Ethereum, è il giorno del ‘Merge’ ma nascono nuovi i rischi

Ethereum, è il giorno del ‘Merge’ ma nascono nuovi i rischi

Il fondatore della criptovaluta Ether ha confermato il passaggio della piattaforma ad un sistema di Proof of Stake che dovrebbe garantire un risparmio energetico del 99,95%.

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Cambio effettuato

Avvenuto con successo il tanto atteso ‘merge’ tra la beacon chain e la chain principale di Ethereum, la piattaforma della moneta digitale Ether.

L’ora X era scattata alle 8:42 italiane di questa mattina, quando il passaggio ha permesso alla seconda criptovaluta di passare dal mining ad un metodo di consenso in Proof of Stake, seguendo l’esempio di altri progetti.

Di questa giornata ‘storica’, però, il mercato non si è accorto, visto che oggi l’Ether resta sostanzialmente sulla stessa quotazione di ieri, a 1.607 dollari.

A dare la notizia dell’avvenuto cambio è stato lo stesso fondatore di Ethereum, Vitalik Buterin, il quale ha avvisato il mondo intero tramite un post su Twitter.

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Risparmio di energia

Se per gli utenti non dovrebbe cambiare molto, il cambiamento principale riguarda soprattutto la riduzione del consumo energetico del funzionamento di Ethereum, di fatto fino al 99,95%.

L’adozione di una blockchain basata su un protocollo chiamato ‘Proof of work’ (Pow) tramite il quale i complessi calcoli matematici e le potenti macchine permettono la validazione delle transazioni in due passaggi garantivano a Ether (così come alle altre cripto) l’impossibilità della doppia spesa, quindi dell’originalità della moneta detenuta dall’utente.

Con il passare degli anni e la diffusione delle criptovalute in tutto il mondo, la Pow ha cominciato a consumare un’enorme quantità di energia, mettendo al centro dell’attenzione mondiale le conseguenze ambientali del settore.

Solo l’Ethereum, infatti, consuma 112 terawatt all’anno di energia, quasi quanto la Grecia.

La soluzione

La soluzione al problema è stata trovata nella Proof of Stake (Pos), che secondo Buterin e i suoi soci dovrebbe ‘salvare capra e cavoli’, ovvero garantire tutte le transazioni, evitando il problema del doppio pagamento, e al tempo stesso risparmiare energia prodotta.

Il nuovo protocollo consentirà di abbattere la barriera d’ingresso al processo di validazione in quanto i validatori non avranno più bisogno di macchine potentissime per far approvare con certezza matematica le transazioni ma potranno usare direttamente le proprie Ether, ottenendo rendimenti per ogni transazione effettuata.

Questo meccanismo, inoltre, gioverà anche “agli investitori istituzionali che potranno facilmente mettere a rendimento le proprie criptovalute e diventare parte del network su cui possono anche costruire applicazioni decentralizzate”, spiega a La Repubblica Valeria Portale, direttrice dell’Osservatorio Blockchain del Politecnico di Milano.

I rischi

Se molti parlano di una vera e propria ‘rivoluzione’, anche ‘popolare’ perché riduce i costi di accesso per entrare nel mondo dei validatori delle transazioni con i conseguenti guadagni derivanti da questa attività, si tratta di un cambio ‘plutocratico’.

In sostanza, i validator dovranno bloccare almeno 32 ETH per partecipare al sistema che aggiunge blocchi alla chain di Ethereum, senza che ci sia più la necessità di fare calcoli a ripetizione alla ricerca dell’hash giusto.

Pertanto, per entrare nel sistema sono necessari almeno 50 mila euro, viste le quotazioni odierne dell’Ether.

Lo stesso sito della fondazione del creatore di Ethereum ha definito il merge un rischio, utilizzando la metafora del cambio di motore di un’astronave durante il volo.

Il rischio, però, vale ‘la candela’: l’obiettivo è quello di sostituire il padre nobile di tutte le criptovalute, ovvero il Bitcoin, la prima criptovaluta per capitalizzazione con 400 miliardi di dollari rispetto ai 197 miliardi dell’Ether.

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