Conviene investire con l'economia che rallenta o si ferma del tutto? E dove?


Come si investe con un rallentamento economico in atto e forse una recessione alle porte?

A cura di Antonio Tognoli, Responsabile Macro Analisi e Comunicazione presso Corporate Family Office SIM


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Fiducia dei consumatori dell’Università del Michigan di luglio alle 14:30 (stima 64,8 punti contro 64,4 punti di giugno).

Ieri l’inflazione della Francia YoY di giugno, pari al 4,5%, è risultata in linea con le attese e in flessione rispetto al 5,1% fatto segnare a maggio. Segnale importante che quantomeno i prezzi non tendano nuovamente ad aumentare. La produzione industriale dell’Europa YoY di maggio è risultato più bassa delle aspettative (-2,2% contro -1,2% stimato) e in contrazione rispetto ad aprile (+0,2).

Le richieste settimanali dei sussidi alla disoccupazione sono risultate più basse delle attese (237k contro 250k stimate e 249 della scorsa settimana). I prezzi alla produzione YoY di giugno, cresciuti meno delle attese (0,1% contro 0,4% stimato e 0,9% di maggio), confermano il rallentamento della crescita dei prezzi in atto, segnalato dall’inflazione di giugno.

Nonostante il rallentamento, l’economia USA rimane piuttosto resiliente anche dopo la spinta di aumenti di tassi di 500 bp in 15 mesi. Rallentamento che crediamo si farà ancora più evidente nei prossimi mesi, visto che la politica monetaria restrittiva è attesa far sentire i propri effetti sull’economica reale in modo sempre più concreto. Quindi la domanda diventa: come investire in un’economia in rallentamento e magari in bilico sul margine di una recessione che non esitiamo a definire “progressiva”?

Gli investitori sono alla ricerca di una via da seguire. Mentre i titoli sul debito degli USA, l'impatto dell'intelligenza artificiale, le tensioni USA-Cina e la guerra in Ucraina dominano le notizie, crediamo che il panorama per gli investimenti abbia il potenziale per evolversi positivamente nel medio e lungo periodo. Al momento, infatti il sentiment degli investitori sembra piuttosto scarso come misurato dalla short equity interest ai massimi pluridecennali. Inoltre, la quantità in denaro in fondi e Buoni del Tesoro è ad un livello record.

Questi ed altri indicatori suggeriscono che gli investitori attendono un calo degli indici di mercato prima di spostare le attività in azioni. Se questo è vero, potrebbe verificarsi il mercato ribassista più atteso di sempre. C’è tuttavia un ma, connesso al timing. Se tutti stanno aspettando un ribasso, qualsiasi calo può essere breve.

Al di la di queste considerazioni che riguardano il timing per entrare sul mercato, crediamo (non è infatti facile prendere i minimi così come i massimi) che gli investimenti in equity debbano avere tre caratteristiche principali: produzione di cassa sostenibile, leadership di mercato, redditività mediamente più elevata rispetto a quella dei diretti competitors.

Chiarito questo, dove vediamo maggiore performance, ripetiamo nel medio e lungo periodo, è nelle PMI. I motivi sono principalmente due. Il primo riguarda la recente e sostenuta crescita delle large caps, soprattutto tecnologiche, che ha creato un gap valutativo importante: lo sconto attuale delle PMI su queste large caps è pari mediamente al 30% circa. Inoltre, l’utile medio delle società tecnologiche è atteso ridursi del 2,5% nel 2023. Con questo non stiamo dicendo che le azioni che hanno trainato il rialzo da ottobre 2022 debbano scendere, ma che in termini relativi potrebbero sottoperformare le azioni di società a capitalizzazione più contenuta.

Il secondo riguarda la politica monetaria. Storicamente una riduzione dei tassi di interesse ha sempre beneficiato le PMI. Se la dinamica dell’inflazione continua con il vigore dimostrato fino ad ora non vediamo motivi per i quali, a partire dal secondo semestre 2024, la FED non possa cominciare a ridurre i tassi (per questo parlavamo di medio e lungo periodo). Resta da capire quanto gli investitori si sentiranno confidenti nell’anticipare la FED. Perché comunque la curva dei rendimenti continua ad essere invertita e segnala, come noto, come probabile una recessione nei prossimi 12 mesi. Recessione che non sappiamo come potrebbe essere.

Non dimentichiamo inoltre che il tesoro USA ha toccato il tetto massimo di debito all’inizio del 2023 e ha adottato misure urgenti per limitarne l’emissione. Riteniamo tuttavia che occorrano non meno di 1,3 trilioni di nuovi prestiti, probabilmente già entro la fine del 3Q23. E questo accade nel momento in cui la FED pare non abbia la minima intenzione di ridurre i tassi (almeno così ha detto il suo presidente).

Va da se che quanto i cash balance del T-bill sono elevati, è allettante non fare nulla. A breve termine può sembrare sicuro.

Ma allunghiamo l’orizzonte temporale da un anno a dieci anni (appunto medio e lungo periodo), dopo pandemia e guerra, dove il market timing tende a perdere significato. Da questo punto di vista quello su cui gli investitori dovrebbero concentrarsi è quindi l’asset allocation attiva, in modo da catturare il total return.

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