Evergrande evita il default all’ultimo minuto: pagati interessi per 148 milioni

Lo sviluppatore cinese è riuscito a coprire il pagamento degli interessi su alcuni bond offshore nell’ultimo giorno disponibile prima della fine del periodo di tolleranza, evitando così un default che avrebbe aumentato ancora di più il rischio del diffondersi della crisi.
Indice dei contenuti
Il pagamento del bond
Salvataggio in ‘zona Cesarini’ per Evergrande, già a rischio default in passato per il mancato pagamento degli interessi su alcuni bond. Secondo quanto riferito da Bloomberg, infatti, Evergrande è riuscita a pagare interessi da 148 milioni di dollari su tre obbligazioni già scadute a settembre e che vedevano ieri, 10 novembre, terminare il periodo di tolleranza di 30 giorni, oltre il quale sarebbe scattato il default per lo sviluppatore cinese.
La società di clearing internazionale Clearstream ha confermato la ricezione dei pagamenti delle cedole, riferivano le fonti del quotidiano americano.
Il pagamento è relativo agli interessi per le obbligazioni pari al 9,5% dovute nel 2022, del 10% dovuto nel 2023 e del 10,50% dovuto nel 2024.
La notizia del pagamento ha sostenuto il titolo Evergrande alla borsa di Hong Kong, balzata di oltre 10 punti percentuali nel corso degli scambi, per poi chiudere a +6,75%. Chiusura positiva anche per i principali indici asiatici, in crescita dell’1% per Hong Kong e Shanghai.
Le prossime scadenze per Evergrande, oberato da un debito di 305 miliardi di dollari, sono previste per il 28 dicembre, quando andranno in pagamento cedole per oltre 255 milioni di dollari relativi a obbligazioni offshore.
La crisi del settore immobiliare
Nel frattempo, un rapporto di Sace ha cercato di rassicurare circa possibili contagi della crisi immobiliare cinese fuori dal paese. Nell’ultimo Focus On intitolato “L’elefante nella stanza: peso e squilibri del settore immobiliare in Cina”, da Sace confermano che il gigante asiatico si trova in una “bolla che dura da diverso tempo alimentata da riforme volte a stimolare sia investimenti privati nell’edilizia residenziale sia maggiore crescita economica”.
Queste politiche decise dal governo “hanno contribuito alla crescita del settore, con l’aggregato real estate e costruzioni stimato al 29% del Pil del Paese”, spiega Claudio Cesaroni, country risk analysis di Sace. Al tempo stesso, però, la crisi di Evergrande “è lontana dal poter rappresentare il ‘momento Lehman’ del Dragone”, in quanto il gruppo “non è una società finanziaria e i suoi principali investitori istituzionali sono cinesi”.
Pertanto, rassicura Cesaroni, “la capacità di trasmissione della crisi di liquidità dal gruppo immobiliare cinese ai mercati internazionali è, dunque, molto limitata, complice anche la non completa apertura dei movimenti di capitali nel Paese”.
I rischi per l’Italia
Nonostante queste rassicurazioni, la crisi del real estate cinese resta contagiosa, anche se i rischi concreti non devono spaventare troppo le aziende italiane che lavorano in questo settore in Cina.
Un’analisi dell’export italiano nel gigante asiatico evidenzia come le categorie di beni che potrebbero subire una contrazione della domanda legata al rallentamento del settore immobiliare rappresentavano solo il 17% delle vendite totali nel Paese nel 2019.
In particolare, questa percentuale corrisponde, in assoluto, a 2,2 miliardi di euro, pari allo 0,5% delle esportazioni italiane nel mondo.
La Finestra sui Mercati
Tutte le mattine la newsletter con le idee di investimento!
