FED: I mercati non credono ad un rialzo dei tassi.


Gli investitori si aspettano che la FED effettui quattro tagli e abbassi i suoi fondi federali al 4,5% entro la fine del prossimo anno.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Inflazione dell’Europa YoY di agosto in uscita oggi alle 11:00 (stima 5,3%, invariata rispetto a luglio).

Domani ci sarà il meeting della FED che dovrà decidere se aumentare nuovamente i tassi di interesse o lasciarli fermi, come pensiamo. E questo per diversi motivi.

Il rapporto sull'inflazione della scorsa settimana non crediamo che cambi il quadro della politica monetaria della FED, come conferma la reazione contenuta dei rendimenti obbligazionari. Di fatto i membri del FOMC hanno indicato di voler rallentare il ritmo dei rialzi dei tassi.

Ma con l’enfasi sulla dipendenza dai dati e con i policy maker determinati a riportare l’inflazione al livello target, qualsiasi potenziale ostacolo al trend disinflazionistico potrebbe mantenere aperta la possibilità che la FED alzi nuovamente i tassi quest’anno (non è detto già a settembre). I mercati obbligazionari scontano poche possibilità di un rialzo dei tassi da parte della FED la prossima settimana, e circa il 30% di possibilità di un ultimo rialzo a novembre, seguito da un punto percentuale di tagli dei tassi entro la fine del 2024. Riteniamo che si verranno presto a creare le condizioni affinché la FED possa procedere a modesti tagli dei tassi il prossimo anno, ma vi è ancora molta incertezza sui tempi e sul numero di tagli.

Il grafico seguente mostra le possibilità implicite nel mercato di aumenti e tagli dei tassi nei prossimi 16 mesi. Come si nota, gli investitori si aspettano che la FED effettui quattro tagli e abbassi i suoi fondi federali al 4,5% entro la fine del prossimo anno.

Fonte: Bloomberg

Sembra che i freni all’economia reale stiano finalmente iniziando a funzionare in modo che l’economia possa in tutta sicurezza invertire la rotta sull’inflazione. Anche se prevediamo un rallentamento della crescita al di sotto del trend nei prossimi trimestri, il percorso verso un atterraggio morbido crediamo si sia ampliato e potremmo quindi evitare una recessione tradizionale. Il nostro scenario di base prevede una recessione progressiva poiché parti dell’economia si stabilizzano, come il settore manifatturiero e l’edilizia abitativa, mentre altre parti, come i settori dei servizi, potrebbero indebolirsi.

La sottoperformance dei titoli a piccola capitalizzazione, che recentemente sono scesi al di sotto dei minimi del 2020 rispetto ai loro peers a grande capitalizzazione, è un segnale di avvertimento che i rischi permangono. Ma le basi per un trend rialzista duraturo dei titoli azionari potrebbero essere già state gettate, dato che le stime medie sugli utili sembrano aver toccato il fondo negli USA, e hanno recentemente superato il picco dello scorso anno

Il passaggio a una marcia più bassa nella crescita, nell’inflazione e nella politica della banca centrale è raramente graduale, e gli investitori potrebbero trarre vantaggio dal fissare aspettative realistiche sui rendimenti e sulla volatilità.

Nel grafico seguente abbiamo voluto evidenziare la performance dei titoli a piccola capitalizzazione rispetto a quelli a grande capitalizzazione. Riteniamo che le small-cap abbiano continuato a restare indietro a causa principalmente delle preoccupazioni sul ciclo economico.

Fonte: FactSet, Edward Jones. Le performance passate non garantiscono risultati futuri.

In media almeno una volta l’anno tende a verificarsi una correzione del 10% (o più) del mercato. Nel 2023 tale correzione non si è ancora verificata. Non saremmo sorpresi se si verificasse un ritiro più profondo nei mesi storicamente più deboli di settembre e ottobre. Ma se ciò accadesse (cosa che non vi è alcuna garanzia che accada, dal momento che le azioni possono anche muoversi lateralmente per un po’ prima del prossimo trend rialzista, invece di arretrare), lo considereremmo opportunisticamente.

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