Il vaccino anti-Covid di AstraZeneca fa bene anche al petrolio


Le quotazioni di Brent e Wti continuano a muoversi in positivo in scia alle previsioni di ripresa dei mercati nei prossimi mesi. A sostenere i prezzi anche la previsione di un’estensione dei “tagli alla produzione” da parte dei Paesi Opec+ oltre la scadenza prevista per gennaio.


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Il Brent guadagna il 2,45%, il Wti l’1,51%

Il petrolio risale la china sulla scia delle “buone notizie” sul fronte Coronavirus. Ieri la società farmaceutica Uk AstraZeneca ha annunciato che il vaccino, sviluppato in collaborazione con Oxford, ha un’efficacia media del 70% (con risultati anche del 90% legati a diverse somministrazioni del preparato).

Tanto è bastato per imprimere un’accelerazione del 2% sui prezzi del petrolio. L’oro nero ha così esteso i guadagni dei giorni scorsi quando le notizie sugli altri due vaccini in fase di immissione sul mercato (quello di Pfizer e quello di Moderna) hanno determinato una risposta positiva netta da parte dei mercati, con un balzo del 5% la scorsa settimana.

Il Brent è salito ieri del 2,45% (+1,10 dollari) arrivando a una quotazione di 46,06 dollari al barile, mentre il West Texas Intermediate ha guadagnato 64 centesimi a 43,06 dollari al barile, con un guadagno dell'1,51%.

Estendere i limiti alla produzione di altri tre mesi

A rafforzare la fiducia sul settore anche le aspettative in base a cui l'Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (Opec), la Russia e altri produttori (il gruppo noto come Opec+), avrebbero intenzione di estendere l’accordo per limitare la produzione.

Il gruppo di produttori avrebbe dovuto aumentare la produzione di 2 milioni di barili al giorno (pbd) a gennaio (circa il 2% del consumo globale) nell’ambito di un costante allentamento dei tagli record alla produzione messi in atto nel corso del 2020 come risposta alla débâcle provocata dalla pandemia di Covid-19.

La seconda ondata, però, ha messo il freno ai piani dell’Organizzazione. Nella riunione calendarizzata per il 30 novembre e il 1° dicembre i Paesi esportatori potrebbero prendere in considerazione non soltanto la possibilità di ritardare l’aumento della produzione, ma anche quella di effettuare ulteriori tagli.

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