Eni e la profezia di Goldman Sachs: con l’auto elettrica addio petrolio


La banca Usa prevede un rialzo del greggio fino a 75 dollari al barile, ma nel lungo periodo la domanda è destinata a calare: il “plateau” potrebbe essere nel 2026. La compagnia italiana ha un piano di transizione energetica che punta sul gas, sull’idrogeno e sull’energia rinnovabile. Ma per i dividendi tutto dipende ancora dal prezzo del barile.


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Il 43% della domanda mondiale di petrolio è destinato alla circolazione dei veicoli.

Scommettere sul rialzo del petrolio va bene, purché l’investimento non sia di lungo periodo. Parola di Goldman Sachs, che in uno studio di pochi giorni fa, reso pubblico da Bloomberg, conferma la sua visione positiva sulle quotazioni del greggio nel breve periodo, grazie alla crescita della domanda. Ma se si allunga lo sguardo a dopo il 2025, la banca americana vede una domanda “anemica” di petrolio per il settore trasporti.

Secondo Goldman Sachs, le politiche dei governi che spingono per avere veicoli più efficienti e con meno emissioni avranno il loro effetto sulla domanda complessiva di idrocarburi, dato che il maggiore consumo di petrolio a livello mondiale avviene nel settore del trasporto. Basti pensare che il 43% della domanda complessiva di greggio serve a fare circolare i veicoli per passeggeri.

Per la banca Usa i consumi di greggio non risaliranno ai livelli pre-pandemia.

Grazie a un’ampia diffusione delle auto elettriche, Goldman si aspetta che la domanda complessiva di petrolio raggiunga il picco nel 2026, restando comunque al di sotto del livello massimo toccato nel 2019, ultimo anno prima della pandemia.

La domanda di idrocarburi del settore trasporti diminuirà non soltanto per la diffusione dei veicoli elettrici, ma anche perché la pandemia ha avviato un cambiamento nel modo di vivere delle persone che è destinato a restare permanente, con sempre più persone che lavoreranno da casa e useranno meno l’auto per spostamenti quotidiani.

Detto ciò, di sicuro il petrolio non uscirà dalla nostra vita. Nel medio-lungo termine i consumi saranno sostenuti dalla ripresa del trasporto aereo e dallo sviluppo del settore petrolchimico, guidato dalla crescita economica mondiale, in particolare nei mercati emergenti.

La previsione di Wood Mackenzie: le compagnie petrolifere devono trasformarsi.

Sull’evoluzione delle quotazioni nel breve periodo Goldman Sachs continua a essere rialzista e conferma la previsione rilasciata all’inizio del mese, dicendo che durante la prossima estate ci sarà una forte crescita della domanda mondiale di petrolio e il prezzo del Brent salirà nel terzo trimestre di quest’anno a 75 dollari al barile, dagli attuali 67 dollari.

La previsione di Goldman Sachs è più drastica di quella dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), che prevede che la domanda di greggio continuerà a crescere fino al 2030, quando raggiungerà un “plateau”.

Wood Mackenzie, la rinomata società inglese di analisi sul settore energia, vede un rischio molto forte per le compagnie petrolifere che non si affrettano ad accelerare sui programmi di transizione energetica. La sua previsione è che se i governi che hanno firmato l’accordo sul clima di Parigi si impegnano davvero a realizzare gli obiettivi concordati in tema di riduzione delle emissioni, i consumi di petrolio raggiungeranno il loro picco fra due anni, nel 2023, dopodiché inizieranno a scendere.

Eni punta sul bio-fuel, sull’idrogeno, sull’energia rinnovabile e soprattutto sul gas.

Al pari di tutte le principali compagnie petrolifere del mondo, Eni ha redatto un piano per la transizione energetica che punta a fare diventare la società “carbon neutral” entro il 2050. Il piano prevede un graduale calo della produzione di petrolio (il “plateau” è previsto nel 2025) a vantaggio di una maggiore produzione di gas, che raggiungerà il 60% dell’output totale nel 2030 e l’85% nel 2050. Partendo dal gas, Eni produrrà idrogeno “blu”, così chiamato perché l’anidride carbonica che si sviluppa nella fase di produzione non viene rilasciata nell’atmosfera, ma viene catturata e immagazzinata sottoterra nei giacimenti di gas esauriti. Inoltre sono previsti forti investimenti per sviluppare il bio-fuel e la produzione di energia da fonti rinnovabili, con l’obiettivo di 55 GW di capacità installata nel 2050.

Nel frattempo, il conto economico continua a dipendere dai quantitativi di petrolio prodotto e venduto e dal suo prezzo. Da qui al 2023 la produzione è destinata a salire a un tasso medio annuo del 3,5%. E per quanto riguarda la remunerazione degli azionisti, il grafico qui sopra mostra la relazione fra il dividendo e il prezzo medio del petrolio. A partire da 43 dollari al barile, è assicurata una cedola annua minima di 0,36 euro, che può salire fino a 0,86 euro se il prezzo medio annuo del greggio si confermasse all’attuale livello di 66 dollari al barile. Al prezzo attuale dell’azione Eni (10,35 euro), un dividendo di 86 centesimi corrisponderebbe a un rendimento dell’8,3%.

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