Gli investitori non stanno perdendo fiducia negli assets statunitensi

21/05/2025 06:00
Gli investitori non stanno perdendo fiducia negli assets statunitensi

I titoli del Tesoro USA a lungo termine presentano un premio storicamente basso.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM

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Nessun dato importante per i mercati in uscita. Oggi terranno un discorso sia Lane, capo economista e membro della BCE e Bowman, membro del FOMC.

Ieri i prezzi alla produzione delle Germania YoY di aprile, pari a -0.9%, sono risultati in maggiore flessione rispetto alle attese (-0.6%), sia rispetto al dato di marzo (-0.2%).

Secondo i dati LSEG, le azioni statunitensi sono balzate del 22% dai minimi di aprile, dopo la svendita innescata dalle politiche statunitensi. I titoli tecnologici hanno guidato i guadagni, rafforzando la preferenza degli investitori per il tema dell'intelligenza artificiale (IA). Eppure, quando le azioni sono scese, lo stesso è accaduto al dollaro USA e ai titoli del Tesoro, alimentando il dibattito sulla perdita di fiducia degli investitori negli asset statunitensi. Non crediamo che sia questo il caso.

Il dollaro è ancora storicamente forte. E sosteniamo da tempo che gli investitori vorrebbero un premio a termine, o una remunerazione, maggiore per detenere obbligazioni statunitensi a lungo termine, dati i deficit fiscali persistentemente elevati, l'inflazione statica e la volatilità obbligazionaria. Ma nonostante questo, i titoli del Tesoro a lungo termine presentano ancora un premio al rischio relativamente basso rispetto al passato. L'inflazione trainata dai dazi e le possibili ulteriori contrazioni trimestrali del PIL sono simili a periodi passati in cui il dollaro è sceso, il premio a termine è aumentato e gli investitori non hanno messo in discussione gli asset statunitensi.

Premio a termine decennale USA e dollaro USA (1970 – 2000)

Immagine contenuto

Fonte: Fed NY, e dati Bloomberg.

Crediamo che gli investitori manterranno una posizione sovrappesata sui titoli azionari statunitensi su un orizzonte tattico di sei-dodici mesi grazie alla forza delle aziende statunitensi e alle mega-forze in gioco, ovvero i grandi cambiamenti strutturali come l'intelligenza artificiale che stanno guidando la trasformazione economica paragonabile alla rivoluzione industriale.

Lo stato finale di questa trasformazione è ignoto, il che rende l'allocazione degli asset a lungo termine estremamente complessa. Questo ci porta a dire che non possiamo più basare le nostre opinioni su un singolo scenario base e, come sosteniamo da tempo, le allocazioni statiche non funzionano nel mondo post-pandemico. Per questo motivo è possibile prevedere che gli investitori sviluppino diverse ipotesi di lungo termine sul mercato dei capitali, costruendo allocazioni strategiche attorno ad uno scenario di partenza, ma monitorandone altri in modo da sapere come riorientare i portafogli qualora questi si concretizzassero. Questo consentirà loro di agire rapidamente man mano che apprendono di più sull'evoluzione della trasformazione.

Già, ma qual è lo scenario di partenza? Riteniamo che debba essere l'attuale struttura del mercato dei capitali globale, con gli asset statunitensi ancora fondamentali per i portafogli. Questo perché rigide regole economiche limitano la rapidità con cui la struttura può cambiare. La recente sospensione di 90 giorni di molti dazi tra Stati Uniti e Cina illustra una di queste regole: le catene di approvvigionamento non possono essere riorganizzate rapidamente senza interruzioni. La decisione di Moody's di declassare il rating creditizio di prim'ordine del governo statunitense mette in luce una seconda regola: mantenere sostenibile il debito statunitense si basa su finanziamenti ingenti e costanti da parte degli investitori stranieri.

Il declassamento rafforza la sfida della sostenibilità fiscale degli Stati Uniti che abbiamo a lungo segnalato, in particolare i persistenti deficit di bilancio statunitensi in un momento in cui i tassi di interesse più elevati stanno facendo aumentare i costi del servizio del debito. Se queste dinamiche intaccassero la fiducia dei detentori di obbligazioni esteri, l'aumento del premio a termine potrebbe far salire ulteriormente i rendimenti obbligazionari e i costi del servizio del debito.

Ecco perché il punto di partenza include anche la previsione di un aumento del premio a termine per i titoli del Tesoro USA e una persistente pressione inflazionistica. In quest’ottica riteniamo possibile che gli investitori sovrappesino le obbligazioni indicizzate all'inflazione e il credito investment grade globale, dati gli spread più ampi. La trasformazione economica rende tuttavia più complessa la costruzione di portafogli a lungo termine.

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