Erdogan dichiara guerra ai tassi di interesse, crolla la lira turca (-10%)


Di fronte a un’inflazione al 20%, il presidente continua a puntare sulla discesa dei tassi di interesse, da lui definiti “il nemico”.  Ormai ridotta all’obbedienza, la banca centrale la settimana scorsa ha abbassato i tassi dal 16% al 15%. Schizza il rendimento dei bond e salgono le quotazioni alla Borsa di Istanbul


Scopri le soluzioni di investimento

Con tutti i certificate di Orafinanza.it


Il presidente turco: “Stiamo combattendo una guerra di indipendenza economica”.

Nuovo drammatico crollo della lira turca che a metà giornata sta perdendo il 10% nei confronti dell’euro e del dollaro. Il cross con la valuta europea è schizzato sopra quota 14, quello con il biglietto verde è a 12,48, nuovo minimo storico. La barriera psicologica di 11 lire per dollaro è stata infranta in un attimo dopo che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan è intervenuto oggi per difendere gli scriteriati tagli dei tassi di interesse operati dalla banca centrale in una situazione di inflazione galoppante. Per Erdogan, che continua a respingere i consigli di investitori ed economisti a cambiare rotta, quella che sta combattendo la CBRT (Central Bank of Turkey) è una “guerra di indipendenza economica”. I tassi di interesse, ha aggiunto “sono il nemico”.

L’inflazione in Turchia ha raggiunto il 20%, e ogni giorno il rialzo dei prezzi si traduce in un crudele taglio del potere di acquisto di una popolazione di 85 milioni di persone. A causa dell’inflazione la lira si è svalutata di circa il 40% dall’inizio dell’anno, del 20% soltanto nel corso della settimana scorsa. Tanto per dare un’idea, nel 2019 per acquistare un dollaro ci volevano 5,6 lire turche, e già era un cambio fortemente penalizzato rispetto a 3,5 lire per dollaro di metà 2017.

Le tensioni con gli Usa e la crescita del deficit pubblico.

La discesa della valuta turca ha avuto un’accelerazione a partire dal 2018, causata da una serie di tensioni fra Erdogan e il governo Usa, innescate dall’arresto in Turchia del pastore evangelico americano Andrew Brunson, imprigionato dalle autorità di Ankara per sospetto spionaggio e terrorismo. In cambio della sua liberazione Erdogan chiedeva l’interruzione dell’inchiesta aperta dagli americani contro la banca turca Halkbank. La banca pubblica turca, sospettata di aver aiutato l’Iran ad aggirare le sanzioni Usa, è sotto il controllo più o meno diretto di Erdogan, che con l’Iran e la Russia ha stretto un patto strategico sulla Siria. Inoltre gli Stati Uniti continuano a rifiutare l’estradizione dell’Imam Fethullah Gulen, ritenuto da Ankara l’ispiratore del fallito golpe del 2016.

Alle difficoltà di relazioni con gli Usa si aggiungono un crescente deficit negli scambi commerciali, la riduzione delle riserve valutarie e la crescita del debito pubblico. Ma quello che più incide sul cambio della valuta è l’ostinazione da parte del presidente/dittatore turco nel rifiutare la ricetta classica del rialzo dei tassi per frenare l’inflazione. Al contrario, Erdogan è convinto di potere portare il Paese fuori dalla crisi andando nella direzione opposta, cioè abbassando i tassi e negli ultimi due anni ha licenziato ben tre banchieri centrali che si rifiutavano di seguire la sua indicazione.

Il 57% del debito pubblico di Ankara è legato a valute straniere.

Semih Tumen, ex vice governatore della banca centrale cacciato da Erdogan in ottobre, ha scritto nelle ultime ore su Twitter: “Dobbiamo abbandonare questo esperimento irrazionale che non ha possibilità di successo e tornare a politiche in grado di proteggere il valore della lira turca e il benessere  della gente turca”.

La discesa della lira ha subito un’accelerazione la settimana scorsa quando la banca centrale ha tagliato il tasso di riferimento dal 16% al 15%. Da settembre a oggi la CBRT ha ridotto i tassi di quattro punti percentuali.

La svalutazione inciderà pesantemente sui conti pubblici del Paese. Secondo Fitch, il 57% del debito pubblico del Paese è legato a valute straniere.

I titoli di Stato della Turchia denominati in dollari stanno subendo un netto ribasso: il rendimento del bond con scadenza aprile 2043 è schizzato al 7,14%, il più alto da fine marzo. Il bond di Akbank con scadenza giugno 2031 rende il 7,79%.

Il collasso della lira sta alimentando gli acquisti alla Borsa di Istanbul, in rialzo dell’1,4%: gli investitori locali hanno smesso di comprare valute straniere e puntano sulle aziende più impegnate nell’export.

Seguici su Telegram

Idea di investimento
Possibile premio del 15,60% annuo con il certificate su Microsoft, Nvidia e UiPath
Sottostanti:
NVIDIA CorporationUipath IncMicrosoft Corporation
Rendimento p.a.
15,6%
Cedole
1,3% - €1,30
Memoria
no
Barriera Cedole
50%
ISIN
XS2677112240
Emittente
BNP Paribas
Comunicazione Pubblicitaria
Maggiori Informazioni

La Finestra sui Mercati

Tutte le mattine la newsletter con le idee di investimento!

Ho letto e accetto l'informativa sulla privacy