Google, offerta da Perplexity per Chrome

La proposta arriva alla vigilia della decisione dell’antitrust statunitense che potrebbe costringere Alphabet a vendere il browser della sua controllata.
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Perplexity punta Google Chrome
Google Chrome nelle mire di Perplexity, la startup per l’intelligenza artificiale. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, l’azienda californiana avrebbe fatto un’offerta da 34,5 miliardi di dollari per acquistare il browser della società detenuta da Alphabet.
Il prezzo offerto risultato maggiore rispetto alla valutazione della stessa Perplexity, stimata in 18 miliardi, ma dietro ci sarebbero diversi investitori pronti ad appoggiare la transazione, secondo quanto spiegato dalla stessa azienda.
"Diversi grandi fondi di investimento hanno accettato di finanziare l'intera transazione", ha dichiarato Dmitry Shevelenko, Chief Business Officer di Perplexity, senza rivelare i nomi di questi investitori.
L'offerta arriva poco dopo che anche la startup rivale di intelligenza artificiale OpenAI ha espresso interesse per l'acquisizione di Chrome, che insieme al software open source Chromium è il principale strumento di accesso al web su PC.
Google non ha finora commentato la notizia né si è detto disponibile a valutare l’offerta di Perplexity.
Il faro dell’antitrust USA
La vicenda si inserisce in un contesto in cui Google resta osservata speciale da parte dell’antitrust statunitense per l’accusa di posizione dominante sul mercato. Nel 2020, il Dipartimento di Giustizia aveva avviato un’indagine e, lo scorso anno, il giudice distrettuale Amit Mehta aveva emesso una sentenza con cui giudicava “monopolista” il colosso tecnologico ed entro il mese prossimo dovrà decidere se costringere Google allo spezzatino.
Secondo i media americani la mossa di Perplexity è da leggere anche in quest’ottica: esistono acquirenti interessati nel caso in cui la Corte dovesse chiedere la vendita del motore di ricerca.
Il legame è confermato anche da quanto scritto da Perplexity in una comunicazione formale indirizzata a Sundar Pichai, ad di Alphabet, nella quale si precisava che la sua proposta di acquisizione è “concepita per soddisfare un rimedio antitrust nell'interesse pubblico superiore, affidando Chrome a un operatore competente e indipendente”.
Nel corso delle audizioni legate al processo, Pichai aveva sempre dichiarato che obbligare l'azienda a vendere il browser o a condividere dati sensibili con i concorrenti danneggerebbe il business di Google, scoraggerebbe gli investimenti in nuove tecnologie e potrebbe generare rischi per la sicurezza informatica.
La strategia
Da Perplexity spiegavano di non voler apportare "modifiche nascoste" a Chrome: "Questo fa parte del nostro impegno per la continuità e la libertà di scelta degli utenti e sarà probabilmente visto come un vantaggio in termini di stabilità per Google e i suoi numerosi inserzionisti", affermava il portavoce.
Se l'offerta dovesse essere accettata e l'accordo approvato, Perplexity ha annunciato di voler investire 3 miliardi di dollari nei prossimi due anni in Chrome e Chromium ed "estenderà le offerte a una parte sostanziale dei talenti di Chrome". L'azienda ha aggiunto che la sua offerta a Google non includeva alcuna partecipazione azionaria in Perplexity, per evitare qualsiasi preoccupazione antitrust.
L'offerta "sottovaluta notevolmente l'asset e non dovrebbe essere presa sul serio", secondo Colin Sebastian, analista di Robert W. Baird & Co., che stima il suo valore vicino ai 100 miliardi di dollari. Considera inoltre uno spin-off forzato "improbabile, dati i potenziali danni per gli utenti derivanti da prodotti di qualità inferiore e meno affidabili, e la complessità di svincolare questi prodotti dalla piattaforma di Google quando rimedi alternativi possono raggiungere gli obiettivi giudiziari dichiarati".
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