Il vero market mover del 2026 sarà il nuovo presidente della Fed, i possibili impatti sui mercati

05/12/2025 14:30
Il vero market mover del 2026 sarà il nuovo presidente della Fed, i possibili impatti sui mercati

Nel 2026 ci sarà un passaggio storico per la politica monetaria mondiale: la fine del mandato di Jerome Powell apre la corsa alla guida della Fed, un evento che può influenzare rendimenti, valute, spread e rotazioni settoriali. Le dinamiche politiche di Washington, unite alle attese dei mercati su Kevin Hassett e sugli altri candidati, delineano scenari profondamente diversi per l’economia globale.

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La nuova partita per la guida della Fed

Per comprendere la portata della svolta attesa nel 2026, è necessario partire dal contesto delineato da Filippo Diodovich Senior Market Strategist di IG Italia, che evidenzia come la scadenza del mandato di Jerome Powell, fissata al 15 maggio 2026, rappresenti uno dei temi più sensibili per gli investitori globali. Sebbene Powell possa restare nel Board fino a gennaio 2028, il cambio di guida alla Fed segna un momento cruciale per l’istituto che governa il costo del denaro nella principale valuta di riserva mondiale. Ogni nuovo presidente implica un diverso equilibrio tra priorità di crescita e controllo dei prezzi, una diversa soglia di tolleranza per la volatilità finanziaria e un diverso grado di indipendenza rispetto alla presidenza Trump.

Il ruolo della Fed, spiega Diodovich, va oltre la gestione tecnica dei tassi: influenza capitali, valutazioni e strategie globali. Per questo, il processo di designazione del successore di Powell non riguarda solo politica e istituzioni statunitensi ma entra direttamente nel pricing dei Treasury e nei movimenti valutari. Il clima attuale è ancora segnato da voci, shortlist e anticipazioni, senza una nomina formale. Trump ha confermato di avere già scelto il successore ma ha lasciato chiaramente intendere che il nome sarà reso pubblico solo all’inizio del 2026, mantenendo aperta un’incertezza che i mercati percepiscono in ogni oscillazione della curva Usa.

Il favorito e la competizione sottotraccia

Dentro questa fase preliminare prende forma, come sottolinea Diodovich, un consenso attorno a una rosa ristretta di candidati. Tra questi spicca Kevin Hassett, economista di lungo corso, già direttore del National Economic Council e figura molto vicina alla Casa Bianca. Al suo fianco restano candidati con solide credenziali interne come Christopher Waller, governatore della Fed, o Michelle Bowman, mentre Kevin Warsh, forte dei legami con Wall Street, aggiunge una componente più orientata ai mercati. A chiudere la lista figura Rick Rieder, Chief Investment Officer del reddito fisso globale di BlackRock, il cui profilo porterebbe un approccio marcatamente finanziario alla guida dell’istituto.

Le piattaforme di scommesse e previsione come Polymarket e Kalshi indicano Hassett con probabilità intorno al 75%, Waller vicino al 15%, Warsh intorno all’8% e una percentuale minima per nomi esterni. Questo porta molti operatori a definire Hassett una sorta di “shadow Fed chair”, un presidente di fatto in grado di influenzare già ora le attese sul percorso dei tassi.

Parallelamente, sottolinea Diodovich, emergono pressioni politiche che potrebbero ampliare l’influenza dell’esecutivo. Il Segretario al Tesoro Scott Bessent sostiene modifiche nella governance dell’istituto, ad esempio nei requisiti per la guida delle Fed regionali, con l’obiettivo di ridurre l’autonomia di una banca centrale da sempre considerata un punto di equilibrio nel sistema statunitense.

Gli scenari in caso di vittoria di Hassett

Il primo scenario per gli investitori parte quindi dal candidato più probabile. Una Fed guidata da Hassett, secondo l’analisi di Diodovich, avrebbe un profilo più orientato alla crescita e ai mercati rispetto alla lotta all’inflazione. La sensibilità verso occupazione e attività economica risulterebbe elevata, e questo alimenterebbe la percezione di una banca centrale meno rigida sulle pressioni inflazionistiche. Il rischio percepito riguarda un possibile aumento della pressione politica sull’istituto, con un potenziale indebolimento della sua autonomia in una fase ancora delicata.

Le implicazioni di mercato, secondo Diodovich, includerebbero una curva dei Treasury più ripida, perché la parte lunga potrebbe incorporare un premio per il rischio inflazione più elevato. Gli asset rischiosi e l’equity tenderebbero a ricevere supporto, mentre il dollaro potrebbe indebolirsi se gli investitori dubitassero della determinazione della Fed nel mantenere stabile il livello dei prezzi. È uno scenario market friendly, ma espone a un pericolo concreto: in presenza di un nuovo rialzo dell’inflazione, la Fed versione Hassett potrebbe essere costretta a un cambio di rotta più brusco.

La continuità di Waller o Bowman

Il secondo scenario, come descrive Diodovich, passa da un profilo di continuità interna. Sia Waller sia Bowman rappresentano un approccio molto data-dependent e un forte impegno alla comunicazione graduale, con l’obiettivo prioritario di riportare e mantenere l’inflazione al 2%. Una Fed guidata da loro manterrebbe un’impostazione più prevedibile, con un rischio inferiore di errori strategici.

Gli effetti di mercato, secondo Diodovich, sarebbero coerenti con un quadro di tassi più stabili e un dollaro più forte. La curva tenderebbe a rimanere più piatta, riflettendo una crescita meno impetuosa ma più equilibrata. Le valutazioni azionarie potrebbero diventare più selettive, con vantaggi per titoli quality, large cap e settori difensivi. Questo scenario garantisce stabilità e riduce il rischio di sorprese improvvise, pur non offrendo gli stessi stimoli immediati degli scenari più espansivi.

La guida outsider orientata ai mercati

Il terzo scenario immaginato da Diodovich riguarda profili come Warsh o Rieder, figure con una forte esperienza nei mercati finanziari e un approccio molto sensibile alle dinamiche di liquidità. La comunicazione di una Fed con questa guida sarebbe più orientata a evitare shock improvvisi su bond ed equity, con una reazione più rapida agli stress di mercato.

Il rovescio della medaglia, secondo Diodovich, sarebbe una maggiore volatilità, frutto della possibilità di cicli di politica monetaria più flessibili ma meno lineari. Il dollaro tenderebbe a indebolirsi per via di un’impostazione percepita come meno rigida, mentre la transizione da Powell al nuovo presidente potrebbe amplificare oscillazioni su equity e Treasury. È uno scenario che favorisce strategie attive e capacità di gestione dinamica del rischio.

Gli effetti per gli investitori europei

Il passaggio alla nuova leadership della Fed influenza direttamente anche il contesto europeo. Diodovich spiega che una Fed più espansiva ridurrebbe la pressione sui rendimenti globali, sostenendo la Bce e facilitando la stabilità degli spread dei Paesi periferici dell’Eurozona. Al contrario, un’impostazione più rigida manterrebbe i tassi elevati più a lungo, con effetti rilevanti su finanziamenti, valutazioni e flussi.

Sul fronte valutario, spiega Diodovich, un presidente più falco sosterrebbe il dollaro, con effetti importanti sulle esportazioni europee. Una Fed più accomodante indebolirebbe la valuta Usa, creando condizioni più favorevoli per l’euro. La rotazione settoriale, osserva Diodovich, cambierebbe a seconda del profilo prescelto: con Hassett emergerebbero vantaggi per ciclici globali, finanziari e società più piccole; con Waller o Bowman il mercato premerebbe su titoli quality e grandi esportatori; con Warsh o Rieder il peso dominante sarebbe quello della volatilità.

Gli indicatori chiave da monitorare nel 2026

Le tappe da seguire, secondo l’analisi di Diodovich, saranno decisive per capire l’impatto del nuovo presidente della Fed. Il primo segnale arriverà dall’annuncio della Casa Bianca, atteso all’inizio del 2026, che diventerà immediatamente un driver di mercato. Le audizioni al Senato offriranno indicazioni sulla visione del candidato in tema di inflazione, mercato del lavoro e regolamentazione bancaria.

Le prime reazioni della curva dei Treasury a 2 e 10 anni indicheranno in modo diretto la credibilità percepita del nuovo presidente. Infine, conclude Diodovich, il rapporto tra Fed, Tesoro e Casa Bianca sarà uno dei punti di osservazione più rilevanti, perché qualsiasi segnale di frizione o eccessivo allineamento politico si rifletterà sul premio al rischio richiesto dagli investitori internazionali.

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