In arrivo due maxi premi, con un valore totale del 21,2%, per il certificate sui bancari europei

Comunicazione Pubblicitaria Certificati
08/10/2025 07:45
In arrivo due maxi premi, con un valore totale del 21,2%, per il certificate sui bancari europei

Il certificate di Barclays con Isin XS3111141589 su Banca MPS, Banco BPM, Société Générale e Commerzbank staccherà un maxi-premio del 10,6% tra meno di dieci giorni, il prossimo 16 ottobre. Basterà comprare il prodotto entro il 15 ottobre per avere diritto al "cedolone", a patto che nessuno dei sottostanti sarà crollato del 50% dal livello iniziale.

I maxi-premi non sono finiti perché il certificate, il 17 dicembre, staccherà un'altra cedola molto corposa del 10,6% condizionata sempre da una barriera posta al 50% del valore iniziale dei sottostanti. In pratica, parliamo del 21,2% di rendimento entro la fine dell’anno e quindi particolarmente adatto anche per compensare eventuali minusvalenze vicine alla scadenza.

Si passa poi a premi trimestrali con memoria dell'1%, barriera cedolare al 60% del valore iniziale. Possibilità di scadenza anticipata dopo nove mesi, a partire da giugno 2026, con tutti i sottostanti oltre il livello iniziale. Scadenza cinque anni (settembre 2030) con protezione del capitale fino a cali del 40% dei sottostanti dal valore iniziale. Il certificate scambia sotto la pari a 96 euro.

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Due Maxi-premi del 10,6% (21,2% totale) il 16 ottobre e il 17 dicembre

Giovedì 16 ottobre in arrivo il primo maxi-premio pari al 10,6% del nominale (100 euro) e poi il 17 dicembre il secondo “cedolone” del 10,6%: in totale un rendimento molto elevato del 21,2% entro la fine dell’anno. Sono questi i vantaggi offerti dal nuovo certificate firmato Barclays con Isin XS3111141589 scritto su Banca MPS, Banco BPM, Société Générale e Commerzbank, che oggi è possibile acquistare sul mercato secondario sotto la pari a 96 euro.

Per incassare il primo maxi-premo del 10,6% (10,60 euro) l’investitore dovrà avere inserito il certificate nel proprio portafoglio entro il 15 ottobre, ultimo giorno utile per acquistare il prodotto con il diritto al “cedolone”. Entrambi i maxi-premi verranno pagati se nessuno dei quattro sottostanti non sarà sceso di oltre il 50% rispetto al rispettivo livello iniziale. Si tratta di una condizione facile da realizzare sulla carta perché un titolo dovrebbe in pratica più che dimezzare il proprio valore dal livello iniziale in meno di dieci giorni per il primo maxi-premio e in poco più di due mesi per il secondo “cedolone”.

Al momento, delle quattro banche sottostanti, Banco BPM si trova sopra il livello iniziale con +1,7%, Commerzbank è in calo del -3,1%, Société Générale del -5,8% e Banca MPS del -12,1% dal valore iniziale.

Di seguito i livelli di riferimento del certificato:

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Da non dimenticare che il maxi-premio è particolarmente appetibile per gli investitori con minusvalenze vicine alla scadenza all’interno del proprio zainetto fiscale. Essendo le cedole dei certificate considerate “redditi diversi”, si prestano a compensare eventuali perdite fiscali entro un periodo massimo di quattro anni dalla loro realizzazione. Il 26% di compensazione su un premio del 21,2%, è pari a un risparmio “fiscale” del 5,512%, ovviamente si tratta di tasse già pagate per cui si chiede il rimborso a fronte delle minusvalenze registrate ma che, senza una compensazione con plusvalenze da redditi diversi vanno spesso perse. Per questo motivo, questo certificate risulta particolarmente interessante con l’avvicinarsi della fine dell’anno e delle varie scadenze fiscali.

I conti delle cedole sono stati calcolati sul prezzo nominale di 100, acquistando oggi a 96 euro il rendimento delle maxi sale all'11%, ovvero 10,6 euro su 96 di acquisto. Per due maxi siamo al 22%.

Premi trimestrali con memoria dell’1%

Una volta staccato il doppio maxi-premio, questo prodotto pagherà premi trimestrali con memoria dell’1% sul nominale (100 euro), condizionate al rispetto di una barriera al 60%, il che vuole dire che sono ammessi ribassi del peggiore dei sottostanti fino a un massimo del 40% del livello iniziale.

Nel caso in cui, a una data di osservazione, anche solo uno dei sottostanti quotasse al di sotto della barriera, il premio non verrà pagato, ma resterà in pancia al prodotto e verrà corrisposto alla prima data di valutazione successiva, in cui tutti i sottostanti saranno tornati sopra la barriera.

Quindi, basterà che tutti i sottostanti si trovino sopra la barriera all’ultima data di osservazione (12 settembre 2030) per avere la certezza di incassare tutte le 18 cedole trimestrali previste e chiudere l’investimento con 39,20 euro di premi (contando anche i due maxi-premi di 10,60 euro). Acquistando il certificato oggi a 96 euro, il rendimento totale è del 45% in poco meno di cinque anni (4,93 anni), pari a un ritorno annualizzato del 9,13%.

Ecco il conto: 39,20 euro di premi (18 euro di cedole trimestrali più 21,20 euro di maxi-premio totale) più 4 euro di capital gain (differenza tra 100 euro di rimborso e il prezzo attuale di 96 euro), il risultato è 43,20 euro. Dividiamo questo numero per il prezzo di acquisto (usiamo quello attuale) di 96 euro e arriviamo a un rendimento da qui alla scadenza (12 settembre 2030) del 45%. Ora annualizziamo il rendimento per capire, all'anno, quanto rende il certificate e confrontarlo con gli altri prodotti sul mercato della stessa tipologia: dividiamo 45% per 4,93 (anni di vita residui del prodotto) e arriviamo a un ritorno del 9,13% annualizzato.

In genere con lo stacco della maxicedola, il prezzo del certificate cala del valore vicino a quello distribuito. Una strategia potrebbe essere quella di incassare il maxi-premio e aspettare che il certificate si riporti vicino al valore nominale di 100 euro e cederlo prima della scadenza per massimizzare il rendimento nel tempo. Ad aiutare il certificate a portarsi vicino al nominale, prima della scadenza, è il meccanismo di autocall, per cui il prodotto viene rimborsato in anticipo a 100 euro se i sottostanti si porteranno sul livello iniziale alle date di valutazione a partire da quella di giugno, ovvero tra nove mesi.

Rendimento molto più elevato in caso di autocall

Il rendimento potrebbe salire sensibilmente in caso di rimborso anticipato. Il prodotto, infatti, prevede la possibilità di autocall (rimborso anticipato) a partire dalla data di osservazione del 12 giugno 2026. Se quel giorno, e in tutte le successive date di osservazione, tutti e tre i sottostanti mostreranno prezzi di chiusura pari o superiori ai valori iniziali, il certificate verrà ritirato.

Agli investitori spetterà un rimborso pari al 100% del valore nominale (100 euro), il pagamento dell’ultimo premio trimestrale e degli eventuali bonus non pagati e conservati in memoria. Da quel momento nessun altro premio sarà più pagato.

È evidente che tanto prima dovesse scattare l’autocall, tanto più alto sarebbe il rendimento medio annuo del prodotto. Ad esempio, in caso di rimborso già a giugno 2026, chi compra oggi il certificate a 96 euro chiuderebbe l’investimento fra meno di nove mesi con 21,20 euro delle due maxicedole, 1 euro di premio trimestrale e 4 euro di capital gain. Il rendimento in poco più di otto mesi (8,13 mesi) sarebbe del 27,29%, pari a un ritorno annualizzato del 40,28% (27,29%/8,13mesi*12mesi).

Se, invece, il rimborso anticipato avvenisse il 12 giugno 2027 (dopo 20,20 mesi), il totale delle cedole incassate sarebbe di 26,20 euro (più 4 euro di capital gain) e il rendimento annuo scenderebbe al 18,69% (su un investimento di 96 euro).

Due possibili scenari alla scadenza finale

Qualora durante la vita del certificate non si verificasse il rimborso anticipato, alla scadenza naturale del 12 settembre 2030 gli investitori si troveranno di fronte a due scenari distinti, direttamente legati all’andamento dei sottostanti. La barriera di protezione del capitale è fissata al 60% del valore iniziale e viene osservata unicamente alla scadenza, offrendo protezione contro ribassi fino al 40% dei sottostanti dal livello iniziale.

Nel primo scenario, se alla data di valutazione finale (12 settembre 2030), il peggiore tra i sottostanti (Banca MPS, Banco BPM, Société Générale e Commerzbank) si manterrà al di sopra o uguale alla barriera, il certificate verrà rimborsato al valore nominale di 100 euro. A questo importo si sommeranno l’ultima cedola di 1 euro e gli eventuali premi non pagati e trattenuti nella memoria, per un totale di 39,20 euro. Considerato il prezzo di acquisto di 96 euro, il rendimento complessivo raggiungerebbe il 45% in un orizzonte temporale di 4,93 anni (9,13% annualizzato).

Nel secondo scenario, se anche solo uno dei sottostanti scendesse sotto la barriera alla scadenza, il rimborso del capitale sarebbe commisurato alla performance del titolo peggiore. Ad esempio, un ribasso del 50% del worst of comporterebbe un rimborso pari a 50 euro, a cui però si aggiungerebbero le eventuali cedole già incassate durante la vita del prodotto che andrebbero a mitigare la perdita sul capitale.

Attualmente, i sottostanti mostrano un margine di sicurezza rispetto alla barriera: Banco BPM è distante il 41%, Commerzbank il 38,1%, Société Générale il 36,3% e Banca MPS il 31,7%, rafforzando le probabilità di uno scenario favorevole a scadenza.

Il risiko bancario in Italia e in Europa

Il 2025 si conferma l’anno del risiko bancario in Europa, con colossi come Banca MPS, Banco BPM, Commerzbank e Société Générale pronti a giocare partite decisive che potrebbero ridisegnare gli equilibri del credito del Vecchio Continente.

Banca MPS

Il 24 gennaio, Banca MPS ha lanciato un’offerta pubblica di scambio (Ops) su Mediobanca, provocando un terremoto ai vertici della finanza italiana. Operazione gradita dal governo che ha già fatto sapere che non eserciterà il golden power. L'8 settembre è terminata l'Ops di MPS sulle azioni ordinarie Mediobanca, iniziata il 14 luglio (in origine Ops, si è trasformata in Opas a seguito della decisione della banca senese di aggiungere a quanto messo già sul piatto una componente cash, in contanti, di 0,90 per azione).

Il risultato ha stracciato le previsioni più ottimistiche, consentendo a Banca MPS di conquistare l’86,3% circa del capitale di Mediobanca e riducendo le quote dei maggiori azionisti di MPS. Delfin si ritrova con il 18%, Caltagirone con l'11%, il MEF con il 5% e Banco BPM con il 2%. Ma soprattutto la valanga di adesione all'offerta di acquisto e scambio rende più vicino il delisting di Mediobanca dalla Borsa e in parallelo la fusione fra le due banche. Probabile poi che le attività verranno riorganizzate secondo le specializzazioni di entrambi gli istituti di credito conservando entrambi i marchi.

Su chi guiderà la transizione la partita è aperta: la lista per il nuovo cda di Mediobanca è da presentare entro il 3 ottobre per l'assemblea del 28. Si riunirà poi a breve il board dell'istituto senese per fare il punto sul da farsi, anche alla luce dei sorprendenti risultati dell’Opas. Secondo Moody’s, manca “la chiarezza su costi di integrazione e potenziali sinergie di costi e ricavi future. Inoltre, non sono stati ancora comunicati dettagli sul piano di finanziamento del gruppo combinato e sui requisiti minimi di capacità di assorbimento delle perdite fissati dalle autorità”.

Occorre ricordare che, per opporsi alla scalata di MPS, Mediobanca aveva messo sul piatto una controffensiva con l’acquisizione di Banca Generali per 6,3 miliardi di euro, finanziata cedendo la propria quota in Generali. L’operazione, presentata come una spinta verso una “partnership industriale”, è stata però fermata dall’assemblea degli azionisti: solo il 35% dei votanti ha votato a favore, con 10% contrari e un’amazzonia di astensioni (32%), incluse quelle di Delfin e Caltagirone. Questo rifiuto ha compromesso la difesa strategica di Alberto Nagel, che aveva puntato su Banca Generali per rafforzare il gruppo e neutralizzare l’offensiva di MPS.

Banco BPM

Sembra non essersi fermato il risiko bancario italiano dopo l’acquisizione di Mediobanca da parte di Banca MPS e, questa volta, protagonista principale di nuove operazioni potrebbe essere Crédit Agricole con Banco PM nel mirino. I francesi hanno appena arruolato due nuovi advisor di grande notorietà nel mondo finanziario, ovvero il banchiere d'affari francese Matthieu Pigasse e l'italiano Claudio Costamagna, e avrebbe già avviato le trattative con il governo italiano.

Secondo l’agenzia Reuters, la riunione si sarebbe svolta nelle ultime settimane con all’ordine del giorno una possibile integrazione tra la filiale italiana della banca francese e l’istituto guidato da Giuseppe Castagna. L’incontro è stato organizzato dopo che Crédit Agricole aveva utilizzato contratti derivati per aumentare la propria partecipazione a poco più del 20% di Banco BPM, per poi chiedere alla Banca centrale europea l’autorizzazione per detenere fino al 29,9%. Fonti dell’agenzia rivelano che il governo ha comunicato ai francesi le proprie condizioni per l’operazione: l’esecutivo avrebbe richiesto garanzie sulla continuazione del credito alle piccole imprese, ovvero i principali clienti di Banco BPM. A questo si aggiungono garanzie su Anima Holding con il fine di proteggere il risparmio nazionale.

Crédit Agricole ha rassicurato il governo che sarebbe pronta a fornire le garanzie che Roma riterrà necessarie per consentire l'integrazione. La scorsa settimana il Ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti ha dichiarato di non avere "obiezioni politiche" all'accordo tra Banco BPM e Crédit Agricole, ma che il suo ministero avrebbe applicato la golden power, se l'accordo andasse in porto.

Da un report di Scope Ratings emerge che Banco BPM potrebbe assumere “un ruolo più attivo nell’ondata di consolidamento bancario in Italia, trainata da fattori finanziari, strategici e politici”. Secondo l'agenzia di rating europea, una fusione tra Piazza Meda e Crédit Agricole Italia darebbe vita a un gruppo forte con un modello di business ben diversificato, dimensioni significative (attivo totale superiore a 300 miliardi di euro e quota di mercato dei prestiti vicina a quella di UniCredit) e una presenza geografica concentrata nelle regioni più ricche d'Italia.

Molteplici i fattori a sostegno dell'operazione, a cominciare dal fatto che il portafoglio prestiti dell'istituto di Piazza Meda è orientato verso la clientela aziendale, mentre quello di Crédit Agricole Italia è più orientato verso la clientela retail. Infatti, a differenza dell'operazione Banca MPS-Mediobanca, entrambi i gruppi operano come banche universali, offrendo servizi completi e complementari nei settori bancario, della gestione patrimoniale e assicurativo. Le reti di filiali di Banco BPM e Crédit Agricole Italia si sovrappongono in Lombardia, Veneto, Toscana e Sicilia, offrendo un potenziale di riduzione dei costi, anche se entrambe le banche hanno già razionalizzato la loro presenza fisica: -38% per Banco BPM, -30% per Crédit Agricole tra il 2017 e il 2024.

L’agenzia evidenzia poi che le due realtà hanno una joint venture nel settore delle assicurazioni danni e del credito al consumo e Crédit Agricole detiene oltre il 60% in entrambi i casi. Infine, un altro punto di forza riguarda il fatto che l'accordo potrebbe essere strutturato come una fusione amichevole, il che ridurrebbe (ma non eliminerebbe) il rischio di esecuzione.

Commerzbank

La scalata silenziosa di UniCredit in Commerzbank è arrivata a un nuovo punto di svolta: il gruppo guidato da Andrea Orcel detiene oggi circa il 26% dei diritti di voto nella banca tedesca, dopo aver convertito una parte consistente delle posizioni derivate in azioni fisiche. L’obiettivo dichiarato è spingersi fino al 29% circa, restando sotto la soglia del 30% che obbligherebbe a un’offerta pubblica d’acquisto.

Sul fronte regolamentare, UniCredit ha ottenuto via libera dalla Bce e dalle autorità tedesche della concorrenza, ma lo scenario resta tutt’altro che lineare. Il governo di Berlino ha ribadito la sua opposizione, definendo “sconnesso e ostile” l’approccio del gruppo italiano e chiarendo che non intende cedere ulteriori quote della banca simbolo del credito tedesco. Il management della banca tedesca ha ribadito la difesa dell’indipendenza e anche i sindacati di Commerzbank hanno espresso forte preoccupazione a Bruxelles, paventando rischi occupazionali e dubbi sulla reale sostenibilità industriale di un’eventuale fusione.

Il Ceo di Unicredit non ha escluso la possibilità di un’offerta pubblica di acquisto ostile, qualora lo scenario lo imponesse. “Abbiamo speso miliardi per costruire la nostra quota e questo ci conferisce diritti. Se le cose non vanno bene, bisogna agire per cambiarle”, ha spiegato Orcel, lasciando aperta l’ipotesi di chiedere un seggio nel consiglio di sorveglianza.

Rispondendo alle critiche della Ceo di Commerzbank, Bettina Orlopp, Orcel ha chiarito che la presenza di un rappresentante UniCredit nel board non configurerebbe un conflitto di interessi, grazie alle regole di governance vigenti in Germania.

L’integrazione di Commerzbank con la controllata bavarese HypoVereinsbank, controllata di UniCredit, resta lo scenario preferito da Orcel, che insiste sui possibili benefici occupazionali: “Se Commerzbank resterà indipendente, nei prossimi cinque-sette anni dovrà probabilmente tagliare più posti di lavoro rispetto a un’eventuale acquisizione”.

Il Ceo ha ribadito che l’operazione mira a rafforzare i ricavi più che a ridurre i costi, con l’intenzione di preservare e potenziare la rete territoriale della banca tedesca. Per ora, Unicredit è “esattamente dove vuole essere” e procede con calma. “Nessuno sa davvero quale sia il piano, ma questo non significa che non ci sia. Perché noi abbiamo un piano”, ha detto Orcel.

Société Générale

Il piano di rilancio di Société Générale sta producendo risultati più rapidamente del previsto e il mercato ne ha finalmente preso atto. Il presidente Lorenzo Bini Smaghi ha affrontato i principali temi legati al sistema bancario europeo, ricordando come la Vigilanza Bce, a dieci anni dalla sua istituzione, meriterebbe un vero “check-up”, anche alla luce degli effetti macroeconomici di un settore che punta a distribuire agli azionisti il 100% degli utili comprimendo l’attivo di bilancio e riducendo il credito all’economia. Con l’amministratore delegato Slawomir Krupa, nominato due anni fa, la banca ha definito un piano mirato a rafforzare redditività e stabilità. Bini Smaghi, che lascerà la presidenza al termine del terzo mandato il prossimo anno, si dice soddisfatto della governance moderna costruita con un cda di alto livello (11 indipendenti su 15 membri, 7 nazionalità diverse e il 40% di donne) e annuncia la successione a Bill Connelly, attuale presidente del comitato rischi.

Sul fronte M&A, l’ex banchiere centrale sottolinea come le operazioni di aggregazione si concentrino ancora a livello nazionale, dove le sinergie di costi e ricavi sono più immediate, mentre le fusioni cross-border restano più complesse per la difficoltà di integrare sistemi e culture aziendali. In Francia, il settore è stabile ma destinato a cambiare sotto la spinta della digitalizzazione e dell’intelligenza artificiale: l’esempio è Boursobank, la banca interamente online di SocGen che serve circa 8 milioni di clienti con meno di mille dipendenti, offrendo servizi a costi molto ridotti e con una redditività sul capitale del 20%. In soli tre anni ha raddoppiato la clientela e continua a crescere al ritmo di un milione di nuovi clienti all’anno, segnale chiaro di un futuro sempre più orientato verso modelli digitali.

Il parere degli analisti sulle quattro banche

Il sentiment degli analisti sui quattro titoli sottostanti si conferma complessivamente positivo, rafforzando ulteriormente le prospettive favorevoli per il prodotto.

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Banco BPM è seguita da 18 analisti: di questi, 6 raccomandano l’acquisto (buy), 11 suggeriscono di mantenere la posizione (hold) e 1 ha un giudizio di vendita (sell). Il target price medio si attesta a 12,30 euro.

Su Commerzbank, il sentiment si presenta mediamente neutrale: su 21 analisti che monitorano il titolo, 6 consigliano buy, 9 suggeriscono hold e 6 dicono sell. Il prezzo obiettivo medio è di 32,69 euro, con un upside potenziale del 3% rispetto alle quotazioni correnti a Francoforte.

Il quadro più favorevole riguarda Société Générale, coperta da 24 analisti: 17 raccomandano buy, 7 indicano hold e nessuno consiglia sell. Il target price medio è pari a 62,99 euro, con un potenziale upside del 16% sui corsi attuali a Parigi.

Infine, su Banca MPS, tra gli 11 analisti che monitorano il titolo, 6 consigliano buy, 4 suggeriscono hold e 1 sell. Il prezzo obiettivo medio è di 9,04 euro, che implica potenziale di crescita del 21% rispetto alla quotazione attuale a Piazza Affari.

La combinazione tra distanza dalle barriere e prospettive positive degli analisti dovrebbe offrire una cornice di relativa tranquillità per gli investitori che valutano l'acquisto del certificate.

Attenzione: Il Certificate XS3111141589 è soggetto ad un livello di rischio pari a 5 su una scala da 1 a 7.

Ricordiamo che investire in certificati espone l’investitore al rischio fallimento dell’emittente e a quello di azzeramento di un sottostante, casi che possono comportare la perdita dell’intero investimento.
Barclays gode di un buon rating:

  • A1 da parte di Moody

  • A+ da parte di S&P

I potenziali rendimenti indicati sono sempre al lordo della tassazione.
Prima di ogni investimento leggere sempre tutti i documenti scaricabili dalla pagina del prodotto dell’emittente.

Questo articolo è stato scritto grazie alla sponsorizzazione di un emittente o di un intermediario. Le informazioni in esso contenute non devono essere considerate né interpretate come consulenza in materia di investimenti. Eventuali punti di vista e/o opinioni espressi non sono intesi e non devono essere interpretate come raccomandazioni o consigli di investimento, fiscali e/o legali. Orafinanza.it non si assume alcuna responsabilità per azioni, costi, spese, danni e perdite subiti a seguito di informazioni, punti di vista o opinioni presenti su questo sito. Prima di intraprendere decisioni di investimento, invitiamo gli utenti a leggere la documentazione regolamentare sempre disponibile per legge sul sito dell'emittente ed ottenere una consulenza professionale.

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