Differenze tra oggi e la bolla alimentata da Internet nel 2000

19/09/2025 06:00
Differenze tra oggi e la bolla alimentata da Internet nel 2000

Il confronto tra l’attuale boom dell’intelligenza artificiale e la bolla delle dot-com del 2000 mette in luce sia similitudini sia differenze sostanziali. Se allora molte aziende si basavano su prospettive future, oggi i leader tecnologici presentano utili e bilanci solidi, pur in un contesto di valutazioni elevate e mercati ai massimi storici.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM

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Prezzi alla produzione della Germania YoY di agosto in uscita oggi alle 8:00 (stima -1.8% da -1.5% di luglio).

PhillyFed di agosto, pari a 23.2 punti, decisamente maggiore rispetto alle attese di 1.7 punti e in forte crescita rispetto a -0.3 punti di luglio ad evidenza del deciso miglioramento del settore manifatturiero nel distretto di Philadelphia. Occorre capire se tale miglioramento è esteso a gran parte degli Stati Uniti. Richieste di sussidi settimanali alla disoccupazione, pari a 231k, minori delle attese di 241k e in flessione rispetto alle 264k unità della scorsa settimana.

Mentre l'indice S&P 500 continua ad aggiornare nuovi massimi storici con regolarità e le capitalizzazioni aumentano, soprattutto per i leader del mercato delle mega-cap, gli investitori stanno cercando di comprendere le somiglianze e le differenze tra oggi e la bolla alimentata da Internet che raggiunse il suo picco nel marzo 2000 prima di crollare. Negli ultimi 150 anni e oltre di evoluzione e innovazione americana, nuove tecnologie come ferrovie e automobili hanno attratto fondi di investimento in un momento o nell'altro e hanno raggiunto valutazioni elevate. La bolla delle dot-com non è stata molto diversa. Quando le tecnologie sono nuove e rivoluzionarie, il comportamento degli investitori e i flussi di investimento sono spesso simili.

Analizzando in dettaglio le fasi iniziali delle tecnologie Internet e l'andamento delle azioni aziendali, confrontandole con l'attuale boom dell'intelligenza artificiale, si notano infatti diverse somiglianze. Innanzitutto, una manciata di titoli e settori ha portato l'S&P 500 a nuovi massimi storici. A marzo 2000, i settori dell'Information Technology e delle Telecomunicazioni (la versione precedente degli odierni Servizi di Comunicazione) rappresentavano quasi il 50% della capitalizzazione totale dell'indice. Oggi, un rapido calcolo ci mostra che i settori della tecnologia, dei servizi di comunicazione e dei beni di consumo discrezionali, tutti dominati da società tecnologiche e di fascia alta, rappresentano poco più del 55% della capitalizzazione totale dell'S&P 500. E proprio come allora, da 5 a 10 aziende sono state le vere e proprie determinanti che hanno portato l'indice a una serie di nuovi massimi storici negli ultimi due anni. E tutte queste aziende hanno un legame con l'intelligenza artificiale, proprio come i driver di mercato nella bolla delle dot-com erano praticamente tutti legati allo sviluppo di Internet.

Inoltre, entrambi i periodi hanno visto massicci aumenti delle valutazioni in termini di multipli prezzo/utili (P/E), poiché i titoli azionari growth a grande capitalizzazione legati alla nuova tecnologia rivoluzionaria hanno spinto l'indice a livelli ed a valutazioni record.

Ci sono differenze importanti tra allora e oggi. Forse la cosa più importante è che i titoli a grande capitalizzazione che hanno trainato il boom dell'intelligenza artificiale hanno ricavi e bilanci solidi, e soprattutto flussi di cassa robusti (negli anni 2000 non era così). Durante il boom delle dot-com, molte società a grande capitalizzazione ad alta valutazione, che guidavano l'indice, erano infatti quotate in base ai potenziali ricavi e soprattutto flussi di cassa futuri piuttosto che alle performance attuali.

L'indice S&P 500 include in generale società con bilanci solidi e un potenziale di crescita resiliente. Riteniamo che il trend dell'intelligenza artificiale continuerà, ma il rallentamento dell'economia e l'aumento dell'inflazione potrebbero pesare su alcuni settori dell'indice nei prossimi trimestri.

È quindi possibile che gli investitori mantengano un rating favorevole sull'esposizione alle large cap, ma ne riducano però gradualmente l'esposizione, riducendo il peso dei titoli in cui ravvisiamo valutazioni elevate o una maggiore debolezza dei fondamentali.

Siamo favorevoli a una riallocazione da questi declassamenti verso settori meno costosi legati all'IA, ad esempio l'Information Technology o l'Industria. Vediamo anche gli investitori ancora favorevoli al settore finanziario, dove il calo dei tassi di interesse dovrebbe sostenere il settore. L'obiettivo è mantenere una visione favorevole delle tendenze legate all'IA, ma proteggere il capitale riducendo e riallocando selettivamente.

Per gli investitori riteniamo quindi importante in questa fase di tassi di interesse calanti:

non sottovalutare le small cap. Mentre l'indice S&P 500 si attesta al 35% sopra i massimi del 2021, le small cap sono ancora bloccate al di sotto dei loro picchi del 2021. Questo ci segnala che il mercato e l'economia non sono totalmente scollegati. I componenti dell'indice Russell 2000® tendono a rappresentare aziende più vicine all'economia e alla finanza, che potrebbero beneficiare dell'aiuto della Fed, a differenza dei titoli AI che stanno già performando bene. Tuttavia, il recente rally delle small cap segue una solida stagione degli utili (con l'utile per azione del Russell 2000 in crescita del +6%, in vantaggio di 1200 punti base rispetto al consenso) e le aspettative di un allentamento più aggressivo della Fed;

assicurarsi di avere dei supporti per il portafoglio. Vediamo gli investitori continuare a valutare l'aumento (o l'aggiunta) dell'esposizione all'oro quest'anno, con un'azione più aggressiva negli ultimi mesi. L'oro ha superato i 3.500 dollari l'oncia, con un rialzo di quasi il 40% da inizio anno (YTD), e continua a essere richiesto in base alle aspettative di taglio dei tassi statunitensi e alla domanda delle banche centrali. Anche i flussi sono aumentati, con i fondi auriferi che hanno registrato il quarto afflusso settimanale più grande mai registrato, a dimostrazione del fatto che gli investitori stanno iniziando a prenderne atto;

non dimenticarsi dell'internazionalizzazione. Mentre il mercato MEGA (Make Europe Great Again) potrebbe aver preso fiato grazie all'ennesimo sconvolgimento in Francia, le azioni asiatiche hanno registrato un'impennata, guidate da Cina e Corea del Sud. Anche il Giappone è riuscito a guardare oltre le elezioni e a continuare a registrare guadagni nell'ultima settimana. Rileviamo diversi fattori a sostegno dell'attuale rivalutazione di questi mercati asiatici poco costosi. Tra i fattori chiave figurano un dollaro più debole, imminenti tagli dei tassi e catalizzatori specifici per paese, come il Corporate Value-up Program in Corea del Sud e l'accelerazione delle riforme della Borsa di Tokyo (TSE) in Giappone. La Cina ha inoltre beneficiato di solidi utili e aggiornamenti sull'intelligenza artificiale da parte dei suoi principali giganti di Internet, nonché di politiche nazionali simili a quelle degli Stati Uniti in materia di produzione di semiconduttori;

giocare in attacco con la difesa. Considerati alcuni dei conflitti geopolitici più intensi, sembra opportuno ribadire un tema chiave per il 2025 che ha continuato a manifestarsi. La spesa per la difesa in rapporto al PIL continua ad aumentare nei paesi della NATO e non si vede la fine dei conflitti geopolitici in tutto il mondo. Abbiamo assistito ad una crescita molto forte degli utili da parte di molte aziende del settore aerospaziale e della difesa e vale la pena sottolineare nuovamente le opportunità in questo ambito, data l'escalation delle tensioni della scorsa settimana. Si tratta di un tema di crescita duraturo che spazia dalla robotica, ai droni fino ai software di comunicazione necessari per condurre guerre sempre più remote. Ci sono opportunità di visibilità in tutto lo spettro della capitalizzazione di mercato. È un discorso cinico, lo sappiamo. Ma i mercati sono così.

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