Governo in cerca di uno sposo per Mps. Via al risiko bancario

Incalzato dalla Vigilanza europea, il governo deve trovare una soluzione per l’uscita dalla banca più antica del mondo. La via più sensata sono le nozze che accenderanno il risiko di tutto il comparto: Banco BPM, Bper Ubi non staranno alla finestra. Unicredit invece guarda all’Europa mentre Intesa ha munizioni in cascina per il ruolo da predatore.
Via al risiko bancario.
I grandi investitori guardano alle nozze transfrontaliere dopo le indiscrezioni del Financial Time che, in caso di mancata fusione tra Commerzbank e Deustche Bank, ha scritto che un altro pretendente è pronto a farsi avanti: Unicredit avrebbe già messo gli occhi su Commerzbank.
Operazione che industrialmente ha un razionale forte. Unicredit è presente in Germania con il gruppo Hvb.Come si sa, quando due big si mettono insieme, i concorrenti non stanno a guardare.
Ma senza valicare le Alpi, anche nel nostro territorio il risiko bancario prende forma, spinto in primis dai giudizio della Vigilanza europea.
Mps, Ubi Banca, BancoBpm e Bper, da quattro gruppi presto potrebbero nascere due realtà. In tutto stiamo parlando di 9 miliardi di capitalizzazioni, per banche che trattano a multipli storicamente molto bassi: tra le 0,3 e le 0,5 volte il patrimonio netto.
Sullo sfondo la forte esigenza di tagliare i costi, o meglio le filiali, e investire pesantemente nel digital banking, per non essere superati dai colossi come Unicredit e Intesa SanPaolo, senza contare Bnp Paribas.
Mps è da tempo in cerca di uno sposo
Dopo aver corteggiato le big italiane senza grande successo, il governo, principale azionista, sarebbe al lavoro per una soluzione di sistema. I rumor narrano di pressioni su BancoBpm, guidate anche dal vicino rapporto del Banco con la Lega.
L’assemblea di Bpm è in agenda domani. Il gruppo non ha ancora digerito pienamente la fusione tra Banco Popolare e Bpm e forse un’altra operazione straordinaria con una banca, un po’ troppo distante sia come cultura che storia e dimensioni, non sarebbe facile. Ma una decisione va presa.
Entro fine anno l’esecutivo dovrà rispondere a Bruxelles sulle modalità con cui uscire dal capitale della Banca più antica del mondo, prima del termine fissato per il 2021. La soluzione più rapida è appunto una fusione.
Scartata Bpm, sulla carta appare più probabile quella con Bper, guidata da Unipol. Il progetto industriale sembra infatti più credibile. Forte taglio costi, perché molte filiali si sovrapporrebbero, e condivisione degli ingenti investimenti nel digital banking. Qualcuno ci aggiunge sinergie nel bancassurance, ma la storia insegna che sono poche.
Ubi: il ruolo di predatore
A giocare il ruolo di predatore c’è poi Ubi che su Mps si era già fatta avanti. Il 12 aprile si terrà l’assemblea dei soci. Appuntamento importante perché sarà rinnovato il cda e si attende una ventata di novità. Il nuovo gruppo di dirigenti avrà davanti a sé tre anni per elaborare un piano industriale di medio lungo respiro, dunque anche con operazioni di M&A. Victor Massiah, attuale a.d. del gruppo, più volte ha dichiarato che la strada delle aggregazioni è nei dossier sul tavolo e il momento delle scelte è vicino.
Una fusione anche solo annunciata, tra Mps e un altro gruppo, rimescolerebbe le carte in tavola, facendo scattare il risiko bancario dell’intero settore. Le concorrenti, infatti, non starebbero a guardare e a quel punto è gioco forza, tra gli attori rimasti esclusi, allearsi.
A fronte di uno scenario di risiko bancario i titoli coinvolti potrebbero proseguire il rally di questi mesi. Il taglio costi e le sinergie derivanti da una fusione spiegherebbero valutazioni più elevate. Se poi scatteranno anche delle situazione di contesa, allora tra i due litiganti il terzo gode, e sarà l’azionista.
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