Dopo le elezioni la decisione della Fed

Le previsioni sono tutte per un taglio dei tassi da 25 punti base ma la giornata elettorale ha ridotto le attese per una nuova riduzione del costo del denaro per il mese di dicembre.
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Verso la decisione della Fed
Iniziata oggi la due giorni di riunione della Federal Reserve che si concluderà domani con la decisione sui tassi di interesse. Le previsioni sono tutte per un taglio da 25 punti base: Refinitiv le calcola al 98,5% e i trader indicano un 97,5% (fonte FedWatch Tool di CME Group). In questo caso, il range dei tassi scenderebbe al 4,50%-4,75%. Per quanto riguarda il meeting successivo (17-18 dicembre), le elezioni statunitense hanno ridotto le attese di un nuovo taglio, sempre da 25 punti base, ridotte dal 77% di lunedì all’attuale 66%.
Alla fine della riunione non verranno pubblicate nuove proiezioni economiche, pertanto il focus sarà esclusivamente sul comunicato stampa e sulla riunione del Presidente Jerome Powell.
Le previsioni degli analisti
Secondo Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia, la decisione della Fed dovrebbe “riflettere la diminuzione delle preoccupazioni sull'inflazione e l’aumento dei timori sul mercato del lavoro”. La lettura dell'inflazione di settembre del 2,4%, spiega l'esperto, suggerisce che “l'aggressivo ciclo di restringimento e l’atteggiamento restrittivo della Fed è stato efficace”. Efficacia “anche eccessiva”, prosegue l’esperto, “visto che il mercato del lavoro nel mese di ottobre ha mostrato un dato molto debole nella creazione di posti di lavoro (+12mila valore più basso da dicembre 2020)”.
"I recenti dati economici supportano la causa dell'allentamento monetario," afferma Filippo Diodovich, precisando che l’attenzione degli addetti ai lavori si concentrerà sul comunicato e sulle parole di Jerome Powell per capire quale sarà il sentiero dei tagli dei tassi di interesse nei prossimi mesi.
Di “raffreddamento del mercato del lavoro negli USA” parla anche Gero Jung, Chief Economist di Mirabaud Asset Management, anche se sottolinea che i dati di ottobre sono stati “chiaramente influenzati da fattori esogeni, tra cui condizioni meteorologiche avverse e gli scioperi alla Boeing”. In particolare, i dati sulle buste paga di ottobre hanno subìto un notevole rallentamento rispetto al dato rivisto di settembre.
“Sebbene sia difficile valutare con precisione gli effetti degli uragani, continuiamo a mantenere il nostro scenario di base di soft landing, che prevede un raffreddamento del mercato del lavoro, ma non un calo drastico. In linea con questo scenario, è probabile che la Federal Reserve continui a ridurre i tassi di interesse e ci aspettiamo un altro taglio di 25 punti base alla fine della riunione di domani”, prevede Jung.
Nessuna grande novità da Powell
Un taglio da 25 pb è previsto anche dagli analisti di Bank of America sulla base di un report sul lavoro di ottobre “abbastanza debole da assicurare una riduzione a novembre (anche a dispetto delle distorsioni create da uragani e scioperi), aumentando al contempo le chance per un taglio a dicembre”. Dalla conferenza stampa “non dovrebbero emergere grandi novità, con Powell che è atteso ribadire che l’economia rimane solida”, mentre “i dati sul mercato del lavoro di ottobre non dovrebbero essere menzionati, anche se è possibile che il Presidente della Fed faccia riferimento alle revisioni dei NFP di agosto e settembre, interpretandole come fonte di preoccupazione”, prevedono da BofA.
Per Goldman Sachs gli ultimi dati supportano un taglio dei tassi da 25 punti base e, nel comunicato stampa, il board potrebbe limitarsi a dire che la disoccupazione rimane bassa, riconoscendo magari l’incertezza creata dagli uragani, e non dovrebbe essere fornita una guidance sulle prossime riunioni.
Possibile impatto dalle elezioni?
Sui mercati, intanto, il risultato delle elezioni USA resta al centro dell’attenzione e “lo sarà almeno fino a domani quando si aggiungerà la riunione della Fed, che a questo punto assume più importanza per la necessità di intuire cambiamenti di atteggiamento in vista della politica che verrà attuata dalla nuova amministrazione”, ricordano gli analisti di Unicredit.
“La promessa di politiche protezionistiche sta facendo apprezzare il dollaro statunitense, che sta guadagnando rispetto a tutte le altre principali valute – questo potrebbe portare a maggiori pressioni inflazionistiche di cui la Fed dovrà tener conto nel lungo termine, ma non ci aspettiamo che la politica monetaria della banca centrale subirà una variazione da qui a fine anno”, prevede Diodovich.
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