Eni tra i big in corsa per nuovi giacimenti in Libia

Il gruppo italiano è tra i protagonisti della prima gara esplorativa avviata dalla Libia dal 2011. In corsa 22 nuovi blocchi, tra onshore e offshore. Il Paese nordafricano punta a raddoppiare la produzione entro il 2030, ed Eni, che già estrae oltre 160 mila boed, punta a consolidare la sua centralità nella partita energetica del Mediterraneo.
Indice dei contenuti
Nuove esplorazioni in un Paese strategico per la produzione
Dopo anni di instabilità, la Libia prova a rilanciare il proprio settore energetico con l’aiuto delle major internazionali. Il gruppo Eni è tra i 37 operatori che hanno espresso interesse per il nuovo round esplorativo annunciato dalla National Oil Corporation (NOC), il primo dall’inizio della guerra civile nel 2011. Insieme a ExxonMobil, Chevron e TotalEnergies, il Cane a sei zampe intende rafforzare la propria presenza in un’area strategica tanto sul piano energetico quanto su quello geopolitico.
Il bando prevede l’assegnazione di 22 blocchi, con contratti che saranno firmati entro la fine del 2025. L’obiettivo delle autorità libiche è portare la produzione di greggio a 2 milioni di barili al giorno entro il 2030, rispetto agli attuali 1,4 milioni. Un traguardo ambizioso, considerando che l’ultimo picco — 1,75 milioni di barili/giorno — risale al 2006, prima della caduta del regime di Gheddafi.
LA PRODUZIONE DI PETROLIO IN LIBIA DALLA CADUTA DI GHEDDAFI
La Libia vale il 15% della produzione Eni
Eni è già il primo produttore internazionale in Libia, con una produzione di circa 168 mila barili di olio equivalente al giorno (boed) nel 2023, pari a circa il 15% del totale globale del gruppo, che lo scorso anno ha raggiunto 1,64 milioni di boed. La compagnia opera nel Paese attraverso la joint venture Mellitah Oil & Gas, controllata al 50% insieme alla NOC. I principali asset includono giacimenti a terra e offshore, oltre a impianti per la produzione e l’esportazione di gas verso l’Italia.
Il progetto più rilevante attualmente in sviluppo è “Structures A&E”, un’infrastruttura offshore da 8 miliardi di dollari che dovrebbe entrare in produzione nel 2026, con una capacità di 750 milioni di piedi cubi di gas al giorno. Si tratta di una componente chiave della strategia di diversificazione di Eni dopo la crisi energetica post-Ucraina: più gas dall’Africa per sostituire le forniture russe.
Produzione da potenziare, ma resta il rischio politico
La nuova fase esplorativa si inserisce in un contesto di rilancio più ampio. In un’intervista a Bloomberg, il presidente della NOC, Massoud Seliman, ha spiegato che il governo libico ha presentato un piano di investimenti da 3 miliardi di dollari per aumentare la produzione a 1,6 milioni di barili al giorno già nel breve periodo. Una parte di questi fondi sarà destinata allo sviluppo dei giacimenti Sharara e North Jalo, in collaborazione con partner internazionali come TotalEnergies, Repsol, OMV e Equinor.
L'interesse di Eni, e più in generale delle oil major, si scontra tuttavia con le incognite politiche. La Libia rimane divisa tra due governi rivali e il rischio di nuove interruzioni produttive — causate da tensioni interne o da sabotaggi infrastrutturali — non è da escludere.
Il governo di Tripoli (riconosciuto dall’Onu) controlla la compagnia petrolifera nazionale, la National oil corporation (Noc), e la Banca centrale, riscuotendo quindi i proventi della produzione di idrocarburi. Le forze del generale Haftar, con sede a Bengasi, controllano l’intera “mezzaluna del petrolio” nell’Est del Paese e la maggior parte dei porti petroliferi della Libia. Dopo un lungo periodo di insicurezza, violenze fratricide e divisioni, i due schieramenti sono giunti nel 2022 a un accordo che ha permesso la ripresa della produzione ed esportazione di petrolio, con un’ormai certa divisione dei guadagni.
Implicazioni per il titolo Eni
Per gli investitori, il rafforzamento di Eni in Libia rappresenta un segnale positivo in termini di consolidamento delle fonti di approvvigionamento energetico, soprattutto nel gas. L’espansione in un’area a basso costo di produzione può sostenere la redditività del gruppo nel medio periodo, soprattutto in un contesto di alta volatilità sui mercati globali delle materie prime, anche se resta il nodo geopolitico della Libia che continua a rappresentare un rischio da monitorare.
Eni annuncerà 24 luglio i risultati del secondo trimestre, con il consensus che stima ricavi a 21,4 miliardi di euro (da 21,7 miliardi nello stesso periodo del 2024) e un utile di 935 milioni (+41%). Questi risultati dovrebbero permettere di confermare la previsione di un utile di 3,8 miliardi per l’intero 2025 e la conseguente distribuzione di dividendi in grado di dare un rendimento superiore al 7,5%.
Stamattina JP Morgan ha confermato la raccomandazione Buy e il target price di 16 euro. La media dei target price dei 23 analisti che coprono il titolo è 14,7 euro (+6% sull’attuale quotazione di 13,96 euro).
La Finestra sui Mercati
Tutte le mattine la newsletter con le idee di investimento!
