L'era dei chip: il mondo dei semiconduttori dagli albori ad oggi


Un settore in crescita strutturale che è sempre meno volatile e sempre più redditizio.

A cura di Davit Khachatryan e Edmund Yuen, Research Analysts presso Vontobel


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Più redditività, meno volatilità

Per anni, il comparto dei semiconduttori è stato caratterizzato da ciclicità estrema e redditività mediocre, a causa della rapida evoluzione delle tecnologie per chip e dell'aspra competizione. Nel corso delle ordinarie oscillazioni di domanda e offerta, gli utili potevano scomparire del tutto se i produttori di chip decidevano di praticare ampi tagli dei prezzi. In breve, la crescita del settore non si traduceva in un rendimento interessante sul capitale.

Nell'ultimo decennio, però, si sono verificati alcuni cambiamenti che hanno trasformato lo status quo. In particolare, la domanda di semiconduttori si è diversificata poiché la tendenza persistente verso la digitalizzazione della nostra economia complessivamente intesa ha aperto la strada a nuovi mercati finali. Nel contempo, i fornitori sono diventati più disciplinati per effetto di una crescente complessità tecnologica e di un maggiore consolidamento. Di conseguenza, benché la ciclicità non sia scomparsa, gli analisti di Vontobel ritengono che questo settore abbia inaugurato una nuova fase di crescita, caratterizzata da una redditività più elevata e da una minore volatilità degli utili.

Cosa sono i semiconduttori?

A cosa dobbiamo l'alta velocità di una connessione Internet, le funzioni intelligenti del nostro cellulare o le caratteristiche di maggior sicurezza ed efficienza di molti altri prodotti di consumo, dalle automobili ai condizionatori d'aria? Lo dobbiamo a loro: i chip a semiconduttori.

Questi chip costituiscono il sistema nervoso centrale di tutti o quasi tutti i prodotti elettronici poiché regolano i flussi di elettricità per elaborare, archiviare e trasmettere dati. La maggior parte delle persone conosce benissimo le aziende tecnologiche leader della nostra epoca, note come FAANG (ossia Facebook, Amazon, Apple, Netflix, Google), mentre le società di semiconduttori sono spesso misconosciute, poiché operano dietro le quinte. Eppure non sono meno importanti delle altre per il buon funzionamento dell'economia digitale del XXI secolo.

Senza i chip, anche operazioni apparentemente banali come inviare una e-mail, creare un foglio di lavoro o lanciare una ricerca su Google sarebbero impossibili. I semiconduttori svolgono un ruolo chiave anche per le tecnologie emergenti, come l'intelligenza artificiale (IA), l'Internet delle Cose, il quantum computing, le reti wireless avanzate (5G) e molte altre. Di conseguenza, il settore dei semiconduttori sembra offrire agli investitori un'interessante opportunità di crescita. I ricavi di questo comparto a livello globale sono infatti cresciuti ad un tasso storico che supera di oltre due volte quello del PIL mondiale, tanto che oggi il settore vale ben 450 miliardi di dollari USA.

Gli albori: un settore aspramente competitivo e ciclico

Dalla fine degli anni Novanta ai primi anni Dieci del nostro secolo, le barriere d'ingresso relativamente ridotte e il boom dell'elettronica di consumo hanno portato un grande afflusso di nuovi operatori nel settore. Ma i profitti erano modesti: quando l'offerta di chip raggiungeva livelli elevati, l'accesa concorrenza riduceva il potere contrattuale dei produttori. Di conseguenza, gran parte della crescita di volume nel settore veniva controbilanciata dalla pressione sui prezzi. Eventuali risparmi sui costi di produzione erano necessariamente trasferiti ai consumatori. A causa di queste dinamiche, i rendimenti sul capitale nel settore dei semiconduttori non sono mai stati spettacolari. Tanto è vero che, dal 1997 al 2012, tutti i relativi segmenti (ad eccezione dei microprocessori e dei sotto-segmenti fabless) non sono stati in grado di generare profitti economici significativi.

I cicli di espansione e contrazione dei semiconduttori sono diventati proverbiali. Nelle fasi propizie, i produttori di chip non riuscivano quasi a tenere il passo con la domanda e dovevano investire per ampliare la capacità di produzione. Tuttavia, non potendo contare su alcuna visibilità degli ordinativi a lungo termine, quegli stessi produttori spesso sovrastimavano la domanda, finendo per investire troppe risorse negli aumenti di capacità. Come se non bastasse, questa produzione in eccesso non veniva assorbita dal mercato, traducendosi invece in un accumulo di scorte. Data la velocità con cui si evolvono le tecnologie per chip, le società più all'avanguardia erano costrette a tagliare fortemente i prezzi, per non rischiare che le scorte diventassero obsolete con l'arrivo di nuove tecnologie sul mercato.

Questo circolo vizioso è particolarmente evidente nel sotto-segmento dei chip di memoria, considerato il più ciclico del settore. Durante la crisi finanziaria del 2008, i produttori di PC hanno iniziato a ridurre gli ordinativi di memorie DRAM, una tipologia specifica di chip che archivia dati in celle di memoria. I fornitori di DRAM hanno reagito abbassando fortemente i prezzi per liberarsi del maggior volume possibile di prodotti e monetizzare in tal modo le scorte. Di conseguenza, i prezzi dei chip DRAM sono crollati, provocando una flessione dei ricavi pari al 50%.

Le imprese nel settore dei semiconduttori tendono inoltre ad avere una base considerevole di costi fissi, il che amplifica ulteriormente l'impatto sugli utili nelle fasi di contrazione. Per restare competitivi e rimanere al passo con le continue innovazioni che riguardano il loro settore, i produttori di chip devono investire molto in ricerca e sviluppo sia nelle fasi di espansione che in quelle di contrazione. Oltretutto, in passato, molti produttori di chip adoperavano impianti di fabbricazione in-house, di conseguenza i costi di produzione erano in buona parte fissi, a prescindere dalla capacità di utilizzo. Pertanto, le oscillazioni dei ricavi potevano ripercuotersi in misura sproporzionata sugli utili, un fenomeno che si è manifestato molto chiaramente in precedenti cicli di contrazione del settore (Figura 2). In particolare, durante la crisi finanziaria globale del 2008-2009, i componenti dell'indice SOX (un indice ponderato in base alla capitalizzazione di mercato e contenente 30 società di semiconduttori) ha registrato una flessione del fatturato pari al 24%, mentre l'utile operativo è crollato del 67%. Nessuna sorpresa, dunque, se il rendimento per gli azionisti in quel periodo è stato fortemente negativo (-47%).

Una nuova normalità, più redditizia e meno volatile?

Negli ultimi anni, le società di semiconduttori hanno generato una crescita degli utili meno volatile e rendimenti sul capitale più elevati. Alcuni segmenti del settore hanno persino iniziato a registrare comportamenti oligopolistici. Queste nuove dinamiche sono sostenibili nel tempo? Secondo i due analisti di Vontobel, la risposta è sì: la domanda nel settore si è diversificata con l'apertura di mercati finali più interessanti, mentre l'offerta è divenuta strutturalmente più disciplinata per effetto di una crescente complessità tecnologica e di un maggiore consolidamento.

L'ampliamento della domanda finale

Tra gli anni Novanta del secolo scorso e il 2010, il motore della crescita nel settore dei semiconduttori è stato il mercato finale dell'elettronica di consumo, a cui è stato ascrivibile oltre il 55% dei ricavi fino al 2009. L'elettronica di consumo tende ad avere cicli di vita brevi dei prodotti (fino a 18 mesi) poiché i consumatori cambiano frequentemente dispositivi. Ogni nuova generazione di prodotti offre tecnologie più innovative e più veloci, pertanto i canali di vendita hanno l'assoluta necessità di liquidare le vecchie scorte prima del lancio delle nuove versioni. In passato, questo meccanismo si è tradotto in cicli frequenti e marcati per i produttori di chip, che non hanno mai avuto scrupoli nell'abbattere i prezzi.

Oggi, invece, gran parte della crescita del settore è alimentata dal maggiore utilizzo dei semiconduttori in mercati finali diversi da quelli al consumo come il comparto automobilistico, i prodotti industriali, le attrezzature per le comunicazioni e i centri dati. Ad esempio, il costo medio dei semiconduttori per automobile è più che triplicato negli ultimi due decenni, passando da 150 a 475 dollari USA, grazie alla progressiva diffusione di motorizzazioni elettriche e sistemi di automazione nei veicoli. Inoltre, la transizione verso un'economia sempre più incentrata sui dati è appena agli inizi. Secondo alcune stime, il volume di dati che creeremo nei prossimi tre anni probabilmente supererà quello raggiunto negli ultimi tre decenni. Il fabbisogno di centri dati e di servizi per infrastrutture in cloud continuerà inevitabilmente a crescere, a tutto vantaggio dei semiconduttori per computer (ad es. GPU, ASIC) e dei chip di memoria. Il mercato finale dei server, infatti, ha già superato quello dei PC in termini di percentuale relativa alle spedizioni di memorie DRAM, che rappresentano oggi un terzo della domanda rispetto al 10-15% di alcuni anni fa.

In seguito a questi cambiamenti, la quota dei ricavi di settore ascrivibile all'elettronica di consumo è scesa sotto il 50% negli ultimi quattro anni. L'ovvia implicazione è che la domanda finale è oggi caratterizzata da una maggiore diversificazione e questo riduce l'impatto dei cicli dell'elettronica di consumo sui ricavi del settore. I nuovi mercati finali B2B, inoltre, hanno una clientela con margini più elevati. Il costo dei chip in genere rappresenta una quota minima del costo di produzione totale (bassa spesa per materiali). Di conseguenza, i clienti tendono ad essere meno sensibili riguardo al prezzo e, dunque, i produttori di chip sono in grado di ricavare un margine più elevato. Infine, i mercati finali non al consumo hanno cicli di prodotto più lunghi e sono meno legati all'esigenza di adeguarsi alle ultime tecnologie. Ad esempio, i dispositivi analogici e a microcontrollori venduti oggi spesso utilizzano tecnologie che erano già disponibili alcuni anni fa. Durante le fasi di flessione della domanda, i produttori dei relativi chip sono pertanto più inclini a mantenere stabili i prezzi senza liquidare le scorte, riducendo così la volatilità del fatturato.

Consolidamento

A livello globale, il volume delle operazioni di fusione e acquisizione nel settore dei semiconduttori ha superato quota 350 miliardi di dollari nel periodo 2015-2020, oltre cinque volte di più rispetto al dato dei sei anni precedenti. In particolare, l'attività su questo fronte ha registrato una nuova accelerazione nel secondo semestre del 2020, soprattutto con acquisizioni su vasta scala, tra cui quelle di NVIDIA (per ARM), Analog Devices (per Maxim) e AMD (per Xilinx). Questo forte aumento delle attività di fusione e acquisizione unito all'assenza di nuovi concorrenti ha determinato un significativo consolidamento del settore. Il numero totale di società di semiconduttori negli Stati Uniti è diminuito da 110 unità nel 2001 ad appena 60 nel 2020, generando un contesto concorrenziale più favorevole.

Per chiarire ulteriormente questa dinamica, prendiamo in esame l'evoluzione del comparto delle memorie DRAM. Questi dispositivi sono stati inventati da IBM e Intel negli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso e in seguito prodotti su larga scala da più di 30 nuovi operatori del mercato nei due decenni successivi. A causa della frammentazione del settore, i produttori di chip DRAM si concentravano prevalentemente sull'acquisizione di nuove quote di mercato. Nelle fasi di contrazione della domanda, tutti gli operatori abbassavano fortemente i prezzi inondando il mercato con le proprie scorte.

Oggi, invece, il settore è maggiormente consolidato grazie alla presenza di tre operatori principali: Samsung Electronics, SK Hynix e Micron, che assolvono ad oltre il 95% delle forniture mondiali di memorie DRAM. Un aspetto ancora più interessante da notare è il cambiamento che il nuovo assetto consolidato ha prodotto nei comportamenti delle imprese. Ciascuno operatore ha infatti acquisito una maggiore disciplina nella gestione della spesa in conto capitale, funzionale ad un aumento costante della redditività. Durante l'ultimo ciclo ribassista delle memorie nel 2019, i tre operatori principali del mercato hanno reagito celermente tagliando in misura significativa la spesa in conto capitale e mantenendo un livello di scorte più elevato nonostante la contrazione a breve termine della domanda. I margini operativi del comparto DRAM hanno infatti toccato il minimo a quota -30% nello stesso anno 2019, con un sensibile miglioramento rispetto alle precedenti flessioni nel 2008-09 e nel 2011-12, quando la redditività del settore era scesa in territorio negativo.

L'aumento della complessità tecnologica e i limiti della "Legge di Moore"

Oltre alle nuove applicazioni, sono aumentati esponenzialmente anche la complessità e i relativi costi associati alla progettazione e produzione dei chip. La roadmap per l'innovazione nel mercato dei semiconduttori durante gli ultimi 50 anni è stata dettata dalla cosiddetta "Legge di Moore", secondo la quale ogni due anni il numero di transistor (componenti di base dei chip) per millimetro quadrato dovrebbe raddoppiare, in un processo definito miniaturizzazione.

La crescente densità dei transistor ha permesso di creare chip sempre più piccoli, veloci ed economici che hanno accelerato l'adozione dei semiconduttori in settori diversi. Per fare un esempio concreto, i chip migliori in commercio nel 1965 montavano transistor da 6.000 nanometri e il numero di transistor per ogni chip superava quota 100.000 unità. Il più recente modello M1 di Apple, prodotto da Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), monta transistor larghi appena 5 nanometri (10.000 volte più sottili di un capello umano) con 16 miliardi di transistor per chip.

Oggi, però, ci stiamo avvicinando ai limiti massimi della "Legge di Moore". Il miglioramento continuo della produzione è diventato molto più complesso e costoso da perseguire, facendo aumentare l'intensità di capitale dei produttori di chip. L'investimento necessario per costruire un impianto di fabbricazione all'avanguardia è cresciuto di oltre cinque volte, da 2 miliardi di dollari all'inizio degli anni 2000 agli attuali 10-15 miliardi. Le società globali di semiconduttori hanno investito complessivamente circa 100 miliardi di dollari nel 2020 per spese in conto capitale, una cifra equivalente al 20-25% dei ricavi. Nel contempo, anche i costi di progettazione dei chip hanno registrato un'escalation. Il settore statunitense dei semiconduttori spende oggi mediamente il 17% dei ricavi in ricerca e sviluppo, secondo soltanto all'industria farmaceutica e delle biotecnologie. Di conseguenza, le barriere all'ingresso continuano ad aumentare.

Infine, ma non per questo meno importante, le riduzioni incrementali dei costi stanno diminuendo. Il costo unitario dei transistor, che prima diminuiva del 20-30% all'anno in base alla "Legge di Moore", ha iniziato a scendere più lentamente e in modo non lineare a partire dal 2013 circa. In altre parole, il settore sta registrando un appiattimento della curva di costo, che ha già influito in misura determinante sulle decisioni dei produttori di chip riguardo alle allocazioni del capitale. Gli analisti di Vontobel prevedono che in futuro la crescita dell'offerta sarà più contenuta, in virtù di una spesa in conto capitale maggiormente rigorosa e di un indebolimento degli effetti espansionistici legati alla miniaturizzazione. Ne conseguirà un impatto positivo sulla ciclicità del settore, poiché periodi meno frequenti di sovrainvestimenti e capacità in eccesso creeranno condizioni solide per una determinazione dei prezzi più resiliente nell'arco del ciclo economico.

Conclusione: la nuova normalità

C'è stato un tempo in cui i cicli dei semiconduttori infliggevano periodicamente dure perdite agli investitori. Benché la ciclicità permanga ancora in una certa misura, riteniamo che il settore sia entrato in una nuova fase, caratterizzata da positive tendenze strutturali di lungo periodo, da una concorrenza più razionale e una redditività maggiore. Alcuni sotto-segmenti tra cui microprocessori, GPU, beni strumentali a semiconduttori, memorie e fonderie hanno già iniziato a trasformarsi in interessanti mercati oligopolistici con elevate barriere di ingresso.

L'impatto finanziario dei cambiamenti strutturali che si stanno verificando nel settore è già evidente. I componenti dell'indice SOX hanno generato un ROE medio del 20% nell'ultimo decennio, quasi il doppio rispetto ai dieci anni precedenti, mantenendo sempre una bassa leva finanziaria. Anche i margini e la generazione di flussi di cassa disponibili sono aumentati, mentre la volatilità degli utili si è quasi dimezzata. Persino in un anno come il 2020, con il PIL globale e la crescita degli utili societari entrambi negativi, i semiconduttori hanno registrato una positiva espansione degli utili nell'ordine dell'11%. A nostro avviso, questi solidi fattori fondamentali creano un contesto favorevole per gli investitori di lungo termine che possono così identificare le imprese con una crescita di qualità nel settore dei semiconduttori.

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