Eurozona, ecco le ragioni del boom dell’occupazione nel Sud

17/07/2025 15:15
Eurozona, ecco le ragioni del boom dell’occupazione nel Sud

L’Europa meridionale sta vivendo un’inattesa primavera occupazionale, mentre il Nord dell’Eurozona rallenta. Questo cambiamento di rotta rappresenta un nuovo equilibrio economico e potrebbe semplificare le sfide della Bce. La convergenza tra aree geografiche, auspicata da anni, si sta finalmente materializzando, portando con sé effetti positivi sugli spread e sulle dinamiche di politica monetaria.

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La nuova geografia dell’occupazione

Dall’inizio del 2023, i mercati del lavoro dell’Eurozona hanno mostrato segnali chiari di inversione. Secondo quanto evidenziano gli economisti Bert Colijn e Carsten Brzeski di ING, mentre i Paesi del Nord Europa iniziano a registrare un aumento della disoccupazione, le economie del Sud (Spagna, Italia, Grecia e Portogallo) assistono a un robusto incremento occupazionale. Questo fenomeno contribuisce a una convergenza economica che l’Unione Monetaria attendeva da tempo, con conseguenze dirette anche sul restringimento degli spread dei titoli sovrani e sulle sfide della Banca Centrale Europea.

Nel complesso, il mercato del lavoro dell’Eurozona si è dimostrato straordinariamente resiliente, con un tasso di disoccupazione sceso a poco sopra il 6%. Nonostante segnali di raffreddamento nella domanda di lavoro, la carenza di manodopera resta una costante. Tuttavia, a partire dal 2023 si è delineata una netta disparità geografica che ha visto il Nord in affanno e il Sud in recupero.

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La divergenza nei tassi di disoccupazione tra Nord e Sud

La divergenza nei tassi di disoccupazione è lampante. Dati alla mano, si legge nel report di ING, Paesi come Spagna, Grecia, Portogallo e Italia hanno registrato cali della disoccupazione tra -0,8 e -2,6 punti percentuali dall’inizio del 2023. Al contrario, Germania, Paesi Bassi, Belgio e Austria hanno visto crescere i tassi di disoccupazione, con picchi fino a 0,8 punti in Belgio.

A rafforzare il dato contribuisce la crescita del settore privato nel Sud, che negli ultimi due anni ha mantenuto un ritmo sostenuto. In Italia e Spagna, l’incremento occupazionale è stato trasversale, con spiccate performance nel commercio all’ingrosso e al dettaglio, nelle costruzioni e nei servizi professionali e scientifici. Mentre in Italia nessun settore ha mostrato contrazioni significative, in Spagna solo agricoltura e finanza hanno segnato lievi flessioni.

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Nel Nord dell’Eurozona la situazione è opposta. In Germania, il manifatturiero è in ritirata e i servizi professionali perdono slancio. Anche in Francia, nonostante qualche segnale positivo in commercio e manifattura, il settore privato mostra segnali misti. Il settore pubblico, invece, è l’unico a sostenere l’occupazione, in particolare nelle economie settentrionali.

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Le aspettative dei datori di lavoro

Colijn e Brzeski sottolineano che questa dicotomia è destinata a persistere nel medio termine. I sondaggi sulle aspettative occupazionali nei servizi e nell’industria confermano il trend: le imprese del Sud Europa continuano a prevedere nuove assunzioni, con un’unica eccezione rappresentata dai Paesi Bassi, dove, pur in calo, la fiducia dei datori di lavoro resta alta.

Le ragioni sono molteplici. Innanzitutto, il Sud ha beneficiato più a lungo di una spinta economica post-pandemica, supportata da fondi europei come il NextGenEU e da un’esposizione relativamente inferiore al settore industriale, oggi in difficoltà. Inoltre, la crisi del manifatturiero e la spinta all’automazione e all’intelligenza artificiale hanno colpito più duramente il Nord, amplificando il divario nella creazione di posti di lavoro.

Il risultato è una convergenza storica, con i tassi di disoccupazione del Sud che si abbassano e quelli del Nord che aumentano. Una dinamica che, per gli esperti di ING, non solo riduce gli squilibri tra i Paesi membri, ma contribuisce anche a raffreddare i mercati del lavoro più surriscaldati del Nord, senza penalizzare il Sud.

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I segnali nascosti nei dati

Un’analisi più approfondita, proposta da ING attraverso un diagramma a dispersione (vedi figura sottostante), mostra come i diversi Paesi si collocano rispetto a due variabili chiave: produttività e disoccupazione. I Paesi nel quadrante ideale (in alto a sinistra) come Spagna e Grecia, stanno registrando aumenti dell’occupazione accompagnati da guadagni di produttività. Una situazione economicamente sana che stimola la domanda nel breve periodo e rafforza l’efficienza nel lungo periodo.

Nel quadrante opposto (in basso a destra) si trovano Austria e Germania, colpite da un doppio colpo: aumento della disoccupazione e calo della produttività. Questo è un chiaro segnale di debolezza ciclica. L’Italia presenta un quadro misto: la produttività stenta, ma la forte crescita occupazionale comporta benefici immediati per il reddito delle famiglie, pur sollevando dubbi sulla sostenibilità nel lungo termine, soprattutto alla luce del profilo demografico fragile.

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Un’opportunità per la Bce

L’evidenza più incoraggiante emersa dall’analisi di ING è che la convergenza occupazionale nell’Eurozona è finalmente in atto. Le aree più fragili stanno colmando il divario, mentre quelle tradizionalmente forti stanno vivendo un parziale riequilibrio. Questo rende più semplice il compito della Bce, storicamente costretta a calibrare una politica monetaria unica su economie molto diverse tra loro.

In passato, i tassi d’interesse della Bce si sono spesso scontrati con le divergenze strutturali dei mercati del lavoro nazionali. Oggi, invece, la maggiore omogeneità delle dinamiche occupazionali apre a politiche più efficaci e meno distorsive. La futura transizione verso una postura più accomodante da parte della Bce potrebbe dunque avvenire in un contesto più favorevole, con effetti benefici sia per le economie in affanno del Nord che per quelle in recupero del Sud.

Per Colijn e Brzeski, questa nuova fase segna un passo fondamentale verso la stabilità dell’Eurozona, offrendo una rara finestra di opportunità per le istituzioni europee e per i mercati.

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