Fed: giù i tassi di 50 bps. Inflazione e crescita rivisti al ribasso

19/09/2024 05:15

Secondo Tognoli la Fed ha commesso un errore nel tagliare di 50 bps i tassi e non è del tutto sicuro che l’inflazione non possa ripartire. Oltre al fatto che Powelll non ha saputo spiegare le ragioni che dovrebbero fermare la disoccupazione al 4,4%. Tanto è vero che le domande si sono concentrate proprio sul lavoro e sulla crescita dei salari.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM

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Serie di dati USA in uscita oggi. Si inizia alle 14:30 con la richiesta settimanale di sussidi alla disoccupazione (stima 232k da 230k della scorsa settimana) e il Philly Fed di settembre (stima -0,6 punti da -7 punti di agosto). Alle 16:00 è la volta della vendita di case esistenti di agosto (stima 3,89 mln da 3,95 mln di luglio) e del Leading Indicator di agosto (stima -0,3% da -0,6% di luglio).

Contrariamente alle nostre previsioni, la Fed ha tagliato l'intervallo target per il tasso sui fondi federali di ben 50 bps al 4,75%-5%, la prima riduzione da marzo 2020. Mentre la decisione di tagliare i tassi era prevista, si è speculato sul fatto che la banca centrale avrebbe scelto una riduzione più conservativa di 25 bps. La banca centrale ha anche rilasciato nuove previsioni economiche. Il FOMC sta pianificando 100 punti base di allentamento entro la fine dell'anno, suggerendo altri due tagli di 25 bps quest'anno. Per il 2025, si prevede un ulteriore punto percentuale di tagli, seguito da una riduzione finale di 50 bps nel 2026.

Inoltre, l'inflazione PCE è stata rivista al ribasso per il 2024 al 2,3% (rispetto al 2,6% nella proiezione di giugno) e per il 2025 al 2,1% (rispetto al 2,3%). Anche l'inflazione di base è prevista in calo al 2,6% per il 2024 (contro il 2,8%) e al 2,2% per il 2025 (contro il 2,3%). La crescita del PIL è prevista in leggero calo al 2% (contro il 2,1%), ma la previsione per il 2025 è stata mantenuta al 2%. Nel frattempo, il tasso di disoccupazione è previsto in aumento quest'anno (4,4% contro il 4%) e il prossimo.

Nel corso della conferenza stampa, Powell ha detto che se il mercato del lavoro dovesse peggiorare, la Fed è pronta ad accelerare il taglio dei tassi. Crediamo che la Fed abbia commesso un errore nel tagliare di 50 bps i tassi e non siamo del tutto sicuri che l’inflazione non passa ripartire. Oltre al fatto che Powelll non ha saputo spiegare le ragioni che dovrebbero fermare la disoccupazione al 4,4%. Tanto è vero che le domande si sono concentrate proprio sul lavoro e sulla crescita dei salari.

La seconda lettura dell’inflazione YoY dell’Europa di agosto, pari al 2,2% (dal 2,6% di luglio) non ha riservato sorprese rispetto alla prima lettura del 30 agosto scorso, ormai ad un passo dall’obiettivo del 2%. Ciononostante, non crediamo che il meeting della BCE del 17 novembre prossimo vedrà un nuovo taglio dei tassi. Siamo infatti convinti che la Commissione necessiti di ulteriori conferme per meglio capire se la disinflazione possa essere confermata.

Le elezioni americane si avvicinano a grandi passi. Come sappiamo, la volatilità dei mercati tende ad aumentare nel breve periodo e in prossimità delle stesse, ma nei successivi 9/12 mesi prevalgono decisioni più ponderate, con una minore volatilità nei tassi di interesse, spread creditizi più stretti e con gli investitori che tornano a guardare agli utili societari, lasciandosi alle spalle le elezioni.

Solitamente i candidati alla presidenza hanno programmi di politica fiscale diversi tra di loro. Diversità che, nel medio e lungo periodo, tende a premiare alcuni settori a discapito di altri. Vediamo quindi, con le informazioni in nostro possesso, quale potrebbero essere i settori trainanti a seconda che vinca l’ex presidente Trump o la vicepresidente Harris.

Cerchiamo innanzitutto di capire chi è avanti nelle previsioni. I modelli di previsione elettorale indicano una corsa estremamente serrata tra i due candidati. Le politiche fiscali dei candidati potrebbero avere implicazioni significative per la crescita e i bilanci del debito nazionale, oltre ad effetti specifici per settore. Detto questo, siamo convinti che le politiche che vengono poi effettivamente attuate tendono ad essere attenuate rispetto alla retorica della campagna elettorale e, ovviamente, dipendono molto dalla composizione del Senato e della Camera, portando ad una vasta gamma di possibili esiti.

Cominciamo con il dire che le politiche commerciali protezionistiche di entrambe i candidati potrebbero alimentare l'inflazione. Tra le proposte, la politica commerciale richiede un minor coinvolgimento del Congresso e, di conseguenza, ha una strada più facile verso l'implementazione. Trump ha proposto una tariffa del 60% sulle importazioni cinesi e una del 10% sulle importazioni da tutti gli altri paesi. Le tariffe, se trasferite ai consumatori anziché assorbite dalle imprese, aumentano i prezzi e riducono la domanda dei consumatori, spingendo l'inflazione verso l'alto e la crescita del PIL reale verso il basso. A parità di condizioni, nuove pressioni inflazionistiche potrebbero spingere la Fed verso una posizione più falco rispetto all'attuale atteggiamento più colomba.

Non solo. Se parliamo di modifiche espansive alla politica fiscale, queste probabilmente faranno crescere il deficit. L'esito del Tax Cuts and Jobs Act (TCJA) del 2017 è uno dei fattori più significativi nel breve termine che influenzano i deficit degli Stati Uniti. Il TCJA ha ridotto l'aliquota fiscale per le imprese dal 35% al 21% e abbassato le aliquote dell'imposta sul reddito. Parti della legge che riguardano specificamente le aliquote fiscali individuali sono destinate a scadere alla fine del 2025. Il Congressional Budget Office (CBO) prevede che un'estensione completa del TCJA aumenterebbe il deficit cumulativo tra il 2025 e il 2034 di 4,6 trilioni di dollari. Riteniamo che i repubblicani siano più propensi a puntare ad un'estensione completa, il che probabilmente sarebbe fiscalmente espansivo, mentre i democratici hanno indicato la disponibilità ad estendere alcune parti del TCJA aumentando al contempo le aliquote fiscali per le famiglie con redditi superiori a 400.000 dollari all'anno.

Ma anche le altre proposte fiscali da entrambi i candidati sembrano orientate verso un ulteriore allargamento del deficit. Entrambi hanno per esempio proposto di rendere esenti da imposte i redditi derivanti dalle mance, e Trump sostiene anche l'abolizione delle tasse sui benefici della Sicurezza Sociale. Inoltre, Trump ha anche suggerito di ridurre l'aliquota fiscale per le imprese al 15%, offrendo una spinta alla crescita degli utili. Harris punta invece ad aumentare l'aliquota fiscale per le imprese al 28%, il che genererebbe entrate, ma potrebbe mettere sotto pressione utili e crescita. Altre proposte fiscali di Harris, come l'espansione del credito d'imposta per i figli, fornirebbero uno stimolo fiscale a discapito però del deficit.

La diversità tra le politiche fiscali non è indifferente per i mercati. Un ulteriore allentamento fiscale da parte di entrambe le amministrazioni manterrebbe gli Stati Uniti su una traiettoria di aumento dei livelli di debito, il che potrebbe portare a rendimenti più elevati sui Treasury a lungo termine e ad una curva più ripida.

A parità di condizioni, tassi più alti potrebbero supportare il mercato investment-grade (IG), poiché gli acquirenti cercherebbero rendimenti complessivi più elevati. Tuttavia, se aumentassero le preoccupazioni degli investitori riguardo a deficit insostenibili e ad un aumento dell'offerta di Treasury, potremmo assistere ad uno scenario simile a quello dell’ottobre 2023, con tassi in aumento, una volatilità elevata dei tassi di interesse e un aumento dell’avversione al rischio nei mercati del credito e azionari.

Se guardiamo ai diversi settori, riteniamo che gli effetti più significativi si verificherebbero in caso di vittoria di Trump. In primo luogo, un'amministrazione repubblicana potrebbe ridurre gli incentivi per i veicoli elettrici previsti dall'Inflation Reduction Act e allentare gli standard sulle emissioni, il che sarebbe positivo per i produttori di auto nel breve termine, dato l'elevato margine di profitto dei veicoli a combustione interna (ICE).

Prevediamo anche una minore regolamentazione per le banche statunitensi, un cambiamento potenzialmente negativo per il credito del settore, sebbene potrebbe essere compensato da una maggiore capacità di guadagno. Inoltre, se un'amministrazione Trump decidesse di non estendere i sussidi migliorati dell'Affordable Care Act (ACA), alcuni assicuratori vedrebbero una riduzione delle entrate a partire dal 2026 a causa della diminuzione delle iscrizioni all'ACA stessa.

Non dimentichiamo il settore energetico, che riteniamo potrebbe essere un grande beneficiario di un secondo mandato di Trump, data la riduzione delle normative sulle emissioni, l'aumento delle attività di leasing/perforazione su terreni federali e la semplificazione dei permessi per i progetti infrastrutturali legati agli idrocarburi. Tuttavia, nonostante la spinta ad aumentare la produzione di petrolio, riteniamo che le aziende energetiche continueranno ad essere disciplinate riguardo alle spese in conto capitale e alla crescita della produzione.

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