È bolla a Wall Street secondo l’indicatore Buffett

È bolla a Wall Street secondo l’indicatore Buffett

La valutazione complessiva del mercato azionario negli USA ha superato i livelli della bolla delle dotcom e del Covid, ma sono in diversi a scommettere che continuerà a correre.

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Wall Street in ipercomprato secondo Buffett

A Wall Street è in corso un rally che ignora anche lo shutdown delle attività governative statunitensi e che ha portato l’S&P500 a mettere a segno 27 record da giugno, l’ultimo alla chiusura di ieri.

Sono in molti a parlare di ‘bolla’ sul modello di quella delle dotcom scoppiata nel 2000, per un mercato che sembra in presa alla FOMO, ovvero dalla paura di perdersi un’occasione ghiotta determinata dalla crescita dell’intelligenza artificiale.

La conferma di una bolla arriva anche da alcuni strumenti di rilevamento della ‘temperatura’ di Wall Street, ovvero il cosiddetto ‘indicatore di Buffett’, balzato nell’ultimo periodo al 218%, oltre i massimi dell’era dotcom (190%) e del periodo Covid, attestandosi ad un livello che l’Oracolo di Omaha ritiene che il mercato stia “giocando con il fuoco”.

Cos’è l’indicatore di Buffet

L'indicatore di Buffett è un rapporto finanziario che misura la valutazione complessiva del mercato azionario di un paese rispetto alla sua economia reale. Prende il nome da Warren Buffett, leggendario investitore che lo definì "la migliore misura singola per valutare la posizione delle valutazioni in un dato momento".

Si calcola dividendo la capitalizzazione totale del mercato azionario di un paese per il suo Prodotto Interno Lordo (PIL) e moltiplicando per 100:

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Un valore elevato dell'indicatore indica che il mercato azionario è sopravvalutato rispetto all'economia reale, segnalando potenziali rischi di correzioni o ribassi futuri.

Una valutazione attorno al 70-80% significa che c'è ancora spazio per acquistare, mentre la convenienza si riduce al crescere dell'indicatore. Valori che superano il 200% sono estremamente pericolosi e stanno ad indicare l'alta probabilità di scoppio di una bolla, perché il mercato azionario sta crescendo molto più velocemente dell'economia reale e non rispecchia più i fondamentali.

Storicamente, valori molto alti (oltre il 150-200%) hanno anticipato fasi di crisi, ma l'indicatore è uno strumento di valutazione generale e non predice con precisione il timing delle correzioni di mercato.

Anche altri indicatori stanno inviando segnali analoghi al mercato azionario. Il rapporto prezzo/fatturato dell'S&P 500 ha raggiunto quota 3,33, un livello completamente fuori dalla norma, dal momento che questo indice ha raggiunto il 3,27 durante il boom post Covid e solo il 2,27 prima dello scoppio della bolla delle dotcom.

La spinta dell’AI può continuare?

Per il futuro, alcuni analisti ritengono che il boom dell’AI abbia ancora spazio per crescere, mentre altri non ne sono così convinti.

Sam Altman, amministratore delegato di OpenAI e figura centrale del settore, è tra quelli che ne sono meno sicuri: parlando con i giornalisti, ha paragonato l’attuale frenesia sull’AI alla bolla dotcom degli anni ’90, quando le valutazioni delle aziende internet schizzarono alle stelle prima di crollare.

“Quando scoppiano le bolle, le persone intelligenti si fanno prendere troppo dall’entusiasmo per un nocciolo di verità”, ha detto Altman, secondo quanto riportato da The Verge. “Guardando alla maggior parte delle bolle della storia, come quella tecnologica, c’era qualcosa di reale. La tecnologia era davvero importante. Internet era un’enorme rivoluzione. La gente si è fatta prendere dall’euforia”.

“Siamo in una fase in cui gli investitori nel complesso sono troppo eccitati per l’AI? La mia opinione è sì”, ha detto. “L’AI è la cosa più importante accaduta da molto tempo? Anche questa è la mia opinione”, ha aggiunto.

Il manager ha poi avvertito che alcuni investitori rischiano di bruciarsi man mano che l’hype si sgonfierà, ma ha ribadito che il valore a lungo termine dell’intelligenza artificiale supererà le perdite di breve periodo.

Chi invece è ottimista è Dan Ives di Wedbush, il quale ha dichiarato a Fortune che “la rivoluzione AI alimenterà un mercato rialzista tech per i prossimi 2-3 anni almeno”. “Parliamo di trilioni investiti nella costruzione di questa Quarta Rivoluzione Industriale. Potrebbe esserci un eccesso in alcune aree del mercato privato, ma in definitiva non vediamo una bolla. Questo è un momento 1996, con ancora molta strada da fare, non un momento 1999”, ha scritto via email.

Anche Richard Saperstein, chief investment officer di Treasury Partners, ha minimizzato i rischi, notando che i colossi tecnologici restano il motore del mercato. Le big tech “hanno guidato il mercato al rialzo e continueranno a dominare la performance”, prevedeva l’esperto, citando le aspettative di crescita degli utili, il forte reinvestimento dei flussi di cassa e l’espansione della loro presenza globale.

Pertanto, Saperstein consiglia agli investitori di restare pienamente esposti alle azioni statunitensi, in particolare ai titoli tecnologici a grande capitalizzazione, indicando tra i fattori strutturali di sostegno la deregolamentazione, il ritorno delle produzioni in patria e il trattamento fiscale favorevole degli investimenti, che a suo avviso sosterranno sia la performance aziendale sia la crescita economica nei prossimi anni.

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