Juventus, la bufera sulle plusvalenze affonda il titolo
Il titolo bianconero ha reagito negativamente alla notizia delle indagini della procura circa plusvalenze pari a 280 milioni, mettendo sotto accusa importanti dirigenti della società come il presidente Andrea Agnelli.
Il crollo in borsa
La notizia dell’avvio delle indagini nei confronti della Juventus sta attirando forti vendite sul titolo bianconero, già proveniente da un periodo negativo.
Le indagini erano scattate venerdì sera, giorno scelto proprio per non condizionare l’andamento del titolo in borsa, oggi puntualmente in netto calo a Piazza Affari (-4%), dopo essere stato ammesso in ritardo per eccesso di ribasso (-7% teorico).
Calo che arriva nel giorno dell’aumento di capitale approvato lo scorso 23 novembre e che aveva fatto crollare il titolo nella stessa seduta, chiudendo con un -7,27%.
Alla luce del calo di oggi, dunque, le azioni bianconere cedono oltre il 30% in solo una settimana, scendendo così a 0,44 euro, ai minimi di tre anni.
Le accuse alla Juventus
La Procura di Torino sta indagando sui dirigenti della Juventus mettendo sotto accusa la pratica delle plusvalenze ‘gonfiate’, da tempo oggetto di sospetti.
Nel mirino degli inquirenti sono finiti 280 milioni di euro di ricavi provenienti da operazioni giudicate “sospette” di acquisto e vendita di calciatori e tra le ipotesi di reato ci sono le false comunicazioni sociali e l’emissione di fatture rilasciate per operazioni inesistenti.
Nell’operazione denominata ‘Prisma’ sono sotto inchiesta il presidente bianconero, Andrea Agnelli, il vicepresidente Pavel Nedved, l’ex direttore generale Fabio Partici, a cui si aggiungono gli incaricati dei conti bianconeri Stefano Cerrato e Stefano Bertola, e l’ex dirigente finanziario Marco Re, oltre alla stessa Juventus in veste di persona giuridica.
Gli indagati sono accusati di “conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto nei bilanci” juventini, relativi agli esercizi degli ultimi tre anni, con operazioni sospette rispettivamente per 131 milioni (2019), 119 milioni (2020) e 30 milioni di euro (2021).
In particolare, gli inquirenti stanno indagando su operazioni sospette quali lo scambio di uno o più calciatori “a somma zero, con conseguente assenza di movimento finanziario e presenza di un duplice effetto positivo” e l’ipervalutazione di giovani calciatori.
Procuratori nel mirino
Oltre alla “gestione malsana delle plusvalenze, le indagini si stanno rivolgendo anche verso le operazioni definite dagli inquirenti “opache”, relative ai rinnovi dei contratti dei calciatori.
Nel dettaglio, si sospetta che nell’ambito delle trattative per l’acquisto o la cessione dei calciatori e ai rinnovi contrattuali, venisse riservato un trattamento economico speciale ai procuratori, fornendo un compenso non corrispondente alle prestazioni effettivamente rese.
La Federcalcio italiana calcolava che nel 2019 la Juventus aveva speso 44,3 milioni di euro relativi alla voce “parcelle” dei procuratori, spesa poi ridotta a 20,8 milioni nel 2020, restando sempre la quantità maggiore tra le squadre italiane.
Se pesava particolarmente la commissione per l’acquisto di Cristiano Ronaldo, altre quote pagate ai procuratori apparivano sospette, come quella destinata all’agente di Emre Can, non certo un elemento di prim’ordine, pari a 15,8 milioni di euro (2019).
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