L’acqua gassata del Texas e il prezzo del greggio

Le major scendono in campo con investimenti massicci nello shale gas. Obiettivo aumentare la produzione di 1,2 milioni di barili al giorno, quanto estratto dal Venezuela o pari ai tagli Opec+ appena annunciati.
Intanto gli Usa registrano un nuovo record di produzione: sfondati i 12 milioni di barili a settimana.
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Gli USA estraggono 12 milioni di barili a settimana

Non era mai successo: gli Stati Uniti sono arrivati a estrarre 12 milioni di barili di petrolio o prodotti equivalenti a settimana scalzando Arabia e Russia nella classifica di maggiori produttori mondiali.
E ora, quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. Sono le major, Exxon Mobil e Chevorn a scendere in “campo” e lo fanno con investimenti da capogiro conquistando uno dei “campi di shale oil” più vasto in e con costi di estrazioni tra i più bassi: il bacino di Permian ( parte occidentale del Texas e in Nuovo Messico).
La promessa è quella di triplicare in 5 anni le estrazioni del campo. Tradotto sul mercato si riverseranno almeno 1,2 milioni di barili al giorno in più: volumi paragonabili all’attuale produzione del Venezuela ed equivalenti ai tagli produttivi appena effettuati dall’Opec insieme alla Russia. Una quantità, sulla carta, in grado di rigettare le quotazioni del greggio ai livelli di fine dicembre annullando quel +26% del Brent da inizio anno, sostenuto dai tagli di produzione dell’Opec+.
I mercati concentrati su altro
Certo, ora i mercati sono concentrati su altro: il Pmi cinese, l’indice che misura l’andamento del settore manifatturiero del Paese della Grande Muraglia, tra i maggiori consumatori di greggio al mondo.
Il pmi è salito appena sopra i 50 punti, la soglia che indica espansione per l’economia. Questo ha convinto i mercati che il rally del greggio è solido perchè sostenuto da una domanda in crescita. (In realtà il dato non è poi così eccezionale per un Paese che cresceva a tassi superiori al 7% l’anno, ma questa è un’altra storia).
Le due major promettono di ribaltare la situazione annunciando un boom della produzione.
Chevron ha alzato del 40% il target di estrazione a Permian, facendo sapere che raggiungerà 900mila barili al giorno entro il 2023, dai 377mila barili/giorno di fine 2018.
Exxon nella stessa area punta a 1 milione di barili al giorno dal 2024 in aumento di quasi l’80% rispetto ai livelli attuali (in precedenza la compagnia prevedeva di arrivare nello stesso tempo a 600mila barili al giorno).
Non tutto fila liscio come l’olio...
Da un lato gli analisti più esperti ricordano come la stessa Eia, l’agenzia dell’energia Usa, ha sbagliato e non di poco, le previsioni di produzione di shale oil, che ha raggiunto in un anno i livelli stimati nei prossimi 5 . Dall’altro i conti non tornano come vorrebbero gli investitori. Alcuni campi hanno reso meno delle attese, perchè i costi di pareggio sono saliti e l’alta volatilità del greggio ha messo fuori gioco la pianificazione degli investimenti. Risultato? Alcune società hanno gonfiato le aspettative e la delusione ha dimezzato i titoli in Borsa del settore allontanando molti investitori.
A questo si aggiunge, il tema ambientale che inizia a far discutere molti geologi come il rischio di danni ai giacimenti legato allo sfruttamento troppo intenso e con pozzi troppo ravvicinati.
In alcune zone Usa, lo sfruttamento di shale oil ha inquinato le falde acquifere. Sono zone poco abitate e i danni sono limitati. Ma è successo che, in alcune zone, aprendo il rubinetto dell’acqua di case private, prima è uscito lo shale gas (per via della maggiore pressione) e poi l’acqua. Da allora circola una battuta amara: l’acqua gassata del Texas ma che fa molto riflettere sulla sostenibilità di un business che in Europa, con densità di popolazione maggiore, ha portato al divieto di sfruttamento dei campi di shale oil in Francia, Italia e Polonia.
Azzardiamo una previsione
Previsione sul greggio: per rispondere a un nostro lettore, non crediamo che il prezzo del greggio abbia chance di ulteriore crescita da qui al medio termine.
Rallentamento economico mondiale (che non significa recessione ma semplicemente tassi di crescita inferiori al passato) unito a forti potenziali di crescita della produzione per noi significano un greggio che rimane sui 69 dollari ancora per un po’, con maggiori chance di storno e non di rialzo nei prossimi tre mesi.
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