Europa di fronte a un bivio


L’Europa è chiamata a riformare se stessa, definendo alcuni obiettivi strategici di lungo periodo. A breve, si impongono invece alcuni interventi inderogabili.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Vendite al dettaglio dell’Europa MoM di gennaio in uscita oggi alle 11:00 (stima +1,3% contro –2,7% di dicembre). Importante, martedì e mercoledì, la testimonianza del presidente della FED sulle prospettive economiche e sui recenti interventi di politica monetaria davanti alla Commissione Economica Congiunta a Washington DC. Come noto, la testimonianza si svolge in due parti: la prima è una dichiarazione preparata, mentre successivamente la commissione conduce una sessione di domande e risposte. Normalmente per tutta la durata della parte di domande e risposte i mercati sperimentano una forte volatilità.

Così come all’indomani dell’attacco alle torri gemelle il mondo della politica e dell’economia hanno subìto un profondo cambiamento, siamo convinti che anche l’invasione della Russia all’Ucraina sarà in grado (anzi lo sta già facendo) di cambiare profondamente il corso politico ed economico dell’Europa. Forse per la prima volta dalla seconda guerra mondiale l’Europa sta vivendo una situazione di paura mista all’incertezza che il conflitto possa estendersi a tutto il continente, minando alla radice le nostre certezze. L’Europa si è scoperta di colpo debole sia sotto il profilo politico (non sembra infatti in grado di risolvere il conflitto), sia sotto quello economico, visto che un paese (la Russia) la cui potenza industriale e il PIL sono un infinitesimo di quello Europeo, tiene sotto scacco altri 27 paesi.

Uno dei primi visibili effetti è la de-globalizzazione. E’ ormai innegabile come la globalizzazione che ha sostenuto la crescita economica mondiale degli ultimi decenni sia vicina ad una profonda trasformazione. Il che non vuol dire per esempio che i governi dei 27 paesi Europei non possano concordare iniziative necessarie per cercare di risolvere le drammatiche necessità economiche dalla guerra (sarebbe meglio lo facesse l’Europa, ma al momento conta almeno quattro anime). I Paesi Europei sono chiamati quanto prima a consolidare una concreta e stretta cooperazione politica ed economica. Di fronte alle minacce di Putin la UE deve unire le forze e non disperderle.

Il rischio che percepivano i mercati finanziari all’inizio della guerra che le divisioni tra paesi sovranisti ed europeisti avrebbero potuto portare alla rapida frantumazione dell’Unione Europea, non sembra ancora del tutto tramontato, nonostante la rinnovata coesione politica e i forti sostegni economici agli investimenti messi in campo già nel periodo pandemico.

L’Europa potrebbe entrare in recessione (magari soft)? Il rischio non è ancora del tutto scongiurato. L’economia Europea è stata travolta da una crisi energetica e inflazionistica che ha pochi eguali nella storia: i debiti crescono, la disoccupazione aumenta e molte imprese sono a rischio fallimento. In questa situazione il ritorno del fiscal compact così come sperimentato in passato (nel 2024 potrebbe tornare) affonderebbe definitivamente l’economia (la Commissione sta comunque discutendo la sua revisione).

L’Europa si trova storicamente di fronte a un bivio. La sopravvivenza passa attraverso un cambio di direzione di marcia e di velocità a 180 gradi. Cosa serve allora alla rinnovata Europa politica ed economica? Sicuramente la definizione di obiettivi strategici, dei mezzi e dei percorsi per ottenerli, prendendo atto che le culture politiche e gli interessi economici dei 27 Paesi dell’Unione sono troppo diverse per affrontare le sfide poste dal confronto con la Russia e con le due superpotenze USA e Cina. Ma ci vuole tempo.

A breve occorre invece definire un compromesso che metta fine alla guerra in Ucraina. Il cambiamento dei rapporti di forza politici ed economici mondiali imporrà come inderogabili anche alcuni interventi. Tra questi ci sentiamo di suggerirne alcuni:

  • la BCE dovrebbe modificare il suo target di inflazione al 2%, ormai irrealistico;
  • nonostante la crescita dei prezzi la BCE non dovrebbe attuare manovre restrittive, perché l’inflazione è molto da costi e poco da domanda. Forti strette monetarie strozzerebbero infatti la fragile ripresa economica, riducendo solo di poco la crescita dei prezzi. Nonostante i forti e ripetuti aumenti dei tassi e la flessione del prezzo del gas, l’inflazione sta infatti rialzando la testa;
  • i tassi di interesse reali dovrebbero rimanere negativi il più a lungo possibile, favorendo l’investimento privato nell’economia reale;
  • la BCE dovrebbe assorbire il debito degli stati conseguente all’aumento dei prezzi dell’energia, senza la paura di aumentare ulteriormente il suo bilancio;
  • la BCE dovrebbe decidere di cancellare i debiti degli stati presenti nel suo bilancio, come proponeva l’ex Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli e come tra l’altro propongono 100 autorevoli economisti in Europa e in Italia, in modo da ridare “fiato fiscale” ai governi e agevolare così gli investimenti pubblici, indispensabili per la ripresa. La cancellazione dei titoli di debito acquistati dalla BCE (un quarto circa dei debiti complessivi degli stati dell’eurozona) non comporterebbe nessun danno per il settore privato e neppure un trasferimento di risorse tra gli stati;
  • la Commissione dovrebbe deliberare un nuovo fondo fiscale comune e permanente basato su una filosofia analoga a quella del Next Generation EU, di ammontare pari ad almeno il 10% del PIL dell’Europa (circa 1.700 miliardi di euro);
  • cancellazione del fiscal compact, adottando invece la golden rule, ovvero permettere ai singoli stati di investire per la crescita anche ricorrendo a deficit.

Qualcosa si sta muovendo in questa direzione e vogliamo essere ottimisti. Guardiamo quindi con fiducia agli investimenti in Europa che, lo ricordiamo è all’avanguardia nel mondo in tutti i settori manifatturieri e industriali.

Largo quindi agli investimenti nei titoli di quelle società interessate dagli investimenti del NGeu (che magari verrà pure ampliato), continuando a privilegiare in particolare quelle imprese che operano nel settore della digitalizzazione di prodotto e di processo, della cyber security, della trasmissione di dati su rete fissa e/o mobile. E tutte le imprese la cui attività riguarda la rivoluzione verde, da quelle locali a quelli nazionali, senza dimenticare tutte quelle che operano nel settore delle infrastrutture e della cura alla persona.

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