora è imbizzarrito, con l’inflazione che galoppa come non succedeva da decenni negli Usa e in Europa.

La ricetta ora sembra essere quella di Bernanke rovesciata, alzare i tassi, ridurre la liquidità, togliere l’acqua al cavallo.

Sarà, ma forse Bernanke non ci ha insegnato questo, ci ha insegnato che tutto si può fare finché non si rompono gli ingranaggi del sistema e questi sono le banche come lo sono i derivati, le obbligazioni i mercati valutari.

Il rialzo della Fed è stato uno dei più veloci di sempre e rischia di far saltare molte situazioni: vedi i Gilt e i fondi pensioni inglesi, vedi Credit Suisse, ma anche il debito di molti Paesi, senza guardare alle società molto indebitate. Il tutto nel bel mezzo di una guerra.

Ora, non ho mai visto una crisi sgonfiarsi piano piano, sbaglierò, ma il soft lending della Yellen proprio non mi convince.

Bernanke ci ha insegnato che esiste un punto di rottura da non valicare. E forse la Fed di oggi lo sta oltrepassando.

Keynes

E se stavolta a guidare le banche centrali avessimo bisogno non di un monetarista come Bernanke ma di un Keynesiano. Lui sosteneva che “non basta portare un cavallo allo stagno per farlo bere”, della necessità di unire alle politiche monetarie anche le politiche fiscali.

Se, soprattutto in Europa, fossimo in una situazione dove, insieme all’immensa liquidità, a far correre l’inflazione, ci sono anche i costi energetici.

In questo caso, la soluzione non è stampare eurobond solo per ridurre questi costi ma anche per creare infrastrutture in grado di renderci indipendenti dal gas altrui. Ci vorrà tempo. Ma Bernanke non ci impiegò poco e, ora, per digerire tutta questa liquidità senza oltrepassare il punto di rottura ci vorrà del tempo.

Oggi la ricetta è battere l’inflazione in parte con l’inflazione, ridurre il potere di acquisto per far scendere i prezzi, in parte con il rialzo dei tassi.

Sarà, ma alla fine il cavallo prima drogato e poi tenuto a stecchetto, non è che ci schiatta!

Concludiamo con una citazione da Nobel, “La lezione della storia è che non si ottiene una ripresa economica sostenuta finché il sistema finanziario è in crisi” Ben Bernanke.

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