Il punto di Antonio Tognoli

10/12/2021 08:15
Il punto di Antonio Tognoli

Quale sarà la mossa della FED: sceglierà di tenere i tassi reali negativi, favorendo così la crescita del PIL e dell’occupazione, e accettando al contempo un’inflazione maggiore, oppure porterà gradualmente i tassi reali in territorio positivo smorzando gli effetti inflazionistici, ma allo stesso tempo spegnendo la crescita e l’occupazione?

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Prezzi al consumo YoY di Novembre in uscita oggi: si comincia alle 8:00 con quelli della Germania (stima 5,2% contro 4,5% di Ottobre), e si prosegue alle 14:30 con quelli USA (stima 6,7% contro 6,2% di Ottobre). Alle 16:00 è attesa invece la fiducia dei consumatori di dicembre dell’Università del Michigan (stima 67 punti contro 67,4 di novembre).

Possibile anticipo della fine del tapering a marzo 2022

Inflazione dunque sempre più strutturale e che, secondo alcuni analisti, potrebbe indurre la FED ad anticipare la fine del tapering a marzo 2022 (invece di giugno) e magari ad alzare i tassi entro la fine del 2022 (invece che nel 2023). Di questo e di altro alla FED ne parleranno al prossimo meeting previsto per il 14-15 dicembre. Non siamo però del tutto convinti che la soluzione ideale sia quella di accorciare i tempi del tapering e alzare i tassi prima del 2023.

Se tuttavia così fosse, la scelta della FED sarebbe quella di penalizzare la crescita economica che nonostante appaia robusta in realtà ha ancora i piedi d’argilla, configurandosi come un rimbalzo dai minimi dello scorso anno. Potrebbe essere il secondo errore della FED, dopo quello del 2018 dove i tassi erano stati alzati 4 volte nel tentativo di adeguare la politica monetaria al miglioramento delle condizioni economiche, rivelatesi poi meno brillanti del previsto. In ultima analisi, la FED è chiamata a scegliere tra tenere i tassi reali negativi (sapendo che sono sempre meno sostenibili), favorire la crescita del PIL e dell’occupazione ma accettare un’inflazione maggiore, oppure portare gradualmente i tassi reali in territorio positivo smorzando gli effetti inflazionistici, ma allo stesso tempo spegnere la crescita e l’occupazione.

Non siamo neanche del tutto convinti che l’inflazione più bassa, unita alla minore domanda di lavoro delle imprese, possa portare a disinnescare la spirale salari/prezzi. Per due motivi. Il primo è che i salari hanno già perso potere d’acquisto, che dovrà prima poi essere recuperato. Il secondo è che una riduzione dell’inflazione non comporta una flessione dei prezzi, ma una flessione della loro crescita. Ma sempre di crescita stiamo parlando e quindi di ulteriore erosione del potere d’acquisto. Si tratta in sostanza di trovare quel tasso “neutrale” che consenta la piena occupazione e il pieno sfruttamento della capacità produttiva con una inflazione stabile. Il come arrivarci è compito della FED.

I tassi reali negativi: conseguenze

I tassi reali negativi hanno portato ad uno sganciamento dei prezzi da quelli che si definiscono i fondamentali degli assets. Siccome gli investitori guardano avanti, si interrogano per capire due cose: quale sarà la mossa della FED che non spaventi gli investitori e possa scatenare un sell-off generalizzato e se esistano forze strutturali che faranno si che i tassi restino depressi indipendentemente dalla FED. L’incertezza che si respira e per certi versi l’inedita politica monetaria che sarà adottata, contribuiscono a tenere alta la volatilità dei mercati. Ciò che appare sempre con maggiore evidenza è che nel ciclo economico che si va profilando le strategie di investimento basate su scenari storici similari possono risultare decisamente non adatte. Il 2022 sarà un anno in continuo cambiamento e decisivo per le performance delle diverse asset class, stili di investimento, settori, aree geografiche e valute, in grado di tracciare la strada per la restante parte del ciclo.

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