Grandi manovre in Mps: Del Vecchio e Caltagirone si rafforzano in vista del risiko bancario
I due imprenditori italiani stanno aumentando la loro posizione all’interno del capitale della banca senese seguendo il piano del Governo di creare un terzo polo bancario.
Le grandi manovre dei due soci di Mps
Si muovono le pedine del risiko bancario italiano che coinvolge Banca Monte di Paschi di Siena. Protagonisti delle ultime mosse sulla scacchiera sono quelli che sembrano essere due grandi protagonisti della partita che si sta giocando nella banca in attività più antica al mondo: la famiglia Del Vecchio e Francesco Gaetano Caltagirone.
Il blitz della famiglia Del Vecchio è stato pubblico ieri sera dagli ultimi aggiornamenti della Consob sulle partecipazioni rilevanti, dai quali emerge che la sua controllata, Delfin, ha aumentato la sua partecipazione in Mps dal 3,51% dichiarata il 13 novembre all’attuale 9,78%, rafforzando così la sua posizione di protagonista nel settore bancario sfiorando la soglia del 9,9%, oltre la quale è necessaria l’autorizzazione della Banca centrale europea. L'operazione, indicata al 27 dicembre, rientra nell'ambito di una complessiva operazione di "share forward" e "collar share forward", precisa la Consob.
Aumentata la quota in possesso dell’altro protagonista, Caltagirone, salito ora al 5% dal 3,5% acquisito a novembre scorso, mentre secondo indiscrezioni riportate da MF e La Stampa, anche l’imprenditore romano avrebbe aumentato la sua partecipazione fino alla soglia del 9,9%.
L’impegno nella governance
Il rafforzamento dei due imprenditori potrebbe puntare a rafforzare “il controllo di Mps e può far pensare anche a possibili alternative di consolidamento", commentano gli analisti di Equita Sim che su Mps confermano la raccomandazione ‘hold’, con prezzo obiettivo a 6,2 euro rispetto ai 7,108 euro di questa mattina (+1%).
I due imprenditori erano entrati nel capitale della banca a novembre insieme a Banco Bpm rispondendo alla ‘chiamata’ del Governo guidato da Giorgia Meloni per la cessione della terza tranche della sua partecipazione detenuta dal Tesoro. Aggiungendo la quota ancora in mano al Tesoro, i soci italiani vantano una presa del 35,4% del capitale.
L’ultima mossa, arrivata a poche settimane, viene da molti interpretata come un rafforzamento del nocciolo duro nell’azionariato, impegnandosi anche nella governance. Nel cda di Mps a fine dicembre, infatti, sono entrati cinque nuovi membri, in sostituzione di cinque esponenti indipendenti già indicati dal Tesoro, che sono riconducibili, in parte, sia a Caltagirone che a Delfin.
L’alternativa a UniCredit
Questo scenario rientra negli obiettivi dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni che punta a creare un terzo polo bancario in italiano con Banco Bpm quale ‘cavaliere bianco’ scelto per acquistare Mps.
La crescita dei due soci privati, di fatto, rende meno cruciale, ai fini della stabilità dell'azionariato, la partecipazione di Banco Bpm, pari al 5% del capitale, finito sotto l'Ops lanciata pochi giorni dopo l'investimento a Siena dall’altro giocatore seduto davanti alla scacchiera, ovvero UniCredit.
Dunque, la partita tra il Governo da un lato e Piazza Gae Aulenti dall’altra sembrerebbe trovare sbocchi diversi dallo scontro frontale, considerando anche la ‘campagna tedesca’ di UniCredit attualmente in corso in Germania con Commerzbank.
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