Idrogeno sì, ma quello verde


L’industria energetica sta attraversando cambiamenti epocali, con un'attenzione sempre maggiore all'energia pulita, eolica e solare in primis. La tecnologia che è rimasta in gran parte nel dimenticatoio è quella l’idrogeno.

A cura di Antonio Tognoli Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso CFO Sim


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Il piatto forte ci sarà domani e venerdì in cui verranno comunicate le richieste settimanali di sussidi alla disoccupazione in USA, i prezzi al consumo della Germania e quelli dell’Europa.

Ieri la flessone degli ordini di beni durevoli USA è risultata minore delle stime degli analisti (-0,2% contro -0,4 stimato) e migliore delle stime è risultato anche la fiducia dei consumatori (108 punti contro 104, 5 stimato).

In un momento congiunturale in cui il prezzo dell’energia elettrica è particolarmente elevato, ha ancora senso economico agevolare la mobilità elettrica o meglio sarebbe investire quelle risorse nella transizione verso l’idrogeno?

Con l’impiego di fonti energetiche alternative, l’idrogeno verde (green hydrogen) potrebbe diventare competitivo. Il suo uso infatti potrebbe essere favorito da opportune politiche di incentivazione e inserito nei piani di sviluppo sostenibile, prospettando enormi riduzioni di emissione di CO2.

Con la pubblicazione della strategia sull'idrogeno da parte della CE nel 2020, la produzione sostenibile di H2 è diventata una priorità di investimento all'interno del piano Next Generation Europe. Solo l’Italia nell’ambito del PNRR investirà 3,2 miliardi di euro per la ricerca, la sperimentazione, la produzione e l'utilizzo di H2.

L’uso dell’idrogeno oggi è dominato dalle applicazioni industriali. Quattro sono gli impieghi principali, sia nella forma pura che miscelata: raffinazione del petrolio (33%), produzione di ammoniaca (27%), produzione di metanolo (11%) e produzione dell’acciaio attraverso la riduzione diretta del minerale di ferro (3%). Quasi tutto è prodotto utilizzando combustibili fossili. Più del 60% dell’idrogeno usato nelle raffinerie è prodotto da gas naturale.

L'idrogeno molecolare è attualmente prodotto su larga scala, ma utilizzato principalmente per la sintesi dell'ammoniaca, nei processi di raffinazione del petrolio e per la sintesi del metanolo. È un derivato dal gas naturale, e l'energia necessaria per produrlo proviene in gran parte dai combustibili fossili. L’idrogeno così prodotto è chiamato grigio o marrone. Ricercatori, aziende e governi si stanno ora concentrando sull'unica opzione che porta a zero emissioni di CO2, cioè l'idrogeno verde. In questo caso la materia prima è l'acqua dolce, che viene scissa in idrogeno e ossigeno per mezzo di elettrolizzatori alimentati da elettricità ottenuta da fonti rinnovabili. Attualmente, il prezzo dell'idrogeno verde è almeno tre volte più alto della sua controparte grigia, e la tecnologia degli elettrolizzatori non è sufficientemente sviluppata per produrre milioni di tonnellate di H2 l'anno. Occorrono quindi investimenti che riducano il costo di produzione.

E’ stimabile che entro una decina d’anni l'idrogeno verde diventerà competitivo sul mercato. Ma perché sia effettivamente verde, occorre che sia prodotto con fonti rinnovabili. E qui inizia il problema. Finché non avremo grandi surplus di elettricità rinnovabile, cosa che difficilmente avverrà prima del 2030, usare l'elettricità per produrre idrogeno e poi utilizzarlo per alimentare le auto o riscaldare gli edifici appare in contrasto con l'obiettivo di aumentare l'efficienza energetica dell'UE del 32,5% entro il 2030. Prendiamo come esempio l’Italia. Al fine di decarbonizzare il sistema elettrico, ancora basato in larga parte sul gas naturale, sarebbe necessario un aumento della produzione di elettricità rinnovabile. L'attuale quota di produzione elettrica rinnovabile in Italia, che cuba circa il 35% - 40% (120 TWh/a) deve essere aumentata a circa il 70% (cioè oltre 200 TWh/a) entro il 2030 per raggiungere gli obiettivi dell'UE. Questo significa generare almeno 80 TWh/a di elettricità verde. La somma complessiva, pari a 165 TWh/a, è più del 50% dell'attuale consumo nazionale di elettricità e non è oggettivamente realistico generare ex-novo una produzione così grande in meno di un decennio.

E’ necessario investire in ricerca sull'idrogeno così come è fondamentale continuare ad investire nella diffusione delle rinnovabili. E’ però arrivato il momento per l'Unione Europea di prendere decisioni politiche forti sulle priorità per il prossimo decennio, e occorre fare una scelta chiara tra puntare principalmente sull'elettrificazione diretta o sulla produzione di idrogeno.

Vale la pena investire nelle società del settore? E’ innegabile che l’industria energetica sta attraversando cambiamenti epocali che puntano a un ruolo più importante per l’energia pulita. L’energia eolica e solare la fanno al momento da padrone e i veicoli elettrici stanno ribaltando l’industria dei veicoli passeggeri.

La tecnologia che è rimasta in gran parte nel dimenticatoio è proprio quella l’idrogeno. Tecnologia che sta trovando applicazioni sostenibili e a lungo termine, in grado di creare un mercato potenzialmente enorme per alcuni dei titoli più importanti del settore.

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