Il maggior costo del debito per Governi e imprese si vedrà nei prossimi due anni


I forti aumenti dei tassi sia in Europa che negli USA hanno aumentato notevolmente i costi di indebitamento sia per le aziende che per i governi, in un contesto di inflazione elevata che non si vedeva da decenni e di una stretta coordinata di politica monetaria da parte delle banche centrali mondiali. Dopo 15 anni di credito facile, occorrerà fare i conti con il cambiamento.

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Vendite al dettaglio MoM di agosto dell’Italia (stima zero contro +0,4% di luglio). Variazione occupati USA di settembre (stima 163k contro 187k di agosto) e tasso di disoccupazione USA sempre di settembre (stima 3,7% contro 3,8% di agosto) entrambi alle 14:30.

Ieri la produzione industriale della Francia MoM di agosto è risultata leggermente migliore delle attese (-0,3% contro -0,4% stimato), ma in peggioramento rispetto a luglio (+0,5%). Le richieste di sussidi alla disoccupazione USA sono risultate leggermente più basse delle attese (207k contro 210k stimato), ma in crescita rispetto alle 204k della scorsa settimana.

Non ci siamo mai soffermati sul fatto che probabilmente l’era dei bassi costi di indebitamento è finita. I forti aumenti dei tassi sia in Europa che negli USA hanno aumentato notevolmente i costi di indebitamento sia per le aziende che per i governi, in un contesto di inflazione elevata che si vedeva da decenni e di una stretta coordinata di politica monetaria da parte delle banche centrali mondiali.

Nonostante le condizioni finanziarie più restrittive, l’accesso ai mercati dei capitali di debito non ha ancora rappresentato una preoccupazione significativa, salvo che per gli emittenti di qualità inferiore. Occorrerà prima o poi fare i conti con le ripercussioni di quasi 15 anni di politiche di tassi di interesse vicini allo zero, che hanno portato ad un aumento significativo dei livelli di debito aggregato nei mercati pubblici e privati. E’ scontato che questo avrà diverse implicazioni importanti nei prossimi anni, in particolare per gli emittenti di qualità inferiore dove gli oneri del servizio del debito sono più elevati rispetto agli utili (e infatti i default hanno già cominciato ad aumentare).

Per gli emittenti investment grade, gli effetti sono più sfumati. Sebbene la crescita del debito corporate abbia portato nel tempo ad un notevole deterioramento della qualità del credito, si tratta di una tendenza ben compresa e crediamo che la maggior parte di questi emittenti dovrà affrontare in futuro sfide minori, rispetto agli emittenti di qualità inferiore, nel caso in cui i tassi rimangano effettivamente più alti per un periodo più lungo.

Spinte dai costi di finanziamento ai minimi storici seguiti alla crisi finanziaria globale del 2008/2009, gli emittenti investment grade sono stati incentivati ad aumentare l’importo del debito nella composizione del capitale investito. L’allocazione di capitale più aggressiva ha portato molte aziende a spendere/investire di più dei flussi di cassa generati, facendo quindi ricorso massicciamente alla leva finanziaria per perseguire le spese in conto capitale, massimizzare i rendimenti per gli azionisti e sfruttare le occasioni di fusioni e acquisizioni su larga scala.

Spesso la leva finanziaria è stata spinta al limite rispetto a quanto normalmente è considerato appropriato per un’entità con rating investment grade. Dalla fine del 2006, il debito nozionale totale in circolazione nell’indice ICE BofA U.S Corporate è aumentato da 1,9 trilioni a 8,6 trilioni di dollari. Un impressionante tasso di crescita annuale composto del 10% e più del doppio della crescita del PIL degli USA (nello stesso periodo anche il debito pubblico USA è aumentato ad un CAGR del 12%).

Nel lungo termine i costi del debito più elevati rispetto a quelli di equilibrio potrebbero portare a minori emissioni, soprattutto considerato che a maggiori costi di finanziamento diventa sempre più difficile trovare progetti di investimento il cui ritorno reddituale sia maggiore del costo medio ponderato del capitale.

Una fonte di preoccupazione a lungo termine riteniamo possa anche essere rappresentata dalla crescita del debito pubblico USA, poiché le esigenze di emissione rimangono elevate a causa dell’aumento dei deficit. Si tratta di un fattore di rischio strategico che, a nostro parere, supporta la visione di rendimenti più alti nel lungo termine e crediamo che sarà qualcosa da tenere sotto stretta osservazione nei prossimi trimestri.

Per gli investitori investment grade, una conseguenza dell’elevata emissione di debito societario è stata che un certo numero di grandi società industriali con rating elevato hanno ritenuto opportuno sacrificare i loro rating (per esempio “A”) in favore di decisioni più aggressive di allocazione del capitale e sono state successivamente declassate alla categoria “BBB”. Al deterioramento della qualità del mercato investment grade ha contribuito anche l’aumento dell’ammontare del debito emesso dalle società già con rating BBB.

E’ possibile stimare che attualmente circa il 60% del mercato non finanziario investment grade liquido abbia un rating BBB rispetto al 35-40% circa di 10 anni fa. Inizialmente, questa ondata di declassamenti e di emissioni con rating BBB elevati, che ha raggiunto il culmine nel periodo 2016-2018, è stata vista come un segnale di un eccesso di rischio nel mercato. L’opinione prevalente, a quel tempo, era che livelli di debito e leva finanziaria più elevati avrebbero aumentato la probabilità di futuri declassamenti dei rating. Riteniamo che gli operatori di mercato abbiano oggi una migliore comprensione del nuovo paradigma in cui la maggior parte degli emittenti ha un rating BBB.

Con la fine dell’era del debito a buon mercato e con un contesto economico più incerto, riteniamo che gli emittenti non finanziari potrebbero gestire i propri bilanci in modo più conservativo in futuro, facendo quindi meno ricorso alla leva finanziaria. A lungo termine questo potrebbe potenzialmente portare a una riduzione del debito investment grade non finanziario in circolazione.

Le società con rating investment grade sono più resilienti e dispongono di una maggiore flessibilità finanziaria per onorare il debito a costi più elevati durante un ciclo economico meno positivo, rispetto agli emittenti high yield di qualità inferiore. Fortunatamente, la crescita aggregata del debito nel mercato high yield negli ultimi 15 anni si è attestata al 5% e le tendenze sottostanti del credito sono state in realtà meno negative rispetto al deterioramento del mercato investment grade.

Ci aspettiamo che la pressione dei maggiori oneri finanziari possa farsi sentire in modo più acuto per gli emittenti di qualità inferiore che hanno meno flessibilità finanziaria e capacità di far fronte a maggiori spese per interessi. Questo rischio potrebbe raggiungere il culmine tra la fine del 2024 e il 2025 con l’avvicinarsi dei limiti della scadenza. Stimiamo che solo il 5% del mercato high yield sia stato adeguato ai tassi/cedole di mercato attuali.

Considerando le cedole di nuova emissione quest'anno, esse sono state in media dell'8,4%, in aumento di 120 bp rispetto al 2021 e di quasi 325 bp rispetto al 2020. Fortunatamente, c'è un ritardo per quanto riguarda l'effetto dei maggiori costi di finanziamento e la capacità di un'azienda per servire e rifinanziare il debito. Ci vorranno però probabilmente diversi anni prima che le cedole storicamente basse nel mercato high yield vengano completamente sostituite con nuovo debito a costi più elevati, lasciando agli emittenti alcune leve per contribuire a mitigare questo potenziale ostacolo a lungo termine, nell’attesa che i tassi ritornino più bassi.

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