Eni avvia l’emissione del primo bond ibrido “perpetuo”


L’emissione in due tranche dedicate a investitori istituzionali per un importo complessivo di 5 miliardi. Il titolo in positivo dell’1,46% alle 12 mentre le quotazioni del petrolio risalgono la china.


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Emissione in due tranche rivolta a istituzionali

Ieri la società energetica ha annunciato il collocamento del suo primo bond perpetuo «ibrido in due tranche, di importo benchmark in euro» per un importo complessivo non superiore a 5 miliardi di euro. L’operazione era stata anticipata dal cda della società il 1° ottobre ed è dedicata a investitori istituzionali.

Secondo il servizio di Refinitiv, Ifr, la prima tranche callable a partire dal 13 ottobre 2025 avrà un rendimento in area 3,25%, la seconda, al 13 luglio 2029, del 3,87%.

Eni ha incaricato Barclays, BNP Paribas e Goldman Sachs International, in qualità di Joint Structuring Agents e Joint Global Coordinators, di organizzare una serie di call con gli investitori. Moody’s ha già assegnato rating Baa3 all’emissione.

Sempre ieri Goldman Sachs ha confermato il titolo Eni tra le proprie top pick nel settore oil e ha assegnato la raccomandazione buy con prezzo obiettivo a 12 euro. Alle 12 a Piazza Affari Eni segna un guadagno dell’1,46% a 6,78 euro.

Il petrolio rialza la testa

Questa mattina il petrolio ha aperto la giornata con un rialzo dello 0,5% dopo la performance di ieri con un +5/6%. Alle 12 il Brent registra un +1,24% a 41,80 dollari al barile e il Wti +1,20% a 39,67 dollari.

Il rimbalzo delle materie prime va in scia alla notizia delle dimissioni di Donald Trump dall’ospedale e le rassicurazioni sulla sua salute dopo il ricovero per l’infezione da Coronavirus. Il presidente uscente adesso si deve impegnare per recuperare i 14 punti di distacco che lo separano dal suo rivale Joe Biden nella corsa alle prossime presidenziali (Trump 39% dei consensi Biden 54%).

Il settore petrolifero deve ancora fare i conti con diverse criticità: uno sciopero dei lavoratori norvegesi (con la produzione ridotta a 330mila barili al giorno), il Coronavirus e la ripresa dei combattimenti nella regione del Nagorno-Karabakh che mettono a rischio il rifornimento di oleodotti e gasdotti. Intanto la Libia ha raggiunto i 300mila barili al giorno di offerta.

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