Fed, ecco perché i tagli dei tassi potrebbero slittare dopo l'estate

L’impatto dei dazi sull’inflazione americana e le tensioni tra la Federal Reserve e l’amministrazione Trump stanno riscrivendo le prospettive sui tassi di interesse. Tra dati contrastanti e attese di tagli rinviati, gli esperti analizzano un contesto sempre più complesso e segnato da nuove sfide.
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Inflazione, segnali misti dopo effetto dazi
Il periodo estivo avrebbe dovuto confermare con chiarezza l’impatto delle tariffe sui prezzi al consumo. Eppure, come spiega Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm, la lettura dell’inflazione di giugno non ha offerto sorprese rilevanti: l’indice headline è risultato in linea con le attese, mentre l’inflazione core ha addirittura mostrato un lieve miglioramento. A giugno, l’inflazione headline si è attestata al 2,7%, in crescita rispetto al 2,4% di maggio, ma l’effetto diretto dei dazi sui prezzi rimane limitato.
Moneyfarm ricorda come il FOMC stia osservando con attenzione i dati estivi per valutare un possibile taglio dei tassi a settembre, mentre cresce l’interrogativo sulla capacità della Federal Reserve (Fed) di mantenere la propria indipendenza in un contesto di pressioni politiche crescenti.
L’aumento dei prezzi non sorprende gli investitori
Anche Bret Kenwell, US Investment Analyst di eToro, ha commentato l’ultimo rapporto sull’inflazione CPI, sottolineando come l’aumento non sia arrivato come un fulmine a ciel sereno. L’inflazione su base annua è salita al 2,7%, toccando il livello più alto da febbraio. Proprio per questo, gli investitori non si sono fatti trovare impreparati e i mercati azionari sono riusciti a evitare scossoni immediati.
Tuttavia, come osserva Kenwell, il dato spegne quasi del tutto la speranza di un taglio dei tassi già nella riunione di fine luglio. Se i dati futuri dovessero confermare la tenuta dell’inflazione, potrebbero saltare anche i prossimi tagli previsti. In uno scenario simile, asset come l’oro restano sorvegliati speciali, potendo guadagnare ulteriormente terreno se i prezzi continuassero a salire nei prossimi mesi.
Inflazione core sotto controllo, ma con margini ridotti
Il quadro tracciato da Jeffrey Cleveland, Chief Economist di Payden & Rygel, aggiunge un tassello importante: l’inflazione core di giugno negli Stati Uniti è risultata leggermente inferiore alle attese, crescendo del +0,2% su base mensile rispetto al +0,3% previsto.
Secondo Payden & Rygel, le pressioni sui prezzi derivanti dai dazi restano presenti, ma al momento contenute. I beni di base, come l’arredamento domestico, hanno inciso in modo marginale sull’indice core, segnale che l’effetto diretto delle nuove tariffe potrebbe attenuarsi.
Cleveland sottolinea come il rallentamento dei prezzi delle abitazioni, in crescita solo del +0,2% a giugno, contribuisca a tenere l’inflazione core sotto controllo. Con un tasso di disoccupazione al 4,1%, la Fed ha margini per aspettare settembre prima di rivedere la politica monetaria. Ma rimane il rischio che l’azione risulti tardiva. Payden & Rygel conferma l’aspettativa di tre tagli dei tassi entro la fine dell’anno, per un totale di 75 punti base, distribuiti tra settembre, novembre e dicembre.
Fed e Casa Bianca ai ferri corti sui tassi
A complicare ulteriormente lo scenario, come evidenzia Saverio Berlinzani, Chief Analyst di ActivTrades, c’è lo scontro istituzionale tra la Fed e l’amministrazione Trump. Gli ultimi dati sul mercato del lavoro (Jolts Openings, Non Farm Payrolls, Jobless claims) hanno ridotto a zero le possibilità di un taglio del costo del denaro nella riunione di fine luglio. Ma ora sono a rischio anche i due tagli previsti per fine 2025.
Berlinzani ricorda che Powell e altri membri del FOMC hanno ribadito di voler basare ogni decisione sui dati. Al tempo stesso, non hanno risparmiato critiche a Trump, accusato di aver alimentato l’inflazione con l’introduzione dei dazi. In assenza di queste misure, secondo Powell, la banca centrale avrebbe già ridotto i tassi.
Il mercato continua a scontare uno o due tagli tra l’autunno 2025 e l’inizio del 2026, ma la certezza di queste mosse si sta indebolendo. Il rischio principale resta quello di un approccio più restrittivo e duraturo da parte della Fed, a fronte di un Presidente che chiede tassi al 1%. Senza un crollo dei prezzi, uno scenario simile appare sempre più difficile da realizzare.
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