Fed, la preview di oggi tra pressioni politiche e possibile taglio a settembre

La decisione della Federal Reserve di questa sera alle 20:30 italiane dovrebbe lasciare invariati i tassi al 4,25-4,50%, ma saranno le parole di Jerome Powell a muovere i mercati. Con una probabilità di un taglio a settembre già prezzata al 64,7%, la vera sfida sarà mantenere l’equilibrio tra le pressioni politiche di Trump, le divisioni interne al FOMC e le aspettative del mercato.
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La posta in gioco è sulle parole di Powell
La decisione della Fed di lasciare invariati i tassi è scontata dal mercato al 97,9%, ma sarà il linguaggio del presidente Powell a determinare le prossime mosse degli investitori. È quanto si legge in un report di Gabriel Debach, market analyst di eToro, secondo cui dopo quattro riunioni consecutive senza cambi di rotta, i mercati attendono segnali su settembre: la domanda non è più se la Fed taglierà i tassi, ma quando e di quanto.
Negli ultimi mesi la comunicazione della banca centrale è cambiata. Se a gennaio Powell parlava di “economia forte” e “rischi in equilibrio”, già a marzo il linguaggio si è fatto più prudente. A maggio la Fed ha riconosciuto che i dazi introdotti dall’amministrazione Trump sono “più grandi del previsto”, mentre a giugno ha presentato proiezioni economiche peggiorate: PIL 2025 rivisto all’1,4%, disoccupazione al 4,5% e inflazione core al 3,1%.
Pressioni politiche e divisioni interne al FOMC
Il contesto politico è diventato sempre più pesante. Come spiega Debach, Trump chiede tagli immediati ai tassi e attacca Powell anche sul progetto di ristrutturazione da 2,5 miliardi di dollari della sede della Fed. Alcuni membri del Congresso hanno addirittura parlato di “mission creep” e proposto una revisione delle funzioni non monetarie dell’istituto.
All’interno del FOMC emergono divisioni senza precedenti. Secondo Debach, i governatori Michelle Bowman e Christopher Waller potrebbero votare per un taglio già oggi, in dissenso con la maggioranza. Sarebbe la prima doppia opposizione formale di membri del Board dalla riunione di dicembre 1993, un segnale di forte tensione tra Powell e la componente più vicina a Trump.
Mercati avanti rispetto alla Fed
Mentre Powell difende l’indipendenza della Fed, i mercati guardano già oltre. Come si legge nel report di eToro, le probabilità implicite segnalano un primo taglio dei tassi a settembre al 64,7% e un secondo a dicembre al 44%. Nel frattempo, il rally di Wall Street racconta l’ottimismo degli investitori: l’S&P 500 è salito del 6,5% tra la riunione di giugno e oggi, con 15 nuovi massimi storici dall’inizio dell’anno.
I dati in arrivo nelle prossime settimane potrebbero essere decisivi. Due report chiave sul lavoro (il primo atteso già venerdì) e i nuovi dati PCE di domani potrebbero orientare le prossime mosse della banca centrale, soprattutto se gli effetti dei dazi sull’inflazione e sulle supply chain si rivelassero più persistenti del previsto.
FMI prevede una crescita più resiliente
A complicare ulteriormente lo scenario è arrivato il nuovo World Economic Outlook del FMI (Fondo Monetario Internazionale), che ha rivisto al rialzo le stime di crescita globale e USA. Il PIL mondiale dovrebbe salire del 3% nel 2025 (+0,2 punti percentuali rispetto ad aprile), con inflazione globale in discesa al 4,2%.
Gli Stati Uniti vedono una crescita attesa all’1,9% (+0,1 pp), mentre la Cina sale al 4,8% (+0,8 pp). Tuttavia, sottolinea Debach, il capo economista Pierre-Olivier Gourinchas ha avvertito che gli effetti dello shock commerciale restano significativi e ha ribadito l’importanza di mantenere l’indipendenza delle banche centrali: un messaggio che suona come un chiaro monito anche per Washington.
Powell di fronte a un bivio
La seduta di ieri ha visto una lieve correzione dell’S&P 500 (-0,3%), interrompendo sei giorni consecutivi di rialzi e di nuovi massimi. Ma Wall Street resta convinta che la Fed aprirà presto la strada ai tagli. Il future sull'S&P segna un timido rialzo dello 0,1% a circa un'ora dall'apertura degli scambi.
Powell dovrà decidere se oggi aprire esplicitamente la porta a settembre o rinviare ogni indicazione al simposio di Jackson Hole. In ogni caso, le sue parole conteranno quanto, e forse più, della decisione sui tassi. L’equilibrio tra pressioni politiche, pazienza istituzionale e gestione delle aspettative sarà la vera sfida per la Fed.
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